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Energie rinviabili

A Glasgow si decide ora, ma in Italia il ministero della Transizione ecologica blocca per 6 mesi i progetti sulle rinnovabili. Un paradosso (burocratico) tutto italiano.

9 Novembre 2021 08:40 Marco Zini
i ritardi italiani nelle energie rinnovabili

Tredici giorni per la Cop26, ma sei mesi di attesa. È il paradosso tutto italiano che si cela dietro i proclami green che in questi giorni giungono da Glasgow. Un semestre, infatti, è il tempo stabilito per la formazione della Commissione del ministero della Transizione ecologica che dovrà valutare i progetti degli impianti rinnovabili da inserire nel PNRR. Tempi biblici, per cui l’Italia rischia di arenarsi ai blocchi di partenza nonostante i roboanti impegni presi.

Il PNRR e il motore inceppato della transizione ecologica

Eppure, “agire subito” è il motto che circola in questi giorni tra gli sherpa di tutto il mondo riuniti in Scozia, rimbalzato sui media internazionali nel raccontare i negoziati in corso nella conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Parola d’ordine “concretezza”. Finalmente, si potrebbe aggiungere, anche perché le fonti rinnovabili sono dietro l’angolo, e l’ingegneria green negli ultimi anni ha fatto passi da gigante creando soluzioni per produrre energia in modo sostenibile. Anche il premier Mario Draghi ha sottolineato la necessità di concentrare gli sforzi sui fondi per il clima e per la riduzione delle emissioni, e concretizzato questi auspici nella firma dell’Italia al documento, condiviso con altre 23 nazioni tra cui gli Usa, che sospende ogni sussidio pubblico alle fonti fossili a fine 2022 per il settore energetico, traducendo di fatto l’impegno ad eliminare il carbone dalla produzione energetica. Una linea strategica chiara, che lascia intendere la ferma volontà di favorire finalmente la realizzazione di grandi impianti da fonti rinnovabili. Come l’eolico offshore, per citarne uno, tecnologia che mette d’accordo anche le principali associazioni ambientaliste perché prevede l’installazione di turbine eoliche in mare aperto, lontano dalle coste. La tanto agognata transizione ecologica, finora ingabbiata dalla complessità degli iter autorizzativi e dalla cronica mancanza di fondi, sembra finalmente poter partire. Oltre la volontà questa volta ci sono anche le risorse, tante, che il PNRR mette sul piatto. Agire subito, che non deve essere sinonimo di sperpero, vuol dire soprattutto snellire la burocrazia degli iter autorizzativi, arrivare a una risposta, anche negativa, in tempi rapidi.

Progetti che richiedono tempi biblici prima di essere autorizzati

Eppure, al civico 44 di Via Cristoforo Colombo a Roma, dove ha sede il ministero della Transizione ecologica, sembra che qualche meccanismo si sia inceppato, nonostante le buone intenzioni. Il decreto del ministro Roberto Cingolani del 31 luglio di quest’anno ha istituito la commissione tecnica PNRR – PNIEC, cui competono le valutazioni sui progetti in ambito PNRR e di quelli del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC appunto). Peccato che la commissione sia ancora in corso di formazione, e così tutti quegli operatori che stanno presentando domanda per avviare il già complesso iter autorizzativo per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili sono destinati a ricevere una comunicazione con la quale li si informa che l’avvio delle procedure sarà sospeso per 180 giorni, sei mesi appunto. In attesa della formazione di una commissione che si potrebbe costituire in una giornata. Non fatelo sapere a Greta.

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