Se in Italia abbiamo Roberto Burioni che sfila sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia come un attore navigato dicendo: «Sono qui per spiegare l’importanza dei vaccini», Matteo Bassetti che confessa di essere attratto dai riflettori e Antonella Viola star incontrastata persino al Festival di Comunicazione di Camogli, negli Usa hanno Anthony Fauci.
La popolarità dell’immunologo direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive è innegabile e ha trasformato l’80enne in un’icona pop. Tanto che la rivista People lo ha incoronato “Uomo più sexy di sempre” e Brad Pitt ne ha fatto un’imitazione sagace e puntuale nel corso del Saturday Night Live (mentre i virologi nostrani devono accontentarsi di Maurizio Crozza e di Paolo Kessisoglu).Ora un documentario proposto da National Geographic ne ripercorre la carriera mettendo a confronto il Fauci di oggi e il Fauci di 40 anni fa. In mezzo, sette presidenti americani e due pandemie: HIV/Aids e Covid.
Negli States Fauci rappresenta il faro in mezzo al brusio di fondo alimentato da negazionisti e complottosti. Se da un lato riceve minacce ed è stato costretto a girare con la scorta, dall’altro non è raro vedere in giro t-shirt con la scritta “In Fausti we trust” o “Fauci is my heroe”. Non solo: in vendita si trovano tazze, cupcake, giocattoli e spille col volto del medico che, austero ed elegante come sempre, non sembra scomporsi davanti a tanta celebrità.
La difficile convivenza con Trump
Il percorso di Fauci non è stato esattamente lineare. Nel pieno della prima ondata, ebbe infatti a che fare con il negazionismo iniziale di Donald Trump. Celebri le espressioni costernate del professore di fronte alle affermazioni “opinabili” dell’allora Presidente e noto il suo dissenso per la sottovalutazione del virus. Trump, del resto, aveva definito il Covid «un’influenza che passerà per miracolo». Come però hanno fatto notare Oltreoceano però, Trump non è più nello Studio ovale mentre Fauci resta stabile sulla sua poltrona. Del resto l’immunologo ha dimostrato di essere in grado di utilizzare i media mainstream per diffondere messaggi chiari ai connazionali. L’anno scorso, ad esempio, in pieno lockdown, aveva fatto una videochiamata privata con più di 30 star. Tra loro c’erano Orlando Bloom, Kim Kardashian West, Mila Kunis, Ashton Kutcher, Gwyneth Paltrow, Katy Perry e 2 Chainz. A chi gli aveva chiesto il perché Fauci ha risposto che questi personaggi pubblici erano un potenziale megafono da utilizzare per far conoscere la verità su vaccini, diffusione del virus, pericoli e precauzioni.
Fauci e la battaglia all’Aids
Ma chi è Anthony Fauci? Cominciò a lavorare nella farmacia dei suoi genitori a Brooklyn. Poi, dopo la laurea in Medicina, l’approdo nel 1968 come borsista al National Institute of Health (NIH) a Bethesda, nel Maryland. Nel 1981 indirizzò le sue ricerche verso una misteriosa malattia che pareva colpire gay, tossicodipendenti ed emofiliaci. Sarebbe diventata nota come Aids. Quattro anni dopo divenne direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive, posizione che ricopre tuttora. Lavorando 12 ore al giorno e sei giorni la settimana, restava poco tempo per il romanticismo. Eppure in corsia conobbe un’infermiera, Christine Grady, che sposò nel 1985 e dalla quale ha avito tre figlie. Nonostante gli impegni e il lavoro, Fauci ha sempre rispettato una semplice regola: cenare sempre tutti insieme, a qualsiasi orario. Nonostante fosse stato tra i primi a occuparsi di Aids e Hiv, a cavallo tra gli Anni 80 e 90 Fauci venne additato dagli attivisti come assassino per essersi mosso troppo lentamente, a loro avviso, a trovare cure efficaci. Alcuni arrivarono a bruciare le sue immagini fuori del NIH. Eppure Fauci nel 1989 affrontò direttamente uno dei gruppi più numerosi, l’Act Up, ascoltando le preoccupazioni. Da allora le cose cambiarono. E lui divenne la loro guida.
Il Covid è la «ripetizione diabolica» dell’Aids
Il Covid si è rivelato, nelle parole di Fauci, una «ripetizione diabolica» della crisi dell’Aids. Questa volta, però, aveva a che fare con Trump. Un presidente che si divertiva a non indossare la mascherina, promuoveva cure non scientifiche e minimizzava il pericolo dell’infezione. Così Fauci, nell’America polarizzata, si univa a Barack Obama e Hillary Clinton nella crociata contro l’anti-scienza. «Questo lo ha reso un nemico e una rockstar allo stesso tempo», ha commentato Bill Gates. Ancora oggi la missione di Fauci è ardua: negli States 80 milioni di persone e la variante delta uccide quasi un migliaio di persone al giorno.
L’email-gate
Come ogni eroe, Fauci è stato costretto a difendersi da complottisti di ogni sorta. A inizio giugno il sito Buzzfeed News e il Washington Post avevano pubblicato – in base al Freedom of Information Act – un corposo scambio di email scritte e ricevute dal direttore dell’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive degli Stati Uniti. Alcune di esse, sebbene non contenessero nulla di compromettente, parlavano dell’origine del nuovo coronavirus. Apriti cielo. Finirono nel mirino i rapporti tra Fauci e Peter Daszak, presidente di EcoHealth Alliance, un’organizzazione senza scopo di lucro statunitense che in passato aveva finanziato ricerche dell’Istituto di virologia di Wuhan. Daszak in una mail lo ringraziava per aver sostenuto pubblicamente che non ci fossero prove scientifiche per dimostrare che il coronavirus fosse uscito da un laboratorio. Secondo alcuni sarebbe stata la prova che Fauci aveva un legame con il laboratorio di Wuhan tale da condizionare il suo giudizio.