Boh nomi

Luca Di Carmine
27/07/2021

Incertezze e gaffe, il balletto sul green pass, la vendita di viale dell'Astronomia e la mano dura sul Sole 24 Ore. A poco più di un anno dalla nomina, in Confindustria monta la polemica sull'operato del presidente e l'assenza di una strategia.

Boh nomi

Brutta aria intorno alla romana viale dell’Astronomia, sede (ancora per poco) della Confindustria. Mal di pancia che oramai non si contano, tanto che in alcune frange dell’associazione si meditano progetti secessionisti. Sul banco degli imputati c’è il presidente Carlo Bonomi, cui si addebitano una serie di errori e gaffe che stanno pesando non poco sulla sua gestione. Sullo sfondo, la sempre più evidente crisi di rappresentanza del sindacato degli imprenditori e la conseguente ricerca di una autorevolezza e visibilità che stentano a manifestarsi.

L’assenza di una strategia tra gaffe e infortuni

Bonomi sarà l’uomo giusto per rinverdire gli antichi fasti? Oppure gli infortuni di questi mesi sono destinati a incidere in modo irrimediabile sul suo mandato? A oltre un anno dalla sua nomina alla guida degli industriali italiani, la domanda è lecita. Perché tra i suoi associati aumenta il numero di coloro che non capiscono quale sia la reale strategia del nuovo leader. Interviste, dichiarazioni, prese di posizione che sembrano giungere da uno che non ha mai gestito un’azienda e una realtà associativa pure venendo Bonomi da due anni alla guida di Assolombarda, la parte più blasonata e ricca dell’organizzazione. Gli episodi non mancano. Un esempio. La linea di Confindustria, favorevole ai green pass obbligatori sul posto di lavoro, è emersa un po’ alla chetichella. Tanto che un pezzo da novanta dell’associazionismo industriale, il bresciano presidente della Lombardia, Marco Bonometti, ha dichiarato: «Non mi risulta che esista una posizione ufficiale di Confindustria sul green pass».

L’incertezza sul green pass obbligatorio

Ma allora perché tanto rumore? Tutto nasce da una lettera spedita dal direttore generale di Confindustria Francesca Mariotti (colei che ha peso il posto di Marcella Panucci, ora capo di gabinetto del ministero della Pubblica amministrazione che con i suoi ex datori di lavoro ha il dente avvelenato) ai direttori delle associate territoriali e settoriali. Nella mail si legge che «numerose imprese hanno segnalato la presenza di percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione» esponendo al rischio di ammalarsi sia se stessi, sia le persone con cui entrano in contatto». Per questo, per tutelare la salute pubblica e garantire la continuità produttiva, Confindustria «ha proposto al governo di rendere il green pass obbligatorio per lavorare e di permettere al datore di attribuire a chi non ha il pass mansioni diverse ovvero, quando questo non sia possibile, sospendere la retribuzione». Propositi forti, che di fronte alle reazioni della triplice sindacale e di parti della politica hanno reso inevitabile un leggero indietro e costretto Bonomi a precisare con una intervista rilasciata al Corriere della sera domenica 25 luglio. «Il governo sta ascoltando tutti per farsi un quadro della situazione. C’è un aumento di contagi legato alla variante Delta e anche a Confindustria ha chiesto delle valutazioni», ha dichiarato il presidente. «L’obiettivo di fondo è consolidare la ripresa per recuperare il reddito e il prodotto perduti, per tutelare i posti di lavoro e perché in pandemia abbiamo contratto un debito astronomico. E l’unica minaccia a una crescita sostenuta oggi è il virus. Quella minaccia va ridotta al minimo possibile, a partire dal green pass». Bonomi corre anche a specificare di non aver «mai chiesto di rendere il vaccino obbligatorio per accedere al luogo di lavoro. E mai parlato di applicazione unilaterale. C’è stata una strumentalizzazione».

Gli Industriali veneti minacciano la secessione

Certamente sarà così. Ma certe uscite estemporanee e i mezzi dietro front hanno creato ulteriori malumori tra gli associati. Per qualcuno è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso tanto che il Veneto, da tempo una delle territoriali più malmostose, avrebbe minacciato di uscire da Confindustria. Botte da orbi anche in Aiscat, l’associazione che rappresenta i concessionari autostradali, dove per 18 anni consecutivi ha comandato Fabrizio Palenzona. L’uomo dalle mille poltrone è stato costretto a dare le dimissioni dopo che Bonomi (Aiscat fa parte di Confindustria) gli ha perentoriamente ricordato che per le associate sono previsti al massimo due rinnovi di mandato. Sta di fatto che dall’uscita di Palenzona, gli associati non sono ancora riusciti a nominare il successore e fanno balenare la minaccia di sbattere la porta ed entrare in Confcommercio. Ma anche in Assolombarda il clima non è disteso. Sono molti gli imprenditori che si domandano se la nomina di Alessandro Spada, ritenuto troppo vicino a Bonomi, sia stata quella giusta. Il rischio è un’emorragia di quote che si ripercuoterebbe su un bilancio, quello di Confindustria, che già non gode di buonissima salute. Anche perché da tempo, specialmente le associazioni del Sud Italia, faticano a versare le loro quote.

scontento per l'assenza di strategia di Bonomi in Confindustria
Carlo Bonomi è stato eletto nel 2020 (dal sito dell’associazione).

Il taglio dei costi e la vendita di viale dell’Astronomia

Non è un caso quindi che secondo alcune indiscrezioni Bonomi abbia deciso di tagliare i costi. A cominciare da casa sua, ovvero con la vendita della storica sede romana di viale dell’Astronomia e il conseguente trasloco in zona Tiburtina. Maliziosamente, qualcuno fa notare che lo stesso trattamento non subisce la storica foresteria di via Veneto, dove anzi fervono i lavori di ristrutturazione, ufficialmente lavori necessari a ovviare ad alcune infiltrazioni d’acqua sulla terrazza. E poi c’è il capitolo Sole 24 Ore. Bonomi, nelle settimane scorse, ha fatto pervenire al cda il suo diktat: licenziamento immediato di 180 dipendenti, due terzi tra amministrativi e tecnici, 60 tra i giornalisti. Che la necessità di ridurre i costi fosse considerata da tempo ineluttabile era cosa risaputa. Del resto, il tema dei tagli è tristemente comune a tutta l’editoria cui la pandemia ha assestato un colpo durissimo a bilanci che erano già in grave sofferenza. Quello che ha stupito però i vertici del Sole è stata la modalità che Bonomi voleva adottare. L’eco delle sue intenzioni si è subito diffusa in azienda provocando una reazione del management. Qualcuno ha anche fatto presente al numero uno di Confindustria, specie la componente romana del quotidiano, che licenziare su due piedi tutte quelle persone avrebbe comportato un notevole esborso di denaro e proprio nel momento in cui il quotidiano rosa sembra aver interrotto l’emorragia di perdite.

Il prestito da 45 milioni e la mano dura sul Sole 24 Ore

Bonomi non sembra però voler demordere. E così nei giorni scorsi il Sole 24 ore ha reso noto di aver sottoscritto gli accordi funzionali all’emissione di un prestito obbligazionario non garantito e non convertibile per un ammontare in linea capitale di 45 milioni di euro e della durata di sette anni, destinato esclusivamente a investitori qualificati. Le obbligazioni saranno emesse il 29 luglio 2021 e collocate a un prezzo di emissione pari al 99 per cento del valore nominale di tali titoli, con cedola pari al 4,950 per cento. Ai titoli non sarà assegnato un rating. L’emissione sarà destinata al rifinanziamento del debito corrente e allo sviluppo delle strategie aziendali del gruppo che ha nominato Goldman Sachs International quale global coordinator e Mps Capital services quali Joint Bookrunners e Banca Popolare di Sondrio come co-manager. Ma qualcuno l’ha subito letta come una mossa che permetterà a Bonomi di imbracciare l’accetta per portare avanti i suoi bellicosi propositi.