«Il fatto che il 5 marzo 2020 la bozza della zona rossa fosse già sottoscritta dal Ministro Speranza mi è stato riferito successivamente, credo dai miei collaboratori. Il documento firmato non è mai stato nelle mie mani». È quanto dichiarò il 12 giugno 2020 ai pm di Bergamo l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sentito come persona informata sui fatti nell’indagine sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana. E oggi tra gli indagati.

Il verbale allegato agli atti di chiusura dell’inchiesta per epidemia colposa
Nel verbale, allegato agli atti di chiusura dell’inchiesta in cui Conte risulta indagato per epidemia colposa, si cerca di ricostruire i passaggi e i dati che hanno portato a una scelta che potrebbe aver fatto impennare il numero dei morti in provincia di Bergamo. «Con la Regione Lombardia non ho avuto interlocuzioni dirette in materia di zona rossa per Nembro e Alzano», dichiarò Conte. «Le mie interlocuzioni sono state solo con il Presidente Fontana ed escludo che mi sia stata chiesta l’istituzione di una zona rossa». L’allora presidente del Consiglio dei ministri parlò anche della email che il governatore della Lombardia gli aveva inviato il 28 febbraio 2020, chiedendo il «mantenimento delle misure già adottate». Di fronte agli approfondimenti del Cts «e alla luce degli ultimi dati, emerse l’orientamento degli esperti di una soluzione ancora più rigorosa e complessiva, non limitata ai solo due comuni della Val Seriana», ma a tutta Italia. Lo spiegò il 12 giugno 2020 l’ex premier. Il 6 marzo si recò negli uffici della Protezione Civile dove si svolse «una ampio confronto» sui dati epidemiologici «della Val Seriana e degli altri territori lombardi e non solo».

Conte e Speranza figurano tra gli indagati dalla Procura di Bergamo
Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza figurano tra gli indagati dalla Procura di Bergamo nell’inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid. Insieme a loro anche il presidente rieletto della Lombardia Attilio Fontana, Angelo Borrelli, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, Silvio Brusaferro, direttore dell’Istituto Superiore della Sanità, Luigi Cajazzo, all’epoca dei fatti direttore generale della Sanità della regione Lombardia, Giulio Gallera, ex assessore regionale al Welfare. E poi componenti del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli, Agostino Miozzo, Giuseppe Ippolito, Mauro Dionisio, Francesco Maraglino, Giuseppe Ruocco e Andrea Urbani.