Dopo un anno e mezzo di stop, il business dei matrimoni riparte, sperando di recuperare in fretta il terreno perduto. Dal 15 giugno, in tutta Italia, le coppie, che sono state costrette a rimandare anche più di una volta l’evento, potranno finalmente iniziare il conto alla rovescia per il grande giorno. Che, con tutte le precauzioni e le misure del caso, sarà un primo passo verso una nuova normalità.
Sulmona, terra di confetti
A salutare con gioia la notizia, oltre alle coppie, anche la città di Sulmona, storica patria del confetto. Proprio questa peculiarità ha sedotto i cronisti del New York Times, che hanno elogiato i dolcetti di mandorla e zucchero, must have di qualsiasi cerimonia e simbolo di una tradizione che, seppur particolarmente radicata al Sud, accomuna tutta l’Italia.
Perché Sulmona è la patria del confetto
La storia d’amore tra la città abruzzese e i confetti affonda le radici nel 1400. Fu allora che le monache del Monastero di Santa Chiara iniziarono a trasformare in rosari le mandorle candite che preparavano in convento. Una mossa che, in realtà, non ebbe propriamente l’effetto sperato, così, i confetti più che alla preghiera vennero associati alle feste. Le famiglie benestanti del tempo, in particolare, approfittavano di matrimoni ed eventi mondani per farne grosse scorpacciate. Peccato di gola, in realtà, sempre gradito al Vaticano, come ha confermato la recente pandemia. La storica fabbrica Rapone, ad esempio, è riuscita a sopravvivere al lockdown e al provvisorio congelamento degli affari, grazie ai grossi ordini di prelati e uomini di chiesa.
Pelino, Rapone, Di Carlo: chi fa il confetto più buono?
Come accade nel resto d’Italia, quando si tirano in ballo ricette tradizionali, anche nel caso dei confetti la città di Sulmona è attraversata da una competizione silenziosa, ma importante. Gli artigiani si contendono, infatti, non solo la palma per la miglior ricetta, ma anche quella per la clientela più illustre. Tra le aziende storiche, i Pelino, i Rapone e i Di Carlo.
Chimico di professione e approdato dopo la laurea alla guida del business di famiglia, Mario Pelino è un po’ il Willy Wonka di Sulmona. Nonostante una riduzione dei guadagni pari al 90 per cento nel 2020, la sua azienda non ha perso la leadership nella produzione dolciaria: i suoi tenerelli rimangono in testa a tutti i ranking. Merito di importanti affari chiusi poco prima del Covid. Tra questi, una grossa vendita all’emiro del Qatar che, per le nozze della figlia, è arrivato a spendere più di 60 mila euro. «Ci stiamo preparando per un ritorno in grande», ha raccontato al New York Times.
Rapone, il confetto del Vaticano
A non avere fretta di risalire sul carrozzone dei matrimoni, invece, sembrano essere i Rapone. Che, fino a metà ottobre 2021, hanno dovuto rifiutare qualsiasi tipo di ordine perché oberati di richieste da parte di ecclesiastici e clienti d’alto rango, impegnati a festeggiare nozze, battesimi e altre cerimonie prima dell’annullamento per le restrizioni. «La nostra è una clientela di un certo livello», ha spiegato il 76enne Luigi Giammarco, l’erede più anziano della famiglia. «Da noi arriva gente con la Fiat 500 e a bordo di Ferrari». I mille gusti e i mille colori proposti non hanno conquistato soltanto le alte cariche ecclesiastiche, ma anche le celebrità del cinema, come George Clooney, innamoratosi delle prelibatezze dei Rapone durante le riprese di The American nel 2010.
Di Carlo, i preferiti di Casa Savoia
Non sono da meno i Di Carlo che, dopo anni passati a confezionare sacchettini pieni di confetti per le celebrazioni di Casa Savoia, hanno deciso di non occuparsi soltanto di matrimoni e dirottare la produzione anche su feste di fidanzamento, comunioni e lauree. Scelta che, durante i vari lockdown, li ha messi ulteriormente in difficoltà, privandoli di parecchie occasioni. Tra i tre contendenti, sembrano anche essere i più agguerriti in fatto di competizione: «Al contrario di altri che preferisco non nominare, i nostri prodotti sono realmente naturali», ha spiegato Enrica Ricci sempre al NYT, «Facciamo attenzione alla qualità, e si vede».