Leggenda vuole che l’atleta greco antico Milone di Crotone fosse così forte da poter rompere, solo aggrottando la fronte, una corda legata intorno alla sua testa. Sette volte vincitore alle Olimpiadi, nel VI secolo a.C. si guadagnò la fama di formidabile lottatore: si narra che da ragazzo, per aumentare la sua forza, trasportasse tutti i giorni un vitello sulle spalle. Una volta cresciuto e diventato toro, lo portò così fino a Olimpia, per macellarlo e consumarne la carne nei giorni delle gare. Considerando che un toro pesa almeno 600 chili, ben più del record mondiale nel sollevamento, in questi racconti c’è sicuramente un’esagerazione. Ma anche qualcosa di interessante: l’insolito metodo di allenamento di Milone è quello che oggi definiremmo sovraccarico progressivo, uno dei tre principi fondamentali applicati nell’esercizio dei pesi. A svelarlo, insieme a tante altre curiosità, un approfondito articolo della Bbc.
Come si allenavano gli atleti nell’antica Grecia
Gli atleti dell’antica Grecia gareggiavano nei Giochi Panellenici, competizioni sportive a carattere sacro che impegnavano tutte le città dell’Ellade. A Olimpia, ogni quattro anni si svolgevano i giochi più importanti e attesi, che hanno ispirato le moderne rassegne a cinque cerchi. La prima edizione risale al 776 a.C.: alle gare di corsa si aggiunsero nel corso dei secoli salto in lungo, lancio del giavellotto e del disco, lotta libera, pugilato, competizioni equestri e il terribile pancrazio (misto di lotta e pugilato), dove la morte dei combattenti non era un evento così raro. Ma come si allenavano gli atleti dell’epoca? Oltre a ciò che si può vedere sui vasi di ceramica decorati con immagini sportive (su tutti le anfore panatenaiche), non ci sono molte informazioni a riguardo. In tal senso, la principale fonte è rappresentata dal trattato Peri gymnastikés, scritto nel II secolo a.C. dall’ateniese Filostrato, in cui si può leggere di atleti impegnati nell’inseguimento di animali, nel piegamento di barre di ferro, in nuotate nell’Egeo con addosso l’armatura da soldato.
Dal sollevamento del toro ai sacchi di sabbia
Insomma, il sollevamento del toro non era l’unico modo per fare massa muscolare. Come racconta Filostrato, gli atleti si allenavano trattenendo con le briglie quattro cavalli allo stesso tempo, provando a stare fermi in piedi mentre antichi “sparring partner” li spingevano, prendendo a pugni (nel caso dei combattenti) dei sacchi pieni di farina e semi di fico, oppure di sabbia se gli atleti erano più forti. Anche i lanciatori usavano sacchi pieni e quando non bastavano ricorrevano alle rocce. Dal lancio al corpo a corpo, a Santorini è stata scoperta una pietra vulcanica pesante 480 chili, con un’iscrizione recante il nome del lottatore riuscito a sollevarla da terra.
Allenamenti per il fisico e in biblioteca
Gli antichi atleti si allenavano in palestra, ma anche all’interno delle biblioteche: l’attività sportiva era considerata una forma di sophia, paragonabile alle arti, alla matematica, all’astronomia, alla filosofia. Ma com’è chiaro, gli atleti ellenici utilizzavano anche la natura dell’antica Grecia per prepararsi alle gare: si arrampicavano sugli alberi, correvano in spiaggia, nuotavano nell’Egeo: Filostrato cita ad esempio la storia di un pugile di Lemno, che per restare in forma era solito circumnavigare a bracciate la sua isola, per una distanza complessiva di 50 chilometri. A proposito di natura, proprio il suo scarso rispetto costò, secondo la leggenda, la vita a Milone: mentre attraversava un bosco si imbatté in un ulivo secolare dal tronco cavo, poco lontano dal tempio crotonese di Hera Lacina. Per dare una dimostrazione di forza alla dea, inserì le mani nella fenditura del tronco, con l’intento di spezzarlo, ma fu punito dalla divinità che gli bloccò il braccio. E così il più grande atleta dell’antica Grecia finì divorato da un branco di lupi.

Niente sesso per gli atleti dell’antica Grecia
Sicuramente fastidioso, ma almeno non rischioso, un altro dei principali metodi per arrivare preparati alle gare: l’astinenza sessuale. Gli atleti evitavano deliberatamente ogni tentazione o anche solo il pensiero, al punto da voltare la testa se per caso capitava di vedere dei cani accoppiarsi per strada. Il sesso era per Filostrato un «piacere vergognoso», una «lussuria corruttrice», «inappropriata e dannosa per gli atleti». Ovviamente, per evitare distrazioni le donne non potevano nemmeno assistere agli allenamenti.
C’è poi la supercompensazione, un processo fisiologico per cui le prestazioni si abbassano al top del carico in allenamento, per poi avere una risalita al livello iniziale nella fase di recupero. Ebbene, gli antichi Greci avevano ben presente l’importanza del riposo, che era parte del tetrad, sistema di allenamento in voga all’epoca. Quattro giorni, dagli sforzi più intensi al relax assoluto. Con qualche rischio, però, come racconta Filostrato evocando la storia del lottatore Gerenos, morto per il troppo sforzo il palestra dopo due giorni “off”.
Cosa prevedeva la dieta del campione
E poi c’era la dieta del campione. O aspirante tale. Secondo la leggenda, Milone mangiava abitualmente otto chili di carne al giorno: un po’ troppo per essere vero. Filostrato criticava il consumo di maiale e pesce, abituale tra gli atleti, così come il pane con semi di papavero, che chissà perché odiava. Diogene Laerzio scrisse che gli atleti mangiavano soprattutto fichi secchi, formaggio fresco e prodotti a base di grano, Epitteto sottolineò come gli sportivi bevessero vino con parsimonia, evitando l’acqua fredda. Più che alle calorie e ai macronutrienti energetici, gli antichi Greci si concentravano sull’equilibrio dei quattro umori: sangue, bile gialla, bile nera e flegma. In ogni caso, ieri come oggi, pochi dolci.