L’Italia incassa le critiche della Commissione Ue sulle concessioni balneari. A riaprire una questione che ormai tiene banco dal 2009 è il Ddl Concorrenza. Un portavoce della Commissione europea, infatti, ha risposto a una domanda dichiarando: «Siamo al corrente dei recenti sviluppi con la legislazione italiana. È una prerogativa delle autorità italiane come approntare il processo di riforme nelle concessioni balneari. Per la Commissione ciò che è importante è il contenuto e non la forma di questa riforma». Inoltre, ha aggiunto il portavoce, ciò che importa all’Europa è «che le autorità italiane procedano rapidamente a portare in conformità la loro legislazione e le loro pratiche riguardo le concessioni balneari con la legislazione europea e anche con la giurisprudenza della Corte di Giustizia».
La commissione chiede all’Italia una maggiore liberalizzazione nella procedura di assegnazione delle concessioni balneari
Ciò che chiede l’Europa all’Italia, in sostanza, è maggiore liberalizzazione, con gare apposite per permettere di assegnare l’uso delle spiagge a chi è più efficiente e a condizioni maggiormente favorevoli. Sul banco degli imputati, quelle concessioni prorogate al 2033 e che, secondo l’Europa, violano la direttiva Bolkestein, nata per snellire le pratiche burocratiche, eliminare discriminazioni sulla base della nazionalità, agevolando così anche chi è nato in altri paesi ma vuole stabilizzarsi nelle territorio in questione. La proroga, infatti, secondo quanto affermato da Bruxelles nella lettera di messa in mora inviata all’Italia lo scorso dicembre sbatterebbe contro «la necessità di applicare una procedura di selezione aperta, a evidenza pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi». Che offrirebbero «a tutti i prestatori di servizi interessati – attuali e futuri – la possibilità di competere per l’accesso a risorse limitate, necessarie per la fornitura di un servizio, proteggendo al contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse pubbliche».
La Commissione europea critica l’Italia: prime accuse nel 2009
Dopo le prime accuse arrivate dodici anni fa, nel 2009, al sistema delle concessioni balneari italiano da parte di Bruxelles, nel 2016 è stata la Corte di Giustizia europea a pronunciarsi. Al termine della prima procedura d’infrazione era arrivata la condanna nei confronti dell’Italia. La sentenza in questione attestava il mancato rispetto delle norme europee riguardanti il mercato unico e la concorrenza. Ma non è finita, perché proprio un anno fa, il 3 dicembre 2020, la Commissione europea aveva avviato una ulteriore procedura d’infrazione, contestando all’Italia il mancato rispetto della sentenza di quattro anni prima. E come se non bastasse, al Paese è stato contestato di aver «prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033, vietando alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute». L’ultimo parere sul caso è arrivato 9 mesi fa, il 16 febbraio, con le dichiarazioni di Thierry Breton, commissario Ue per il mercato unico, riguardo alle norme italiani sulle concessioni, ritenute contro il diritto Ue e contro il diritto ai servizi turistici balneari.