L’annunciata controffensiva ucraina può dare tre esiti: il trionfo delle truppe di Kyiv, che secondo gli obiettivi del presidente Volodymyr Zelensky consiste nel respingimento delle forze russe oltre i confini cambiati già nel 2014, cioè con la riconquista dell’intero Donbass e della Crimea; la sconfitta totale ucraina e il rilancio dell’invasione russa in tutto il Paese; il sostanziale nulla di fatto, con le forze del Cremlino che resistono, ma non sono in grado di contrattaccare: il conflitto rimane congelato. Al di là delle previsioni sempre difficili da azzeccare, soprattutto quando la nebbia della guerra è molto densa e la disinformazione complicata da decifrare, si può ipotizzare quello che succederebbe nel primo caso, cioè nel successo ucraino, e occidentale, e nella conseguente disfatta russa.
La via primaria: niente diplomazia, ma conflitto aperto
Al momento l’Ucraina e gli alleati occidentali puntano proprio sulla vittoria sul campo: soprattutto per Zelensky e il partito della guerra europeo, capeggiato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dall’Alto commissario Josep Borrell, non c’è alternativa. Se il presidente ucraino è imprigionato per forza di cose nella retorica anti-russa, i vertici dell’Unione europea non pensano a mediare le diverse posizioni che esistono, né quelle dei vari leader, né quelli degli elettori del continente. La via primaria non è quella della diplomazia, ma quella del conflitto aperto, costi quel che costi.

In guerra senza pensare agli effetti: vizietto tipico dell’Occidente
E allora è il caso di domandarsi cosa vorrebbe dire l’annientamento della Russia, poiché è tipico dell’Occidente, dell’Unione europea come degli Stati Uniti, andare in guerra senza pensare agli effetti. Dopo la fine della Guerra fredda sono innumerevoli i casi di questo tipo, a partire dall’Iraq, passando per l’Afghanistan, la Siria, la Libia e ovviamente l’Ucraina, dato che se è evidente che l’invasione russa su larga scala sia cominciata il 24 febbraio 2022, lo è altrettanto il fatto che il duello geopolitico tra Russia e Occidente per l’influenza sull’ex repubblica sovietica sia iniziato qualche decennio prima e l’escalation sia il frutto non solo del neo imperialismo russo o presunto tale, ma anche della strategia degli Usa, con Nato e Ue al seguito.

Russia sconfitta e ancor più arroccata sul lato nazionalista
Cosa succederebbe dunque se la controffensiva ucraina fosse talmente devastante come se lo augurano Zelensky e i falchi, notoriamente miopi alla prova dei fatti, tra Washington e Bruxelles? È facile dire che i russi si ritirerebbero dal Donbass e dalla Crimea e sarebbe finita. Il domino inizierebbe ovviamente a Mosca, con un passaggio di potere al Cremlino non indolore, scatenato dalla lotta dentro e fuori i corridoi nella qualche non è ben chiaro chi prevarrebbe, ma visto che il sistema putiniano ha emarginato le colombe è facile pensare che avrebbero inizialmente la meglio coloro che tengono le redini del sistema, cioè i siloviki, gli uomini dei servizi e dell’apparato. Il risultato sarebbe una Russia non solo sconfitta, ma ancor più arroccata sul lato nazionalista e anti-occidentale. Il che la sposterebbe ancor di più sul lato cinese, con Pechino comunque ben contenta di aver un alleato indebolito e più gestibile.

Germania e Francia sempre più vassalli di Washington?
L’isolamento di Mosca sulla sponda occidentale non cesserebbe d’improvviso, con l’abolizione delle sanzioni, il ripristino dei rapporti con Europa e Usa, accompagnato dall’immediato ingresso dell’Ucraina nella Nato. Il cambiamento degli equilibri in atto, da un mondo unipolare a trazione statunitense a uno multipolare con più peso a Oriente e nel Sud, non si arresterebbe, anzi. Soprattutto l’Europa diventerebbe la linea di frontiera tra il blocco di una Russia sempre più in balia della Cina e gli Stati Uniti che con la Nato soppianterebbero di fatto la debole guida di Bruxelles. Ci sarebbe poi da chiedersi se Germania e soprattutto Francia starebbero al gioco, diventando ancor più vassalli di Washington di quanto non abbia già detto il presidente francese Emmanuel Macron.

L’ipotesi di un compromesso per evitare di fare un regalo alla Cina
La Russia, sconfitta in Ucraina, rimarrebbe in ogni caso una potenza nucleare e il Paese più esteso del mondo, con il rischio che la lotta tra i siloviki inneschi appunto la seconda fase del domino, quella che dal centro porterebbe alla periferia e alla probabile disgregazione, tra guerre intestine e nei Paesi vicini, inevitabilmente coinvolti sulla scacchiera che dal Caucaso va in Asia centrale: teatri negli ultimi anni di piccoli e grandi conflitti che hanno coinvolto solo le repubbliche ex sovietiche, ma che con l’implosione della Russia si allargherebbero con la partecipazione degli attori come Cina e Turchia a guidare la fila. Lo scenario dopo il successo della controffensiva ucraina potrebbe essere questo: ecco perché, anche e soprattutto negli Stati Uniti, c’è chi ragiona diversamente da Zelensky e Borrell, e il discorso di un compromesso che passa dal pragmatismo cinese di Xi Jinping potrebbe condurre a evitare un disastro. Anche perché non si sa ancora come reagirebbe Vladimir Putin di fronte alla Crimea messa davvero a fuoco e fiamme.