Il problema della Corea del Sud con l’antifemminismo è cosa seria. Lo scorso maggio, la società di marketing Hankook Research ha rivelato che oltre il 77 per cento dei ventenni e oltre il 73 per cento dei trentenni sentono «una repulsione nei confronti delle femministe e del femminismo». Poco prima, la casa di produzione di videogame Smilegate aveva rimosso dal gioco Lost Ark’s l’innocuo simbolo dell'”ok” con con pollice e indice che si toccano, su pressione dei gamer che lo consideravano discriminatorio nei confronti degli uomini. Tutti questi sono indizi di un problema abbastanza importante del Paese con il femminismo. Sempre più aziende, infatti, stanno rispondendo alle pressioni degli utenti – stufi del “complotto” del governo per promuovere un’agenda femminista – modificando i propri prodotti, e l’impressione è che il movimento antifemminista, in una nazione in cui il divario salariale di genere è già il più alto tra i Paesi dell’Ocse, sia in costante ascesa. Seul ha appena il 5 per cento di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, contro una media vicina al 27. Ad occuparsi del fenomeno la Cnn.
L’antifemminismo in Corea del Sud
A maggio i sentimenti antifemministi nel Paese sono esplosi: colpa di una pubblicità della catena di minimarket GS25, che su un cartellone aveva messo l’immagine di un pollice e un indice che sembravano voler pizzicare una salsiccia. In molti hanno visto un messaggio subliminale, una sorta di “codice”. Nel 2015, infatti, quel simbolo era stato usato come logo dalla community web di Megalia, un portale femminista radicale che ridicolizzava le dimensioni dei genitali degli uomini sudcoreani. Il sito è stato chiuso, ma il simbolo è rimasto. E continua a far discutere. GS25, dopo un solo giorno, ha rimosso il cartellone e chiesto scusa.

Altre aziende hanno avuto gli stessi problemi: il fondatore del rivenditore online di abbigliamento Musinsa si è dimesso dopo aver offerto sconti solo per donne, oltre ad aver utilizzato lo stesso logo del “pizzico” (espediente usato nelle pubblicità coreane per evitare la censura) in un annuncio pubblicitario. Anche l’azienda Dongsuh e alcune amministrazioni locali hanno dovuto fare marcia indietro per aver utilizzato (più o meno volontariamente) il simbolo del pizzico.
Gli uomini della Corea del Sud si sentono discriminati
Secondo gli esperti sentiti dalla testata americana, al centro della campagna antifemminista ci sarebbe il timore, da parte degli uomini, di rimanere indietro rispetto alle loro coetanee in un mercato del lavoro sempre più competitivo. Il governo, negli ultimi anni, ha anche lanciato dei programmi per migliorare l’occupazione femminile, ma se le istituzioni li hanno motivati con la necessità di colmare il gender gap, molti uomini lo hanno letto come un vantaggio ingiusto nei confronti dell’altro sesso. Ad aggravare il tutto, l’obbligo per gli uomini sudcoreani di completare fino a 21 mesi di servizio militare prima dei 28 anni, mentre non è previsto lo stesso per le donne.
Anche per questo Moon Jae-in, entrato in carica nel 2017 con la promessa di essere un «presidente femminista», è stato spesso criticato per il suo impegno nel rimuovere gli ostacoli di genere e nel voler affrontare con intransigenza il tema della violenza sessuale, sull’onda del movimento #MeToo. Un clima difficile anche per le aziende, costrette a rimanere neutre e a monitorare costantemente nuovi simboli (potenzialmente problematici) per evitare di sollevare polveroni. «Tra due aziende, comprerei i prodotti di chi non si schiera con le femministe», ha detto alla Cnn uno studente di 23 anni. «E come me ci sono tanti altri ragazzi che soffrono in silenzio».
Il movimento antifemminista per le strade della Corea del Sud
In risposta a questa massiccia campagna, le femministe hanno reagito, creando un clima sempre più polarizzato nel Paese. Con la stessa rapidità con cui, negli ultimi anni, il movimento nato dalle rivendicazioni del #MeToo aveva preso piede, in Corea del Sud sta avendo sempre più successo il New Men’s Solidarity Movement dello youtuber Bae IngGyu, che ha quasi 400 mila iscritti al suo canale. In costante lotta contro le “nazi-femministe”, organizza manifestazioni in cui si veste da Joker, il popolare cattivo di Batman: «È un personaggio isolato, molestato e bullizzato dalla società. Per questo mi vesto come lui», ha detto. È convinto che le femministe promuovano la misandria, e che influenzino le istituzioni al punto da creare una nazione che discrimina gli uomini (quando in realtà quella sudcoreana è una società estremamente patriarcale). In tutto questo, molte donne temono di dichiararsi femministe per paura di ritorsioni, sia nella vita di tutti i giorni che a lavoro.