Clima, Big Tech piccoli fatti

Camilla Curcio
21/09/2021

Agli slogan dei colossi mondiali non fanno seguito politiche concrete. Dei 65 milioni di dollari investiti in attività di lobbying, solo il sei per cento è stato indirizzato ad incentivare azioni per la tutela del Pianeta.

Clima, Big Tech piccoli fatti

Ai buoni propositi non sono seguiti i fatti. Si parla di big tech e cambiamento climatico. A dimostrarlo, l’ultimo report curato dal thinktank InfluenceMap, che ha evidenziato come, nonostante gli slogan e i proclami sulla questione climatica sciorinati sul web o nel corso dei panel, le grandi aziende del settore tecnologico utilizzino poco la loro influenza per trasformare le parole in politiche concrete. E, soprattutto, reclamare comportamenti in grado di arginare il problema.

Secondo l’analisi condotta dal team di ricercatori che ha compilato lo studio, nel 2020 Apple, Amazon, Alphabet (società madre di Google), Facebook e Microsoft avrebbero investito una somma pari a circa 65 milioni di dollari in una serie di attività di lobbying (in genere, iniziative volte a promuovere temi particolarmente urgenti presso le istituzioni). Di queste strategie, tuttavia, soltanto un risicato 6 per cento riguardava la problematica del cambiamento climatico e iniziative utili a salvaguardare il Pianeta. E non è tutto. Il livello di partecipazione di alcuni colossi al dibattito sulla politica climatica, nello specifico alla definizione di una legislazione ad hoc e al dialogo con governi e capi di stato per non farla rimanere solo un’idea, si è notevolmente abbassato rispetto al 2020.

I traguardi fissati dalle big tech 

Negli ultimi anni, i giganti del tech si sono approcciati al discorso sull’ambiente e sulla sua tutela con obiettivi particolarmente ambiziosi. Amazon, ad esempio, si è prefissata di ridurre a zero le emissioni entro il 2040 e utilizzare, entro il 2025, solo ed esclusivamente energia rinnovabile nelle proprie operazioni logistiche. Una linea simile a quella di Facebook che, invece, punta a raggiungere il traguardo dell’impatto zero entro il 2030. Allo stesso modo, Google, Microsoft ed Apple sembrano procedere di pari passo in quanto a intenzioni, dichiarando di voler convertire tanto le catene d’approvvigionamento quanto i processi produttivi in sistemi totalmente carbon neutral (con definitiva rimozione dei gas serra) entro il 2030.

«La scienza ha sempre parlato chiaro, abbiamo ancora dieci anni per mettere a punto un piano d’azione sostenibile, in grado di metterci in salvo dalle disastrose conseguenze del cambiamento climatico», ha spiegato Sundar Pichai, CEO di Google e Alphabet, in un video. Tuttavia, queste promesse sembrano lasciare il tempo che trovano. «Le imprese, vere e proprie leader del mercato, non stanno affatto utilizzando né la loro voce né il loro capitale a sostegno della causa», ha sottolineato Dylan Tanner, direttore esecutivo di InfluenceMap, in un’intervista al Guardian. A onor del vero, non tutte se ne sono lavate le mani ma i loro sforzi sono stati decisamente surclassati da quelli delle compagnie di petrolio e gas che, pur muovendosi con gli stessi tempi, hanno messo il turbo a progetti e proposte eco-friendly, facendo la differenza.

Reconciliation Bill, uno sforzo da 3 mila miliardi

Quest’apparente disinteresse risulta ancora più contraddittorio a fronte dello slancio che l’amministrazione Biden sta tentando di dare alla questione climatica attraverso il Reconciliation Bill, un disegno di legge che prevede un pacchetto di spesa di oltre tremila miliardi di dollari. Misura che darebbe una spinta non indifferente agli investimenti per il clima ma che ha incontrato e continua a incontrare una fiera opposizione da parte di alcuni imprenditori e gruppi industriali. In particolare, dalla Camera di Commercio, di cui fanno parte tutte le aziende del tech, a eccezione di Apple. «L’unica strada per assicurarci la sopravvivenza della Terra nella lotta contro la crisi climatica è proprio attraverso il Reconciliation Bill ma l’indagine di InfluenceMap ha fatto vedere chiaramente quanto della voce del settore tecnologico in merito si siano ormai perse le tracce in Congresso», ha aggiunto il senatore Sheldon Whitehouse. Per parte loro, Microsoft, Apple e Alphabet hanno declinato l’offerta di rispondere alle accuse.

Amazon ha tentato di difendersi, parlando di come si sia sempre spesa a livello locale, statale e internazionale per «appoggiare politiche finalizzate a introdurre energia pulita, incentivare l’accesso a elettricità rinnovabile e decarbonizzare il sistema di spedizione e trasporto dei prodotti». Neppure Facebook è rimasto in silenzio e ha utilizzato un portavoce per mettere in chiaro l’intenzione di «dare il proprio apporto senza attendere nessun via libera di tipo legislativo». Nel frattempo, però, la situazione si incancrenisce a vista d’occhio. Venerdì scorso, le Nazioni Unite hanno messo in chiaro che la catastrofe del surriscaldamento globale non si fermerà nonostante il raggiungimento dei target prefissati.