Il gioco delle parti sul Copasir è ormai ascrivibile al genere del teatro dell’assurdo. Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che esercita il controllo sui servizi segreti, si è trasformato in uno dei tavoli su cui si consuma il braccio di ferro, tutto interno al centrodestra, tra Lega e Fratelli d’Italia. Risultato? Le dimissioni datate 20 maggio dei due membri del Carroccio, il deputato Raffaele Volpi, che era presidente, e il senatore Paolo Arrigoni, hanno mandato in stallo l’organismo che proprio adesso dovrebbe esercitare il ruolo democratico di sorveglianza su partite delicatissime collegate ai nostri apparati di informazione e sicurezza.
La questione più importante per il Copasir non è il dossier Renzi-Mancini ma quello Becciu-Marogna
«Tutti parlano della vicenda Renzi-Mancini, ma la questione più importante in ballo è quella relativa ai soldi dei servizi e al dossier del Vaticano Becciu-Marogna che coinvolge l’Aise», dice a Tag43 una fonte vicina alla nostra intelligence, facendo riferimento allo scandalo e alla guerra di spie che ha coinvolto il cardinale, ex prefetto della Congregazione delle cause dei santi e la sua “dama”. Fatto sta che il presidente dimissionario Volpi non ha più la facoltà di convocazione e i leghisti hanno deciso di fare muro di fronte alla richiesta dei presidenti delle Camere, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, di indicare due nomi in sostituzione dello stesso Volpi e di Arrigoni. «Non penso che la Lega ce ne metterà altri due», prevede, caustica, la stessa fonte. E in effetti la risposta degli uomini di Salvini è stata secca: «Ci siamo impegnati a garantire il funzionamento del Copasir, ma a differenza di altri le dimissioni non le diamo per scherzo. Contiamo sulle dimissioni di tutti i membri del comitato, così da ricostruirlo e affidarne la presidenza all’opposizione. L’attuale organismo non risponde ai criteri di legge».

Il braccio di ferro Lega-FdI per la presidenza del Copasir
La normativa del 2007, che ha riformato il settore dell’intelligence, prevede in effetti che la presidenza del Copasir vada alle opposizioni. È stato il cambio di maggioranza con il governo Draghi a destabilizzare la situazione: la Lega è andata dentro, Fdi è rimasta fuori e quindi chiede la guida dell’organismo (ma nella partita adesso potrebbero entrare anche gli ex grillini che stanno riorganizzando la loro rappresentanza parlamentare). Un normale cittadino potrebbe immaginare che le dimissioni dei leghisti favoriscano un avvicendamento in favore di Fratelli d’Italia e quindi la soluzione della vicenda, ma in realtà così non è. Infatti, al centro dello scontro tra Salvini e Meloni c’è l’unico esponente di Fdi nel Copasir: l’attuale vicepresidente, il senatore Adolfo Urso, non piace al Carroccio che lo considera «amico dell’Iran e nemico di Israele». Urso in effetti ha fondato durante la scorsa legislatura una società, la Italy World Services, che ha come mission, tra l’altro, quella di sostenere la presenza commerciale delle imprese italiane a Teheran. Lo stesso Urso ha spiegato di aver poi lasciato la gestione dell’azienda al figlio quando è stato eletto a Palazzo Madama, pur rimanendone socio, e Fdi fa notare che il senatore veneto è tutt’altro che un fan del regime iraniano, anzi è stato il primo esponente della destra italiana ricevuto da Shimon Peres, ai tempi di Alleanza nazionale. Ma i leghisti non mollano, non ci stanno a reintegrare con due nomi il plenum del Copasir, che a quel punto dovrebbe inevitabilmente eleggere Urso presidente, e insistono affinché si dimettano tutti i membri del comitato. Salvini punta su altri esponenti meloniani per la presidenza, in testa il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa che tuttavia sull’argomento continua a schermirsi. Anche perché gli altri partiti non sembrano intenzionati a fare un passo indietro (e non possono essere cacciati d’imperio nemmeno dai presidenti delle Camere): nessuno vuole perdere posizioni e sicuramente Urso è il primo a non volerci rimettere. Il dossier Copasir a questo punto è parte integrante della trattativa nel centrodestra sulle Amministrative e delle dinamiche che stanno ridefinendo i rapporti di forza all’interno della coalizione.