In Corea del Sud cresce il problema godoksa. Traducibile in italiano come “morte solitaria”, indica la scomparsa di una persona per colpa della solitudine. Si tratta di coloro, per ragioni di povertà o isolamento sociale, si allontanano da parenti e amici, restando completamente lontani dal mondo che li circonda. Gran parte ha un’età compresa fra 50 e 60 anni, ma alcuni hanno anche meno di 30 anni. Il numero è in preoccupante aumento, tanto che il governo ha deciso di monitorare costantemente la situazione per agire nel minor tempo possibile. Intanto il Paese, come Cina e Giappone, si trova a far fronte a calo di natalità e crisi economica costanti: nel 2016 il 43 per cento degli over 65 era al di sotto della soglia di povertà.

Cos’è il godoska e quali potrebbero essere le cause
La morte solitaria, che gli abitanti della Corea del Sud chiamano godoksa, non rappresenta una novità. Negli ultimi anni però i numeri sono cresciuti talmente tanto da attivare un allarme. Nel 2021 il Paese ha registrato 3378 decessi, quasi il 30 per cento in più rispetto ai 2400 del 2017. Il rapporto, riportato anche dalla Cnn, afferma come il fenomeno colpisca maggiormente soggetti di sesso maschile e di mezz’età. Il numero dei decessi fra gli uomini è stato infatti ben cinque volte superiore a quello fra le donne. Il 60 per cento aveva fra 50 e 60 anni, il 6-8 era under 30.

Quali sarebbero le ragioni alla base del fenomeno in Corea del Sud? Come sottolinea la Cnn, il rapporto non si è soffermato sulla cause, ma non è difficile immaginare le più influenti. «Le difficoltà espresse dai soggetti vittime di morte solitaria sono problemi di salute, guai economici e isolamento sociale», ha dichiarato Song In-joo, ricercatore al Seul Welfare Center. Le crisi lavorative e matrimoniali nel Paese spingono sempre più persone a distaccarsi dalla realtà che li circonda, spesso privandosi persino di contatti telefonici. Finiscono così per abitare spazi angusti e miseri come jjokbang (strutture comuni) e banjiha (seminterrati), le opzioni più convenienti in un mercato immobiliare notoriamente costoso. Un 64enne è morto per l’abuso di alcool dopo aver perso il lavoro. Una donna di 88 anni per la crisi finanziaria dopo che il centro di assistenza per anziani che le forniva aiuto ha chiuso per il Covid.
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Monitoraggio e sensibilizzazione, così la Corea del Sud prova a correre ai ripari
La crescente preoccupazione pubblica per le morti solitarie ha spinto il governo della Corea del Sud a correre ai ripari. Già nel 2018, Seul aveva lanciato un programma di «osservazione del vicinato» in cui tutti i membri delle comunità si dovevano impegnare a visitare con cadenza regolare chi vive da solo. Ospedali, ma anche minimarket e negozi, avvisano da allora le autorità non appena un paziente o cliente abituale non si presenta per diverso tempo. In diverse città, tra cui la stessa Seul ma anche Ulsan e Jeojiu, sono attive app mobile che inviano messaggi di allarme se il telefono resta inoperoso per un preciso lasso di tempo. Non mancano poi gli aiuti di ong e parrocchie, che si impegnano a gestire i riti funebri per le vittime di godoksa. L’ultima misura riguarda il Lonely Death Prevention and Management Act, piano quinquennale per monitorare la situazione nel Paese.

Intanto la Corea del Sud, come anche Giappone e Cina, si trova ad affrontare un brusco calo demografico. Il tasso di natalità è in caduta libera dal 2015 per colpa del costo della vita e di una cultura del lavoro troppo esigente. Nel 2016 il 43 per cento degli Over 65 era al di sotto della soglia di povertà, più del triplo della media nazionale di altre nazioni OCSE.