La notizia arriva direttamente dalla BBC: «Gli Stati Uniti hanno accusato la più grande piattaforma di trading di criptovalute del paese di operare illegalmente» ampliando quella che viene definita come «la repressione del settore». Secondo la fonte americana, la Securities and Exchange Commission ha affermato che «Coinbase ha agito come broker, agenzia di scambio e compensazione per investimenti soggetti alle regole SEC, senza registrarsi correttamente». Coinbase, in risposta, ha dichiarato che erano le regole a non essere «chiare».

Repressione criptovalute: gli Stati Uniti fanno causa a Coinbase
Non si fa attendere la replica di Paul Grewal, per Coinbase: «La soluzione è una legislazione che consenta di sviluppare in modo trasparente regole eque per la strada e applicarle allo stesso modo, non certo un contenzioso. […] Nel frattempo, continueremo a gestire la nostra attività come al solito». Il giorno prima, la SEC ha citato in giudizio Binance, la più grande piattaforma di trading di criptovalute al mondo, accusando l’azienda di non trattarre correttamente i fondi dei clienti e di «gonfiare artificialmente il volume degli scambi sul sito e adottare misure per eludere la regolamentazione statunitense». Sempre nella giornata di ieri, le autorità di regolamentazione finanziaria di 10 stati, tra cui California e Alabama, hanno intentato «azioni legali sostenendo che Coinbase operava come commerciante di titoli non registrato».
Coinbase, la storia
Coinbase, che vanta più di 100 milioni di clienti e miliardi di dollari in volumi di trading, è stata fondata nel 2012. Le azioni di Coinbase sono diminuite in modo significativo da quando i valori delle criptovalute sono crollati lo scorso anno. Ora vale meno di 12 miliardi di dollari. Alla notizia della causa intentata presso il tribunale federale di New York, le azioni sono crollate, chiudendo in calo del 12%. I clienti sono corsi ai ripari prelevando quasi 1,3 miliardi di dollari netti dalla piattaforma.