Gli attentati alle Torri Gemelle nel 2001, la crisi finanziaria globale del 2008, la pandemia da Covid nel 2020. E ora la nuova possibile scossa finanziaria connessa al crac della Silicon Valley Bank, che si propaga a tutti i mercati e preoccupa molto più della bolla delle Dot.com degli Anni 90, risvegliando il fantasma Lehman Brothers. Le banche europee hanno visto 291 miliardi andare in fumo, anche se poi c’è stato un rimbalzo dei titoli. Qualcuno lo ha definito il «secolo delle emergenze»: lo straordinario che il giorno prima sconvolge e il giorno dopo diventa subito ordinario, finendo per essere digerito e assimilato come business as usual, in attesa dell’emergenza successiva. Ma la si potrebbe considerare anche l’epoca del contagio, l’era storica dei virus d’ogni sorta che si propagano e modificano la nostra condizione sociale, economica e persino umana, le nostre abitudini, i nostri pensieri e i paradigmi di vita.

L’Europa è spesso la vittima geopolitica sacrificale
Certo, anche la crisi del 1929 partì dagli Usa e arrivò ovunque, con gli Stati europei che ricorsero a protezionismo e svalutazione monetaria, mentre disoccupazione e miseria crescevano con gli effetti esplosivi che tutti conosciamo, soprattutto nella Germania degli Anni 30. Ma 100 anni fa non eravamo nel mondo interconnesso e interdipendente di oggi, il contagio non correva così veloce come adesso. In fondo, siamo nel tempo della Teoria del caos e del celebre effetto farfalla. L’Europa, c’è da dire, si è spesso trovata nella posizione di vittima geopolitica sacrificale rispetto a contagi che sono arrivati da Est o da Ovest. Un continente in balia delle superpotenze contrapposte, in una sorta di nuova guerra fredda ibrida. Dopo l’11 settembre qualcuno ancora ricorda la crisi del trading finanziario, il prezzo del petrolio che schizzò in alto e le difficoltà delle compagnie aeree: poca roba comunque rispetto a ciò che sarebbe accaduto all’indomani del 2008.

La contaminazione dell’odio e lo scontro fra Islam e Occidente
Invece il virus che ha davvero segnato il mondo a partire dal crollo delle Torri è stato di altro genere: lo scontro tra civiltà, l’odio di una parte dell’Islam nei confronti dell’Occidente, la nostra diffidenza più o meno strisciante verso tutti i musulmani (basti ricordare Brunori Sas che canta: «Quando ho temuto per la mia vita/Seduto su un autobus di Milano/Solo perché un ragazzino arabo/Si è messo a pregare dicendo il Corano»). E poi almeno due guerre lanciate dal blocco occidentale in Medio Oriente, centinaia di migliaia di morti, un numero enorme di attacchi terroristici in Europa (con la Francia detentrice del triste primato) e nel mondo.
La morsa dell’austerity e il Covid ammazza-Pil
Poi è arrivata la crisi dei subprime e il crollo della finanza globale. Negli Usa è stato soprattutto uno shock per i Gordon Gekko di Wall Street, mentre in Europa si è scatenata la tempesta dei debiti sovrani che ha visto il massacro della Grecia, l’Italia sull’orlo del baratro a fine 2011 e l’avvio di politiche di austerity che mordono ancora oggi dalle nostre parti. Ma dopo terrorismo politico-religioso e speculazione finanziaria poteva mancare un virus biologico vero e proprio? No. Ecco quindi il Covid-19, arrivato dalla Cina sul finire del 2019. In Europa ha condotto alla tragedia che tutti conosciamo: oltre alle conseguenze epidemiologiche e sanitarie, va ricordato che nel 2020 l’Eurozona ha perso quasi l’8 per cento di Pil, l’Italia il 9 e un Paese come la Spagna è crollato di oltre il 12 per cento. Il nostro Paese ha visto bruciare circa 40 miliardi di euro di salari in quell’annus horribilis. Senza dimenticare i cambiamenti enormi che la pandemia ha portato nella nostra vita sociale, professionale e persino nel nostro approccio interiore agli altri e al mondo.

Il caso Svb può aprire un altro vaso di Pandora finanziario?
L’anno del contagio, il bel romanzo distopico di fantascienza di Connie Willis, andrebbe parafrasato: qui siamo di fronte ad almeno un ventennio di contagi. Non dobbiamo fronteggiare la peste del 1348, ma la concatenazione delle emergenze fa tremare i polsi. Il caso Svb potrebbe aprire un altro vaso di Pandora finanziario? È presto per dirlo e qualche contromisura forse sarà presa in modo più tempestivo rispetto al 2008-2011. Di certo, dovrebbero passarsi una mano sulla coscienza le banche Usa, che già da tempo spingevano per veder allentati i vincoli regolamentari introdotti dopo l’apocalisse di 15 anni fa; ma si sa, le cattive abitudini sono sempre più pervicaci dei buoni propositi. In mezzo ci si è messa pure la guerra in Ucraina, che ha generato un contagio a livello economico, mettendo sotto pressione i prezzi delle fonti energetiche fossili, di alcuni beni alimentari e contribuendo a far schizzare l’inflazione globale.

Il mondo si divide tra teorie del complotto e catastrofisti
I complottisti, di varia estrazione politica e geopolitica, vedono in questi grandi eventi lo strumento in mano a determinati poteri per schiacciare la libertà, le prerogative e il dissenso dei popoli inermi oppure per divorare fiumi di danaro e allungare le grinfie sui nostri risparmi. Il tutto nel nome di un’emergenza che trasforma gli Stati o le organizzazioni sovranazionali in Leviatani, impone legislazioni speciali e finisce per plagiare le nostre menti, modificare le opinioni e quindi le scelte comportamentali e di consumo. I millenaristi e catastrofisti, al contrario, non distinguono vittime e carnefici, se non nel breve termine. Non credono ci sia differenza tra ciò che è e ciò che appare, non vedono strutture e sovrastrutture. Anzi, ritengono che l’insistita ricorrenza di questi fenomeni estremi – climatici, epidemiologici o economico-finanziari che siano – rappresenti il segno della nostra ineluttabile decadenza, il sintomo di un rapporto sbagliato con il creato, fatto di sfruttamento e di smodata cupidigia, che ci porterà inevitabilmente all’autodistruzione.

L’ineludibile interdipendenza: i nostri destini sono legati
Di certo c’è che il concetto di “Villaggio globale” ha perso l’innocenza e l’accezione entusiastica che aveva negli Anni 80 e 90, al sorgere della globalizzazione (per non dire dei tempi del conio della locuzione che risale agli Anni 60 e a McLuhan). La globalizzazione stessa è entrata in crisi con la pandemia, ma soprattutto in ragione di un modello di sviluppo che uccide il Pianeta e allarga le disuguaglianze. E allora? Possiamo tornare alle heimat, ai piccoli mondi antichi? Il desiderio di nuovi muri è forte un po’ ovunque, dagli Usa alla Finlandia, dall’Est Europa all’Africa. Eppure l’interdipendenza è un fattore ineludibile, il destino di ciascuno è ormai legato a quello di tutti, come ripete anche papa Francesco. Il problema è contrastare quel «contagio del male», così lo chiamava Primo Levi, che in definitiva è la vera minaccia per l’intera umanità.