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Spia rossa per Kim

Commercio di armi, produzione e vendita di droga, omicidi di Stato. La confessione di un disertore di alto rango, che ha raccontato alla Bbc il dietro le quinte del regime nordcoreano.

11 Ottobre 2021 17:4811 Ottobre 2021 17:50 Redazione
Commercio di armi e di droga, affari di spionaggio e omicidi di Stato: il regime di Kim Jong-un raccontato da un disertore.

È scappato dalla Corea del Nord per salvarsi la vita, ma il signor Kim (nome di fantasia) ex militare di alto rango, è rimasto «più rosso del rosso». Un comunista tutto d’un pezzo, che ha deciso di raccontare per la prima volta il dietro le quinte del regime di Pyongyang, svelando in esclusiva alla Bbc i segreti di uno dei sistemi più impenetrabili al mondo. Con oltre 30 anni di esperienza tra i servizi segreti, «gli occhi, le orecchie e il cervello del Leader Supremo», Kim sostiene di aver architettato operazioni per eliminare gli oppositori e di aver costruito un laboratorio per la produzione di droga, fondamentale per finanziare la rivoluzione. Prima di ora, nessun alto ufficiale nordcoreano aveva mai parlato a una grande emittente. Confessioni che arrivano in un periodo in cui si è tornato a parlare della Corea del Nord per i continui test missilistici effettuati dal Paese.

Le operazioni militari della Corea del Nord

Il racconto dell’ex ufficiale parte nel 2009, quando fu ordinato al neonato Ufficio generale di Ricognizione (la nuova agenzia di spionaggio) di formare una «task force del terrore per uccidere Hwang Jang-yop», un ex funzionario nordcoreano che aveva disertato nel Sud. Un omicidio a una personalità di altissimo rilievo, visto che Hwang aveva lavorato alla scrittura della Juche, l’ideologia comunista nordcoreana. Scappato a Seul nel 1997, da allora fu una voce estremamente critica nei confronti del regime, e nel 2010 fu trovato morto nel suo appartamento. «Ho personalmente diretto e portato al termine quel lavoro», ha detto Kim. La Corea del Nord ha sempre legato un coinvolgimento nella sua morte, mentre nel Sud due persone stanno scontando 10 anni di reclusione per un precedente tentativo di omicidio non andato a termine.

Manifestazioni in Corea del Sud in memoria di Hwang Jang-yop, dissidente nordcoreano ucciso nel 2010 (Getty)

Sempre nel 2010, secondo la testimonianza raccolta dalla Bbc, Pyongyang affondò con un siluro una nave sudcoreana, la Cheonan, causando la morte di 46 persone. Poco dopo, dei colpi di arma da fuoco sparati dal Nord sull’isola di Yeongpyeong (Sud) uccisero due soldati e due civili. Il regime ha sempre negato il proprio coinvolgimento, ma non è così: «Entrambi gli episodi venivano commentati con orgoglio. Era un qualcosa di cui vantarsi. Il terrorismo è usato come arma per dimostrare fedeltà al leader». Il disertore, poi, ha lavorato per destabilizzare la Corea del Sud piazzando spie in territorio nemico. «Anche adesso, ci sono agenti nordcoreani che stanno svolgendo un ruolo attivo in varie organizzazioni della società civile e in importanti istituzioni in Corea del Sud», ha detto. «All’inizio degli Anni 90 un agente nordcoreano ha lavorato presso l’ufficio presidenziale di Seul per cinque o sei anni, poi è tornato sano e salvo da noi». Molte altre spie, invece, sono state catturate e imprigionate. E, nonostante il Paese sia tra i più poveri e isolati al mondo, sin dagli Anni 80 (quando al potere c’era Kim Jong-il, padre dell’attuale leader) ha investito fondi ingenti in tecnologie di spionaggio sempre più nuove.

La Corea del Nord, la droga di Stato e la vendita di armi

Di recente, Kim Jong-un ha annunciato ai suoi cittadini un’altra carestia nel Paese, invitandoli a prepararsi per una nuova «ardua marcia», un’espressione già usata dal padre negli Anni 90 per una crisi che causò la morte di più di mezzo milione di persone. Per fronteggiare le difficoltà, all’epoca il regime organizzò un sistema di produzione e spaccio di droga finalizzato a finanziare il governo: «Mi fu assegnato il compito durante la prima ardua marcia», ricorda l’ex agente: «Costruii il centro di produzione insieme a tre stranieri che portai nel Paese dall’estero». La droga prodotta, la crystal meth, serviva ad ottenere dollari americani da portare poi nelle casse di Pyongyang. Un altro ex disertore, il diplomatico Thae Yong-ho, confermò già nel 2019 la produzione di droga di stato per autofinanziarsi.

Soldati nordcoreani partecipano ai festeggiamenti per il 76 esimo anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori (Getty)

Ma quei soldi sono serviti poi per aiutare la popolazione? «No, tutto il denaro che c’è in Corea del Nord appartiene al leader. Con quei soldi costruiva ville, comprava automobili, cibo, vestiti. E viveva nel lusso». Mentre il suo Paese, già affamato, visse anche un’esplosione di casi di tossicodipendenza. Altri finanziamenti arrivavano dalla vendita illegale di armi all’Iran. «Sottomarini nani speciali, semi-sommergibili e altro. La Corea del Nord era molto brava a costruire attrezzature all’avanguardia di questo tipo». Gli esperti contattati dalla Bbc hanno confermato che lo scambio di armi tra Pyongyang e Teheran negli Anni 80 era un «segreto di Pulcinella». Secondo Kim, poi, la Corea del Nord ha venduto armi anche a Siria, Myanmar, Libia e Sudan ricevendo accuse ufficiali in questo senso da parte delle Nazioni Unite.

I disertori della Corea del Nord

Negli anni ci sono state più di 30 mila diserzioni dalla Corea del Nord. Kim, che ora vive nel Sud, ha detto di essere scappato dopo aver letto dell’esecuzione di un alto ufficiale da parte del Leader Supremo. All’epoca era all’estero e decise di scappare con la sua famiglia per paura di morire allo stesso modo: «Abbandonare il Paese dei miei genitori e fuggire in una terra straniera è stata la decisione più difficile della mia vita». Parlarne, ora, è il suo unico dovere: «D’ora in poi sarò più attivo per liberare i miei fratelli del Nord dalle grinfie della dittatura e per consentire loro di godere della vera libertà», ha concluso.

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