Nessun rinnovo automatico delle concessioni balneari. Sul tema l’Italia deve applicare la direttiva che prevede gare «trasparenti e imparziali». Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue esprimendosi su una vertenza che coinvolge l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato e il Comune di Ginosa (Taranto), per il quale sarebbero le norme nazionali ad avere la meglio su quelle europee. «I giudici nazionali e le autorità amministrative» italiane, ha aggiunto la Corte, «sono tenuti ad applicare le norme pertinenti» del diritto europeo, «disapplicando le disposizioni nazionali non conformi». Una nuova grana per il governo Meloni impegnato sul ddl Concorrenza. Nei giorni scorsi Bruxelles aveva aumentato il pressing sul tema tanto che secondo alcuni rumors la Commissione sarebbe stata pronta ad aprire l’ennesima procedura di infrazione. L’Ue ora spinge affinché Roma trovi una soluzione in tempi rapidi.
L’Ue chiede parametri «obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati» nella valutazione della scarsità delle risorse naturali
I giudici del Lussemburgo hanno stabilito che «la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro». In seconda battuta che «il diritto dell’Unione non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione. È necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati». «Dall’esame non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno», ha continuato la Corte. «Poiché, da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall’altro, la direttiva ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato».
Il caso di Ginosa e il ricorso dell’Agcm
Dopo la decisione del governo, il Comune di Ginosa aveva prorogato le proprie concessioni scontrandosi con l’Agcm. Così si è arrivati al Tar e quindi alla Corte di Giustizia per verificare l’applicazione o meno della direttiva. Ora, per i giudici comunitari «l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Poiché tali disposizioni sono produttive di effetti diretti, i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse».