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Radiografia del commercio porta a porta

Nonostante il Covid e il boom dell’e-commerce, il bistrattato settore delle vendite a domicilio continua a crescere. Non solo. Vanta un fatturato da 3,6 miliardi di euro e coinvolge mezzo milione di addetti, soprattutto donne. Per questo definirlo lavoretto è riduttivo.

27 Marzo 2022 16:53 Giovanni Corneliani
Il commercio porta a porta: una radiografia

Se il postino bussa sempre due volte, quante volte scampanella a casa il promoter della Folletto? «La prima vendita la realizzai con una signora anziana che dopo tanti appuntamenti comprò il prodotto pur di non vedermi più. L’ho presa per sfinimento», racconta Alberto Lasia, sardo, classe 1995, nato e cresciuto ad Ardara in provincia di Sassari, alto, moro, aspetto da modello di copertina o da attore di fotoromanzo. Lasia è considerato una specie di fenomeno nel settore del commercio diretto a domicilio, avendo battuto svariati record di vendita con la Vorwerk Italia, fino ai 2.400 pezzi piazzati in un anno, praticamente sei o sette al giorno comprese le domeniche e i festivi. Ora Lasia ha fatto carriera e coordina un pool di incaricati, come si chiamano i consulenti che propongono porta a porta prodotti e beni durevoli per la casa, cosmetici, surgelati o persino pacchetti per viaggi e vacanze.

come va il settore porta a porta in Italia
Alberto Lasia, Mr Foletto.

Il porta a porta in Italia fattura 3,6 miliardi

Eh sì, perché quello del venditore a domicilio è un lavoro che va oltre i soliti luoghi comuni e l’immagine dello sfigato che deve vestire i panni dello scocciatore per alzare qualche soldo. Il settore, infatti, fattura in Italia circa 3,6 miliardi e coinvolge mezzo milione di addetti, suddivisi tra una gran parte di occasionali (con redditi sotto i 5 mila euro), abituali, agenti di commercio veri e propri e una quota di subordinati. Un comparto che resta un po’ fuori dai radar rispetto al dibattito, agli studi e alle ricerche sull’occupazione che cambia sotto i colpi della digitalizzazione e della pandemia. Un universo poco bazzicato anche dalla politica e dal legislatore, ma che tuttavia è popolato da marchi e colossi molto noti, da Vorwerk, appunto, ad Avon, da Dalmesse a Bofrost, fino a Tupperware, giusto per fare qualche nome. Un mondo che, inoltre, si è dimostrato capace di resilienza anticiclica sia rispetto alla crisi finanziaria del 2008 sia durante il terremoto della pandemia. Peraltro, il porta a porta impiega al 90 per cento donne e quindi si è ritagliato un ruolo di rilievo nel contrasto alla tradizionale piaga italiana del basso livello di attività femminile.

Il 59 per cento degli addetti è attivo da oltre sei anni: non chiamatelo lavoretto

Sicuramente, chi sceglie questo tipo di impegno è alla ricerca di una integrazione al bilancio personale o familiare, ma poi ci sono tante altre motivazioni che entrano in gioco. I numeri fanno capire chiaramente che non si tratta di lavoretti mordi e fuggi da desperate housewife e le storie delle singole persone raccontano spesso di percorsi di carriera capaci di condurre molto in alto. L’ultima indagine di Univendita, la principale tra le associazioni delle imprese del settore, è stata presentata proprio pochi giorni fa nella sede del Cnel e racconta che gli incaricati e consulenti apprezzano la flessibilità d’orario che consente di conciliare vita e lavoro, ma sono attratti anche dall’aspetto creativo nel contatto relazionale con il cliente e dalla possibilità di crescere nei guadagni sulla base del merito e dei risultati. Tanto che il 59 per cento degli addetti è attivo nel comparto da oltre sei anni, mentre il 36 per cento del campione è alla ricerca di soddisfazioni personali (lavorare per un’azienda che si apprezza, coltivare relazioni) e un altro 36 per cento desidera autonomia organizzativa (ma si punta anche alla formazione continua e sulla natura mai monotona dell’attività).

Il commercio porta a porta: una radiografia
Vendita di contenitori in casa (da youtube)

Il Covid ha cambiato le carte in tavola, ma i numeri sono in crescita

Mimmo Carrieri, ordinario di Sociologia economica e del lavoro alla Sapienza di Roma e autore della ricerca per Univendita, la mette giù così: «Siamo oltre il fordismo. Si tratta di una combinazione virtuosa tra vincoli e autonomia. Il settore è un contenitore riuscito per chi vuole cucirsi addosso un abito lavorativo fatto su misura». Certo, il Covid ha un po’ cambiato le carte in tavola, alimentando nei clienti la paura del contatto fisico e la diffidenza nei confronti dell’altro, tendenza che si è innestata sulla naturale indifferenza che il nostro tempo, cinico e veloce, coltiva. Eppure i numeri del porta a porta sono in crescita: secondo gli esperti e gli addetti ai lavori, le donne in particolare prevalgono e si fanno imprenditrici di loro stesse per la loro naturale capacità di muoversi con intelligenza empatica e inventività su un terreno professionale fatto di socialità e di innovazione organizzativa, lontano dagli schemi rigidi degli impieghi da ufficio. Capita così che un marchio come Dalmesse, nella piccolissima Lampedusa, possa fatturare fino a 32 mila euro nei primi due mesi del 2022 grazie alla vendita di cosmetici, detergenti, abbigliamento o pentole. Oppure che Bofrost possa espandersi con i surgelati a domicilio (313 milioni di fatturato in Italia), rafforzando il suo modello, del tutto peculiare, fatto soltanto di lavoratori subordinati e non consulenti a provvigione. Poi c’è Avon, colosso del settore beauty con circa il 40 per cento di incaricati abituali, che al porta a porta preferisce l’altro approccio tipico della vendita diretta, ossia il party plan. In pratica, si dà appuntamento a un gruppo di clienti in un determinato luogo, solitamente la casa o lo spazio di un host, per fare la dimostrazione dei prodotti.

Il settore non è stato mandato in soffitta dal boom dell’e-commerce

Tecniche e riti da slow shopping a domicilio che il boom del digitale e dell’e-commerce non hanno mandato in soffitta, al netto del periodo di fermo dovuto alle restrizioni pandemiche. Ciò perché il contatto umano con il consulente resta spesso insostituibile e le nuove tecnologie, secondo gli studiosi del comparto, non scavalcano le sue competenze, ma anzi si fanno strumento di potenziamento della relazione con il cliente e supporto informativo, mentre presentazioni via zoom o teams, call skype e webinar consentono nuovi percorsi di incontro tra le imprese e il consumatore. Così Ciro Sinatra, presidente di Univendita, tira le somme: «Dobbiamo scommettere sempre di più sulla formazione e sulla qualificazione professionale dei nostri incaricati alla vendita. Il settore si aspetta più attenzione da parte del legislatore e dei regolatori. Con opportuni incentivi le aziende possono agire per recuperare una parte dei giovani che oggi si trovano nella platea dei Neet e possono valorizzare ulteriormente il lavoro femminile».

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