Da Conte a Di Maio: la guerra in Ucraina sta spaccando il Movimento 5 stelle
La svolta anti-militarista contrappone ancora una volta l'ex premier a Di Maio che definì Putin «peggio di un animale». Si apre così una spaccatura nel M5s che potrebbe ripercuotersi sul sostegno al governo e offrire uno spiraglio al ritorno di Di Battista.
Un Conte pacifista. Che non mette in discussione la collocazione atlantista, ma infila subito dopo una serie di «però». A cominciare dal rapporto con gli Stati Uniti. Ancora, l’ex premier, manifesta una posizione sicuramente meno ruvida rispetto ad altri esponenti politici, nei confronti di Vladimir Putin, al di là della condanna rituale degli attacchi. Lo ha dichiarato e fatto intendere in un’intervista a La Repubblica, ma anche attraverso una serie di altre mosse. Marcando così una distanza siderale, l’ennesima, con il ministro degli Esteri e collega nel Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio. Questo, infatti, con piglio non proprio diplomatico appena un paio di settimane aveva definito il capo del Cremlino «peggio di un animale». Niente a che vedere con i moderati toni contiani.
L’atteggiamento del Movimento 5 stelle sulla Russia che sa di ritorno al passato
Una differenza che pare segnare nuovo corso all’interno dei pentastellati. O a ben vedere un ritorno al passato, quello della prima ora, incarnato alla perfezione dalle posizioni di Alessandro Di Battista. Perché no, anche di Beppe Grillo che sulla guerra in Ucraina ha tenuto un atteggiamento che più defilato non si può, battendo anche Silvio Berlusconi in materia di silenzi sul conflitto. Il cavaliere, infatti, seppur di recente, ha parlato di «aggressione militare inaccettabile». Nel M5s c’è chi osserva una simile dinamica con un certo stupore. «Fino a qualche settimana fa abbiamo votato a favore su tutti i pareri per l’acquisto di nuovi sistemi d’arma», ricorda un deputato. Una cosa è certa: la svolta anti-militarista di Conte è maturata all’interno di una ristretta cerchia di collaboratori, su tutti Rocco Casalino. Ma anche tra i suoi fedelissimi in Parlamento, come Michele Gubitosa e Riccardo Ricciardi, non a caso l’ariete scelto per spingere le ragioni contiane nei talk show e nei programmi di approfondimento. In pochi erano stati avvertiti.

L’intervista a La Repubblica di Conte e l’idea di un’Unione europea più indipendente dagli Usa
In un contesto del genere, l’intervista di oggi a La Repubblica segna uno spartiacque decisivo tra i pentastellati. «Come Unione europea non dobbiamo rispondere a queste atrocità con un’escalation militare, se vogliamo che termini questa carneficina dobbiamo lavorare con tutti gli strumenti a nostra disposizione per una soluzione politica», ha affermato l’ex presidente del Consiglio. Cercando di aprire uno spiraglio diverso: «Gli interessi strategici dell’Italia e dell’Unione Europea non sempre siano coincidenti con quelli degli Stati Uniti». Insomma, un’Ue più indipendente dagli Usa. E non è mancata una bella punzecchiatura a Enrico Letta, schierato su posizioni intransigenti rispetto alla necessità di un sostegno all’Ucraina, anche attraverso l’invio di armi. «Alcune forze politiche scherzano col fuoco», ha detto Conte, riferendosi a Fratelli d’Italia. Ma parlando a nuora perché suocera intenda.

I segni di una rottura tra Conte e Di Maio e lo spettro di un rientro di Di Battista
Un cambio di passo, dunque. «Oggettivamente la mossa di Conte ci mette con le spalle al muro. Non possiamo indossare l’elmetto e criticare la sua linea. Ci farebbero passare per guerrafondai», ammettono fonti interne in disaccordo con la linea dell’ex presidente del Consiglio. Ma che non sanno come replicare. Certo, Di Maio dalla Farnesina beneficia di una postazione invidiabile, anche in termini di visibilità. Tuttavia, l’attivismo di Conte, spiegano a Tag43, rientra nel disegno più ampio di ridimensionare il suo grande avversario interno. Che nei fatti ha dovuto rintanarsi in un ruolo più istituzionale. I dimaiani non sono comunque intenzionati a restare con le mani in mano: «Prima o poi Conte dovrà dirci se vuole arrivare alla rottura con il Pd, seguendo la linea di Di Battista». Perché, il non detto, riguarda l’intenzione di tirare la corda e possibilmente arrivare alla fuoriuscita dal governo. Una forzatura che a quel punto porterebbe alla lacerazione nel M5s e a alla scissione soltanto congelata dallo scoppio della guerra in Ucraina. Sarebbe poi il modo per riaccogliere nelle fila del Movimento proprio Dibba, che del resto finora non ha mai dato vita a un progetto politico alternativo, come pure aveva lasciato intendere in passato. «Lui vuole tornare nel Movimento e candidarsi alle prossime Politiche», è la tesi che circola tra molti eletti pentastellati.

L’atteggiamento del Movimento 5 stelle e le ripercussioni sull’alleanza con Partito democratico
E d’altra parte, tra i dem, c’è chi non aspetta altro: la separazione da Conte, che diventa sempre più dibattistizzato. Gli ex renziani di Base riformista sono pronti a stappare spumante in caso di allontanamento tra Enrico Letta e l’avvocato di Volturara Appula. Il senatore, ex capogruppo a Palazzo Madama, Andrea Marcucci attacca un giorno sì e l’altro pure il leader del Movimento. «La posizione del M5S per me è incomprensibile bisogna portarli a ragionare», ha ribadito di recente, polemizzando con le posizioni assunte sulle spese militari. Non è certo il solo a preferire un rinnovato dialogo con l’area di centro, da Italia viva di Matteo Renzi ad Azione di Carlo Calenda, mollando definitivamente il progetto di alleanza con i grillini. Anche per questo in molti, come l’area capeggiata da Matteo Orfini, spingono per una riforma elettorale in senso proporzionale, così da poter correre senza la necessità di formare una coalizione prima del voto. E quindi liberarsi dal confronto con la compagnia di Conte. Letta, però, su questo versante resiste: la linea è quella di tenere il Pd ancorato al M5S. Fino a che sarà possibile.