Nella centrale nucleare di Taishan, nella Cina meridionale, c’è stato un aumento della radioattività: ad ammetterlo lo stesso ministero dell’Ambiente e dell’Amministrazione per la sicurezza nucleare di Pechino. Ma si tratterebbe, secondo le autorità, di un aumento «nell’intervallo consentito», che non dovrebbe creare problemi di «dispersione nell’ambiente». A causare il problema, il danneggiamento di 5 barre di combustibile, un «fenomeno conosciuto» e non particolarmente preoccupante.
«Al momento», si legge in una nota, «i risultati del monitoraggio delle radiazioni mostrano che non vi sono anomalie», il che significa che «non si sono verificate perdite». Eppure, la notizia data in esclusiva dalla Cnn parlava di altro: secondo la testata americana, infatti, gli Usa avevano iniziato un’indagine partendo da alcuni avvertimenti di Framatome (l’azienda francese che detiene quote di minoranza nella centrale), secondo cui le autorità cinesi avevano alzato i limiti di tollerabilità alle radiazioni, per evitare, avendoli superati, di dover chiudere l’impianto di Taishan.
Dalle notizie fatte filtrare da Framatome, si sarebbe verificato un accumulo di cripto e xeno, due gas inerti che avrebbero interessato l’Unità 1 della centrale. L’azienda francese aveva addirittura parlato di «minaccia radiologica imminente». I rischi, però, sarebbero minimi: sempre secondo la Cnn, che ha ascoltato i pareri di esperti nucleari, pericoli per il pubblico al momento non ce ne sarebbero.
Come mai sono coinvolti gli Stati Uniti?
L’indagine ha coinvolto le autorità americane perché Cgn, la compagnia cinese dell’energia nucleare, è nella «lista nera» per aver – presumibilmente – cercato di acquisire tecnologia e materiali avanzati statunitensi, cercando di riutilizzarli per scopi militari.
Per questo Framatome, che ha affari anche negli Usa, ha bisogno di un permesso da parte di Washington per poter aiutare Cgn nel risolvere eventuali problemi tecnologici (come quello della centrale di Taishan). Per il ministero degli Esteri cinese, quella «lista nera» (in cui Cgn è stata inserita nel 2019, con l’amministrazione Trump) rappresenta un utilizzo improprio delle misure di controllo dell’export.
La centrale è sicura?
I piccoli problemi di sicurezza non sono una novità nella centrale di Taishan. A marzo, degli ispettori incaricati del controllo di un voltometro difettoso – sempre nell’Unità 1 – hanno accidentalmente causato un problema elettrico, mandando l’intera centrale in blackout.
Un mese dopo, l’allarme è scattato per l’ingresso di un gas radioattivo in un tubo del sistema di trattamento dei gas di scarico, proprio mentre si era al lavoro per sigillarlo.
E ora?
Le indagini di Edf (Electricite de France, che controlla Framatome) continueranno, ma la società non ha ancora fatto sapere per quanto tempo. È difficile pensare che i problemi di Taishan possano fermare le ambizioni nucleari cinesi, ma questo intoppo potrebbe mettere in difficoltà gli operatori stranieri che intendono operare in Cina.
I due reattori della centrale di Taishan, infatti, sono stati costruiti proprio dai francesi di Edf, che vi hanno lavorato dal 2009 al 2019 per un giro di affari da 2,4 miliardi. La centrale è poi posseduta al 70% da Cgn e dal 30% da Framatome. Gli impianti in questione sono i cosiddetti Epr («Reattore pressurizzato europeo»), una tecnologia nucleare di terza generazione che ha caratteristiche di sicurezza avanzate e una maggiore capacità di generazione. L’Epr è stato progettato proprio da Framatome, insieme alla tedesca Siemens.
Gli Epr non sono però le uniche tecnologie di terza generazione presenti sul mercato, per la concorrenza di AP1000 di Westighouse-Toshiba (Usa-Giappone), dei VVER-1200 russi e del cinese Hualong One.
Questo problema all’Epr di Taishan potrebbe quindi creare dei grattacapi ai colossi non cinesi interessati a investire nel nucleare nella Repubblica popolare. Perché è vero che la Cina procede spedita con la costruzione di nuovi impianti (quelli attualmente attivi sono 49, necessari a rendere Pechino la terza potenza nucleare al mondo dopo Washington e Parigi), ma è altrettanto vero che punta sempre più forte su Hualong One, il “suo” prodotto.
Gli incidenti nucleari nel mondo
Quello di Taishan, quindi, dovrebbe essere archiviato come un piccolo problema. In passato, però, non è andata sempre così: sono 17 gli incidenti successi in tutto il mondo e riportati dalla scala Ines, un modello internazionale che serve a classificare gli «eventi nucleari» in ambiti civili.
Se un problema a una centrale nucleare rientra nei valori da 0 a 3 della scala Ines viene classificato come «guasto». Da 4 a 7 si parla invece di «incidente», e i due casi più gravi, gli unici a toccare il grado più alto della scala, sono capitati in due centrali e sono anche piuttosto recenti: il primo è quello di Chernobyl (Ucraina) del 1986, il secondo quello di Fukushima (Giappone) del 2011.
Un altro grave incidente nucleare è capitato a Goiania, in Brasile, nel 1987: qui non ci fu una centrale coinvolta, ma l’evento fu causato da un apparecchio di radioterapia, abbandonato in un ospedale e recuperato per rivenderne il metallo. Il cesio-137 prodotto dall’apparecchio fu disperso nell’ambiente e attirò l’attenzione di numerosi curiosi, attratti dalla luce blu che sprigionava. Nel giro di 75 giorni, a causa delle radiazioni, morirono 4 persone, 249 furono contaminate e 21 finirono in terapia intensiva. Ben 3500 metri cubi di scorie radioattive furono rimosse per decontaminare il sito in cui fu disperso il materiale. Questo rimane l’incidente più grave mai successo dopo Chernobyl e Fukushima.
Il primo in assoluto si verificò invece a Los Alamos, nel Nuovo Messico, il 21 agosto del 1945. Per sbaglio, l’operaio Harry Daghilan lasciò cadere uno dei blocchetti di Carburo di tungsteno che stava impilando vicino a una sfera di plutonio, creando involontariamente una massa critica. I due materiali furono separati immediatamente, ma Daghilan fu esposto a una quantità talmente alta di radiazioni da morire una ventina di giorni più tardi, il 15 settembre. Quell’incidente rientra nel livello 4 della scala Ines.