Roberto Burioni torna a parlare delle terapie domiciliari contro il Covid e attacca chi prescrive il cortisone. Per il docente di Virologia e Microbiologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, la somministrazione può aumentare «di 5 volte a possibilità di lasciarci la pelle». Per dimostrare la propria tesi, ha postato sui social la conclusione dello studio portato avanti all’ospedale Carlos Seguin Escobedo di Arequipa, in Perù. Lì, durante l’ondata tra il luglio e il settembre del 2021, hanno studiato gli effetti sui pazienti ricoverati per Covid. La ricerca è stata ora pubblicata su Travel Medicine and Infectious Disease.

Burioni: «Cortisone aumenta rischio di morte»
Il virologo spiega: «Siccome ancora qualche medico lo prescrive, sappiate che la somministrazione di cortisone nella terapia domiciliare di Covid-19 non solo non fa bene, ma aumenta di 5 volte a possibilità di lasciarci la pelle». Parole testimoniate dalla ricerca in cui l’obiettivo era quello di correlare l’assunzione preospedaliera di farmaci e lo sviluppo di una maggiore letalità da Covid. In Perù sono stati valutati 192 ricoverati. Tra loro, il 64,6 per cento aveva usato farmaci antinfiammatori non steroidei, il 35,4 per cento corticosteroidi, il 28,1 per cento antibiotici, il 24,5 per cento ivermectina e il 21,9 warfarina. Secondo gli autori dello studio «l’uso preospedaliero di corticosteroidi è stato associato a un rischio 5 volte maggiore di sviluppare esito fatale».
Siccome ancora qualche medico lo prescrive, sappiate che la somministrazione di cortisone nella terapia domiciliare di COVID-19 non solo non fa bene, ma aumenta di 5 volte a possibilità di lasciarci la pellehttps://t.co/eiNFl0Fa8A pic.twitter.com/ciDG07wBjZ
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) January 26, 2023
L’Oms conferma: «Variante Kraken non è più grave»
Intanto l’Organizzazione mondiale della sanità conferma che l’ultima variante proveniente dagli Usa, la Kraken, «non è più grave». Gli espeti dell’Oms spiegano che «esistono prove di un aumento del rischio di trasmissione e di fuga immunitaria. Queste evidenze sono di forza moderata». Inoltre «è probabile che contribuisca all’aumento dell’incidenza di casi», ma «non è stato osservato alcun segnale precoce di un aumento della gravità». L’unico dubbio riguarda il basso numero di casi, quindi l’Oms spiega che soltanto con l’aumentare della diffusione, eventualmente, si potrà essere certi della letalità.
