Governo balneare

Giulio Cavalli
06/11/2021

Sulle concessioni anche uno come Draghi ha scelto democristianamente di non fare nulla. Non male il capolavoro di risultare europeista radicale e nel frattempo decidere di non decidere facendo irritare l’Europa.

Governo balneare

Alla fine ci toccherà ripiegare sulle spiagge di cittadinanza, un metro quadrato di sabbia per almeno una settimana all’anno concesso ai cittadini come bromuro per evitare la virulenta crisi di astinenza del sogno vacanziero italiano. Mario Draghi ha capito in fretta come funziona in politica: se devi prendere una decisione che scontenta qualcuno del tuo governo basta non prenderla, inventarsi qualche burocratico intoppo e infine sperare che tutto vada ben aspettando che la matassa la sbrogli qualcun altro. Non male il capolavoro di risultare un decisionista ed europeista radicale e nel frattempo decidere di non decidere facendo incazzare l’Europa.

In Italia un ombrellone è per sempre 

La mancata liberalizzazione delle spiagge italiane a opera proprio di quelli che vorrebbero liberalizzare tutto è un capolavoro di italianità che potrebbe essere assurto a paradigma. Dentro c’è tutto il democristianissimo indugiare di chi teme anche da adulto l’uomo nero con questi “poveri imprenditori” che riescono a fare muro fottendosene delle regole. A questo aggiungeteci che le spiagge sarebbero, almeno sulla carta, un bene pubblico, il capolavoro di inettitudine è perfetto. Eppure è fondamento dello Stato che un bene x venga affidato a y attraverso un bando di gara pubblico e consultabile, con il dovere politico e morale di stabilire un giusto prezzo e delle giuste modalità. A fine “affitto”, come avviene i poveri cristi, ci si dovrebbe ritrovare al tavolo per stabilire nuovi prezzi e nuove modalità e decidere di continuare il rapporto. Dovrebbe essere così, certo, ma in Italia un ombrellone è per sempre, come i diamanti, e la proroga è la maschera con cui nascondere l’impaurita indolenza.

Meno della metà delle spiagge italiane è liberamente fruibile

Come scrive Legambiente nel suo rapporto sulle spiagge le concessioni sul demanio costiero sono 61.426 (erano 52.619 nel 2018), «di queste 12.166 rappresentano concessioni per stabilimenti balneari, contro le 10.812 del 2018, con un aumento del 12,5 per cento. Si può stimare che dal 2000 a oggi siano raddoppiate». Le restanti sono concessioni legate a campeggi, pesca o produzione. «Complessivamente si può stimare che meno di metà delle spiagge del Paese sia liberamente accessibile e fruibile per fare un bagno». Accade così che in regioni come la Liguria, la Campania o l’Emilia Romagna trovare una spiaggia libera diventi un’impresa (quasi il 70 per cento delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari). Se vi capita di passare dal Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì-Cesena, potete lasciare la paletta e il secchiello nel bagagliaio, non c’è nemmeno un centimetro che non sia a pagamento. A Pietrasanta (Lu), Camaiore (Lu), Montignoso (Ms), Laigueglia (Sv) e Diano Marina (Im) siamo al 90 per cento di occupazione e non è troppo difficile immaginare che quel 10 per cento siano scogli degradati e degradanti. Insomma sono libere perché troppo brutte.

Dalle concessioni lo Stato incassa 115 milioni a fronte di un giro d’affari di 15 miliardi 

Capita di guardare i numeri delle concessioni e viene da pensare: «Vabbè, almeno lo Stato incassa qualcosa». E qui arriva il peggio: su un totale di 29.689 concessioni demaniali marittime, 21.581 pagavano un canone inferiore a 2.500 euro all’anno. Lo Stato incassa 115 milioni e quelli muovono un giro di affari di circa 15 miliardi di euro. A volte i numeri sono così, basta metterli in fila per disegnare i contorni di un’ingiustizia. E se volete rovinarvi ancora di più la giornata potete anche appuntarvi che dei 115 milioni che lo Stato dovrebbe incassare ne è riuscito a recuperare solo 83. Gli arretrati? 235 milioni dal 2017. Così accade, lo dice sempre Legambiente, che nel 2020 le 59 concessioni balneari del comune di Arzachena, nella Costa Smeralda, hanno versato allo Stato in tutto un canone di 19 mila euro l’anno. «Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno. Praticamente nulla se confrontati ai 400 euro giornalieri richiesti per un ombrellone con due lettini all’Hotel Romazzino di Porto Cervo». Non è immorale un guadagno così stratosferico su un bene pubblico? Qui sta tutto.

L’Europa balbetta nel dover riprendere un europeista come Draghi

Ma il punto politico è la solita Italietta che ci frantuma con il ritornello del “ce lo chiede l’Europa” e poi dal 2006 non ha ancora fatto ciò che l’Europa ci chiedeva di fare. Nei governi precedenti gli illuminati editorialisti ci dicevano che la colpa era degli esecutivi non all’altezza della Ue. Ora con Draghi che della Ue è una diretta emanazione era facile confidare un’inversione di rotta (non sono del resto i sovranisti a urlare che siamo sotto una “dittatura europea”?). Confidenza sbagliata. Draghi e i suoi decidono di aspettare e hanno chiamato l’aspettare “censimento”. L’Europa balbetta piuttosto imbarazzata nel dover sculacciare il figliol prodigo. In realtà da anni anche il Consiglio di Stato e l’Antitrust dicono di darsi una mossa ma il risultato è praticamente nullo. L’importante è stanare l’evasore con il reddito di cittadinanza che infiamma l’opinione pubblica. Il risultato finale, guarda la coincidenza, è sempre lo stesso: bastonare i poveri e condonare i ricchi. Ma che ce ne fotte. Tanto nei prossimi giorni probabilmente piove.