Contare con le dita: ognuno lo fa a modo suo. C’è chi parte dal pollice e finisce col mignolo. C’è chi, invece, procede al contrario. E chi, addirittura, per i suoi conti non ricorre al metodo tradizionale, ma a soluzioni alternative e curiose che possono sembrarci insolite, ma più semplicemente appartengono a una cultura diversa dalla nostra. Il modo in cui contiamo, infatti, dice molto del background di una persona, ma soprattutto sulla sua nazionalità e del Paese da cui proviene. Come ha abilmente raccontato Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria. Nella pellicola, il tenente Archie Hicox, spia inglese travestita da ufficiale tedesco, viene smascherato dai soldati nazisti poiché nell’ordinare tre bicchieri di whisky, solleva le dita nel modo sbagliato, alla maniera inglese. L’errore, apparentemente innocuo, gli costerà la vita.
Contare con le dita, un caleidoscopio di modi
Tornando al mondo reale, il repertorio di tecniche per contare utilizzate nel mondo è parecchio. Mentre nel Regno Unito e in Europa, si parte generalmente dal pollice e si termina col mignolo, negli Stati Uniti, ad esempio, si comincia dall’indice per arrivare al pollice. Completamente diversa la situazione in Iran e Giappone. Nel primo caso, si inizia a contare dal mignolo, nel secondo, invece, la mano è completamente aperta e le dita distese diventano un pugno con il progredire delle cifre. Sebbene queste differenze suggeriscano numerosi e interessanti spunti alla ricerca, non sono sempre state oggetto di apprezzamenti. «Quello che mi ha colpito di più è che molti studiosi, pur sapendo non fosse così, hanno sempre fatto finta ci fosse solo una modalità di far di conto con l’aiuto delle dita», ha spiegato alla Bbc Andrea Bender, docente di cognizione, cultura e linguaggio all’Università di Bergen, in Norvegia. «I ricercatori per molto tempo hanno sostenuto che la forma adottata dagli occidentali, fosse l’unica strada per insegnare i rudimenti della matematica ai bambini. Il problema di questa teoria è che ciascun popolo usa in maniera diversa le dita per calcolare». Come in India, dove utilizzano le linee che separano le falangi: ogni dito rappresenta cinque cifre e una mano anche anche venti. O in Tanzania, dove i parlanti del gruppo etno-linguistico Bantu replicano forme simmetriche. Per il numero sei, ad esempio, usano indice, medio e anulare di entrambe le mani. Estinti, invece, gli indigeni della tribù Yuki, che in California, si affidavano allo spazio tra le dita.
In Cina il sistema di conto con le dita è misto
Qualcuno poi, al posto delle dita, sostituisce le dita con i simboli. In Cina, contano da uno a cinque alla maniera americana e da sei a dieci attraverso simboli equivalenti. Per il sei si usano pollice e mignolo, per il dieci, invece, un pugno chiuso o si incrociano l’indice e il medio di entrambe le mani. Ancora prima, gli antichi Romani avevano adottato una strategia fatta di segni che permettevano loro di arrivare addirittura alle migliaia. Ma per quanto vasti, gli studi non hanno ancora esplorato nel dettaglio tutto il panorama di alternative disponibili sul pianeta. «Conosciamo qualcosa in più sulla diversità, ma non abbiamo idea di quanto ampie possano essere le differenze tra le varie etnie» ha aggiunto Bender. Che, come molti cognitivi, sta dimostrando con le sue ricerche quanto profondo sia il legame tra i gesti e l’apprendimento di un linguaggio. «Quello che mi entusiasma di più dell’argomento è capire le implicazioni cognitive di queste discrepanze. Se a un bambino assorbe una certa rappresentazione dei numeri, può imparare a contare in modo diverso?». Questo è sicuramente l’altro aspetto interessante del tema: al di là della nazionalità, infatti, il modo in cui una persona usa le dita per contare rivela parecchie informazioni sulla sua crescita. Alcune delle quali, come detto, restano attualmente un mistero.