Il 2 maggio è ormai alle porte e le celebrità che parteciperanno al Met Gala hanno già iniziato a tirare fuori dagli archivi degli stilisti di haute couture eleganti bustier e ampie crinoline. Due degli elementi necessari per costruire un outfit adatto al tema della kermesse più patinata dell’anno: Gilded Glamour. Attraverso i loro look, attori, attrici, top model, popstar ed eminenze della moda faranno rivivere lo splendore della cosiddetta Gilded Age, un’epoca che, tra benessere economico e sviluppo industriale, ha portato l’America sulla cresta dell’onda. E, in quanto a stile, ha sdoganato un’estetica costellata di abiti pomposi, pizzi, merletti e dettagli stravaganti. Un repertorio che, a detta della storica Kate Strasdin, consentirà agli invitati di dare libero sfogo al loro estro: «Al contrario degli anni precedenti, questo tema è molto più abbellito e strutturato», ha spiegato in un’intervista alla BBC, «sarà un colpo d’occhio interessante perché i pezzi che sfoggeranno i vip saranno assolutamente agli antipodi rispetto agli indumenti che usiamo oggi».
Che cos’è la Gilded Age
Durata per oltre un trentennio, la Gilded Age è considerata l’equivalente americano della Belle Époque europea. Costellata da industriali e imprenditori immobiliari che hanno avuto modo di rimpolpare le loro casse grazie a proficui investimenti e alla rapida espansione di treni, industrie e centri urbani, è ricordata anche per la vivacità dei palazzi dell’alta società americana, teatro di feste esclusive e popolati da famiglie del calibro dei Rockfeller e socialite come Caroline Schermerhorn e Alva Vanderbilt, vere e proprie istituzioni degli ambienti più cool della città. Un’élite che, in fatto di stile, non si è mai risparmiata.

Per i designer di allora, infatti, il diktat less is more non aveva alcuna ragione di esistere e le loro creazioni diventavano una tela bianca da impreziosire con delicati inserti di seta, cristalli preziosi e piume a profusione. Modelli che trovavano acquirenti generose nelle donne dell’alta società, strette nei loro corsetti ammazza fiato e in raffinate mise che ne esaltavano la figura attraverso stratagemmi nascosti, e nei gentlemen, responsabili del felice exploit dello smoking, convertito in un vero e proprio must.

I vestiti come carte d’identità
«Più che in qualsiasi altra annata, nel corso della Gilded Age, l’abito faceva il monaco», ha sottolineato Strasdin. Qualsiasi cosa entrasse nel guardaroba, diventava in sostanza uno status symbol. Ecco perché le ragazze, più che a sarti e stilisti americani (che ebbero la loro meritata consacrazione soltanto con lo scoppio della prima guerra mondiale e lo stop alle importazioni europee), preferivano rivolgersi a noti couturier stranieri: da Charles Worth a Jacques Doucet, passando per Madame Jeanne Paquin.

«Il fatto che dovessero recarsi fino in Europa per misurare i modelli era segno di estrema ricchezza, qualcosa da vantare», ha aggiunto, «erano un po’ l’archetipo delle influencer che, in occasione di sfilate o red carpet, si rivolgono alle maison per outfit di un certo livello». Non ci si vestiva o si acconciava per necessità o dovere ma solo e soltanto per mostrare agli altri la propria ricchezza, l’unico parametro che sembrava definire il ruolo di una persona nella società.
La responsabilità delle serie tivù
A fare da traino al rinnovato interesse per la storia e il gusto di quegli anni, tuttavia, non è stato il Met Gala. Da qualche anno, infatti, il mondo delle serie tivù ha offerto, con period drama che hanno macinato visualizzazioni da record, spaccati interessanti di un tempo lontano dalle consuetudini del nostro. Due titoli su tutti: Bridgerton, uno dei fiori all’occhiello di Netflix, e The Gilded Age, che ha debuttato lo scorso gennaio su HBO. In entrambi gli sceneggiati, gli spettatori si sono innamorati delle atmosfere in cui sono state inserite le trame e, in particolare, del lavoro certosino degli stylist, che hanno ricostruito con cura impeccabili outfit sartoriali in linea con il background sociale e le aspirazioni dei singoli personaggi.

Pezzi che hanno conquistato l’attenzione delle giovani generazioni su TikTok (dove il trend del regencycore ha letteralmente spopolato) e dei fashion victim più appassionati che, sui siti di e-commerce, hanno fatto incetta di bustini. «Il risultato che abbiamo ottenuto è merito, sopratutto, dell’eclettismo dell’epoca», ha ribadito la costumista Kasia Walicka-Maimone, «ci ha permesso di sperimentare senza troppi limiti e senza paura di osare».
Cosa vedremo al Met Gala
Cosa aspettarsi, dunque, dal parterre del Met Gala? Per i trend forecaster, gli stilisti che firmeranno più look saranno Jeremy Scott per Moschino, brand da sempre incline a reinterpretare reference storiche riconoscibili, Christian Siriano e Pyer Moss per le creazioni più strutturate ed esagerate e, per quanto riguarda i capi vintage, senza dubbio, Alexander McQueen, il re delle crinoline a gabbia.
Alexander McQueen crinoline-inspired gowns emphasizing the hoopskirt💫 #ha344 pic.twitter.com/pCS1ZGeXXP
— gina💫 (@ginadeluca14) December 3, 2018
Non mancheranno, ovviamente, i corsetti, che si sono già ritagliati uno spazio considerevole sulla scena contemporanea grazie a Olivia Rodrigo e Dua Lipa, che ne hanno scelto due versioni moderne per la cerimonia dei Grammy. «Non credo che i personaggi famosi arrivino a replicare esattamente gli abbinamenti di un secolo e mezzo fa», ha concluso Strasdin, «penso, però, che sapranno trovare il modo per declinare il motivo al meglio, esplorandone anche i risvolti meno noti. Vedremo lo sfarzo, l’esuberanza del colore e delle forme. E, perché no, magari qualche strano cappello di cui finiranno per parlare tutti».