Il Consiglio di Stato ha bocciato ancora una volta il governo Meloni sul tema delle concessioni balneari. La sentenza 2192 è stata emessa il primo marzo ma depositata ieri ed è un duro colpo per la premier e i suoi ministri, perché ferma uno degli emendamenti più discussi del decreto Milleproroghe. Le concessioni in scadenza il 31 dicembre di quest’anno andranno messe a gara, perché per il Consiglio di Stato non è più possibile allungare le date e portare il termine ultimo al dicembre 2024. Nel decreto Milleproroghe il governo aveva previsto una ulteriore estensione della scadenza, purché «per ragioni oggettive», a fine 2025. Non sarà così: il Consiglio di Stato dà ragione all’Ue e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il Consiglio di Stato: «Proroga in contrasto alla direttiva Ue»
La sentenza dell’1 marzo 2023 segue due sentenze del 2021 e ancora una volta evidenzia l’impossibilità di alcuna proroga. Il punto centrale, secondo il Consiglio di Stato, è la violazione della direttiva Bolkestein che è autoapplicativa e vuole favorire la concorrenza in un settore, come quello demaniale italiano, in cui il bene è scarso e il valore economico alto. Nella sentenza contro il Comune di Manduria, che aveva prorogato al 2033 tutte le concessioni, si legge ad esempio che «la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato».

Mattarella e il Consiglio europeo contro l’Italia
Così le norme del Milleproroghe che riguardano le concessioni dovranno essere disapplicate per non incorrere in una nuova infrazione, come già accaduto dal 2020. D’altronde è stato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sottolinearlo al momento della firma «con riserva» dell’atto. Il Capo dello Stato scriveva che «è evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e Parlamento». E anche l’Ue si era pronunciata, parlando di «sviluppi preoccupanti».