Quando arriva la fine dell’anno, come accade con la varicella in giugno, o con l’asfaltatura delle strade sotto elezioni, ecco che si presenta il difficilissimo compito di stilare una classifica, seppur parziale e personale, delle più belle uscite discografiche dell’anno. Difficilissima perché, provateci, è come se a secco vi si chiedesse non tanto I famosi sette re di Roma o sette nani, sempre sette è il numero ricorrente, quanto, che so?, le Capitali di tutte le nazioni che compongono il Corno D’Africa, impossibile ricordarle tutte. Certo, la scrittura è mediazione, quindi si può farlo studiando, andando a consultare l’archivio personale, magari anche spulciando le decine di altri articoli di critici e giornalisti musicali che escono in questi giorni, ma nei fatti queste sono classifiche personali, e se un album non ti viene in mente al volo, suppongo, significa che non ha lasciato una gran traccia, e magari è il caso di lasciarlo fuori. Comunque, per scelta arbitraria di chi scrive la classifica, che non è una classifica quanto piuttosto una lista, sarà divisa in due parti, I migliori album stranieri e poi i migliori album italiani, lasciando alla fine quelli che sono proprio il top delle due categorie.

Parto dall’estero, in un anno che ha visto tante uscite importanti, dai The Smile, spin off dei Radiohead che vede coinvolti Thom Yorke e Jonny Greenwood ai Wilco, passando per l’atteso album dei Fontaines DC e Black Country New Road, con buoni outsider, si fa per dire, quali Big Thief, Angela Olsen. Discorso a parte, ovviamente, per il campione di tutti i record, Bad Bunny, il suo Un verano sin ti a fare miliardi e miliardi di stream. Ecco, nessuno di questi titoli, seppur tutti a loro modo meritevoli, entra in una classifica di ciò che penso meriti sia ricordato del 2022, perché nei fatti gli album che meglio hanno fotografato questo anno di rinascita, di ripartenza, chiamatelo come volete, sono altri. Nello specifico sono tre, il migliore lasciato poi per le conclusioni.
I tre album stranieri che hanno segnato il 2022
Mr Morale and the Big Steppers, l’intimità di Kendrick Lamar
Parto dal lavoro del Premio Pulitzer per la letteratura Kendrick Lamar, che torna sulla scena del crimine, il mercato, con un lavoro quantomai intimo, con tutte le sfumature che la parola intimità può avere per un intellettuale verboso come lui. Il suo Mr Morale and the Big Steppers è un lavoro difficile, che sposta ulteriormente a lato il suo discorso sul rap e più in generale sulla musica contemporanea, una sorta di Libro Rosso di Jung messo giù in rima.
Con The Line is a Curve Kae Tempest fa i conti con se stesso
Non diverso, per come affronta l’intimità e decide di fare pubblicamente i conti con il sé è The Line is a Curve di Kae Tempest, artista inglese che ha deciso di fare coming out, il they di chi si riconosce, certo con tutte le difficoltà e i dolori del caso, ben esternati nelle tracce di questo lavoro, tra i no binary/trans è il pronome scelto dalla poet* e autor* di spoken word. Un lavoro essenziale, non nel senso di spoglio, tutt’altro, quanto che non se ne dovrebbe fare a meno. Due modi, quello di Kendrick Lamar e di Kae Tempest, di fare I conti con se stessi dopo che la storia di questo nostro mondo malandato ci ha messo alle corde.
La catarsi black di Beyoncé
Discorso che deve essersi fatta anche Beyoncé, popstar assoluta che col suo Renaissance, nella cui copertina si mostra come una Lady Godiva a cavallo di un cavallo di luce, decide di traslare in pop quel senso di intimità, rovesciandolo a suon di urban e brani ballabili. Una vera e propria catarsi black messa in atto da colei che, in passato, si è fatta carico di tradurre lo women empowerment a favore delle popolazioni afroamericane, uscite a brandelli dal Covid19.
Il top italiano: tante donne e ritorni
Petali di Simona Molinari, impeccabile ed empatica
E proprio il women empowerment è il punto di partenza per la classifica, che non è una classifica, dei migliori album italiani del 2022. Perché in un anno di delusioni da parte di certi Big, penso a Eros Ramazzotti, a Marco Mengoni, a Elisa, ma anche a tutto quello stuolo di trapper/rapper/chiamateli come volete dai nomi abbastanza impronunciabili, da Ernia a Rhove, passando per Shiva, Rondodasosa, Paky e compagnia (si fa per dire) bella, il meglio è stato tirato fuori da un manipolo di artiste, donne. Penso al ritorno di Simona Molinari, giustamente premiata con la Targa Tenco per il Miglior album da Interprete assegnato al suo Petali, un lavoro che ce la presenta in tutta la sua elegante potenza espressiva, appena distante dal suo amato swing, ma sempre con una capacità di emozionare rimanendo impeccabile ed empatica.
La poetica fluo di Camouflage di Ditonellapiaga
O penso, sempre per rimanere in zona Tenco, a Camouflage di Ditonellapiaga, artista che abbiamo conosciuto a Sanremo, dove ha presentato Chimica al fianco di Donatella Rettore, mangiandosela sul palco, va detto. Un lavoro, Camouflage, di quelli che stupiscono, per come la nostra sia in grado di passare da ritmi forsennati, danzerecci, elettronici, a brani più introspettivi, una poetica fluo che fuoriesce da ogni singola traccia.
Lo sperimentalismo di Stupor by Bebawinigi
E visto che si parla di stupore, lasciatemi tirare per qualche secondo i remi in barca, Stupor di Bebawinigi (Virginia Quaranta) è il disco sul fronte sperimentale, dove la parola sperimentale, ovviamente, vuol dire tutto e niente, che meglio ci indica una strada non convenzionale alla forma canzone. Provate a immaginarvi una artista – se dovessi mai pensare a un paragone, ma se posso evito proprio perché i paragoni in musica sono spesso fuorvianti, penserei a una Diamanda Galas – che sia al tempo stesso gotica e elettronica, teatrale e cantautorale, psichedelica e, perché no, classica, poi smettete di pensarlo a andate a recuperarvi Stupor di Bebawinigi, lì trovate tutto questo e molto di più. E sappiate che queste poche righe sono il corrispettivo di una recensione de L’arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon fatto in una frase, perché i mondi sonori sono, appunto, mondi.
Le perle di Guarda dove vai di Marta Tenaglia
Un lavoro che non è mai uscito dalla mia autoradio, come l’anno scorso era capitato a Bingo di Margherita Vicario e My Mamma de La Rappresentante di Lista (la loro Ciao ciao è stata una delle canzoni più iconiche di questo 2022), che poi la macchina è il posto dove ascolto musica con maggiore piacere, è Guarda dove vai di Marta Tenaglia, cantautrice in chiave electropop milanese che ha pubblicato il suo esordio praticamente perfetto, con dentro perle, perché perle sono, di scrittura quali Ventilatore, Invisibile e Ikea, con Bonsai, Osmanto e Alda Merini Centravanti a fare un ottimo lavoro di centrocampo. Non vedo l’ora di ascoltare il prossimo album, che spero arrivi presto. Menzione d’onore, in campo femminile, anche al secondo lavoro di Emma Nolde, giovanissima cantautrice che stavolta si fa produrre da Motta, dotata di una sua personalità importante, certo non simpaticissima, ma amen.
Occhi puntati sui Coma_Cose
Ben lascia sperare per il prossimo Festival di Sanremo la canzone che proporranno i Coma_Cose, perché se è vero come hanno dichiarato di aver lasciato il brano migliore fuori dal loro Un meraviglioso modo di salvarsi, bè, deve essere proprio bella bella, perché l’album uscito da poco è decisamente molto ma molto interessante. Un lavoro a tema, dove il focus è sull’uscire intatti da una relazione, la loro, e anche da un periodo globalmente non esattamente semplicissimo, pop di altissimi livelli.
Convincono Enrico Ruggeri, l’esordio solista di Manuel Agnelli
Come è di altissimo livello un lavoro come La mia rivoluzione, di Enrico Ruggeri, album che ci presenta il cantautore milanese in grande forma, con dentro canzoni che possono serenamente stare al fianco dei suoi grandi classici. Penso alla canzone che dà il titolo al tutto, certo, ma anche a Vittime e colpevoli e La mia libertà, canzone d’autore con tutte le lettere in caps lock. Spiace quasi dirlo, vista l’antipatia che il personaggio trasuda da qualche tempo a questa parte, ma l’esordio solista, a 56 anni, di Manuel Agnelli, Ama il prossimo tuo come te stesso, è davvero un gioiello, rock di livello, violento, ironico, sarcastico, crudele, con Milano con la peste, dedicata al periodo della pandemia, che da sola meriterebbe il biglietto.
In gran spolvero Verdena, Marlene e i giovanissimi Little Pieces of Marmelade
Un lavoro che ci presenta un artista in splendido spolvero, come del resto si sono dimostrati anche i suoi vecchi compagni di viaggio, penso ai Verdena di Volevo Magia, o ai Marlene Kuntz di Karma clima, o come ai giovanissimi Little Pieces of Marmelade, che lo accompagnano sul palco durante il suo tour, lui che ha per un po’ mandato in soffita gli Afterhours. Il loro primo album in italiano, Ologenesi, prodotto proprio dall’ex giudice di X Factor, è un pugno in faccia ben assestato, e solo Dio sa quanto ci sia bisogno di artisti che non lesinano pugni in faccia in questo periodo di forte apatia.
Angolo trap e rap: Thasup e Fabri Fibra
Siccome però le classifiche sono stradominate da rap, trap e affini, ecco una doppietta di quelle che dovrebbero accontentare I più giovani, d’età o di gusti, Thasup con c@ra++ere s?ec!@le e Caos di Fabri Fibra. Il primo è il secondo lavoro dell’artista un tempo noto col nome di Tha Supreme, giovane produttore e interprete di grande talento, stavolta a flirtare col mondo del pop in buona compagnia di chiunque; il secondo il grande ritorno di colui che ha in qualche modo sdoganato il rap per il mercato e la massa, sempre più immalinconito e quasi disgustato dal trovarsi di passaggio su questo malandato pianeta. A buona ragione dovrei mettere in questa classifica, che volge al termine, anche Fake News dei Pinguini Tattici Nucleari, che con la canzone Ricordi stanno dominando da settimane le classifiche radiofoniche e di vendita. Brano che parla con poesia e delicatezza di Alzheimer, il tutto dopo aver dominato l’estate con Giovani wannabe, la loro Hikikomori, nella quale si parla esplicitamente di Covid19 destinata a entrare nel nostro immaginario, a fronte di Hold on e Cena di classe, c’è da scommetterci, ma questo è un lavoro uscito da poco, troppo poco per finire sul podio.
Qualcuno, immagino, avrà notato l’assenza di colui che, sul fronte delle cosiddette vendite, leggi alla voce streaming, ha dominato incontrastato le classifiche per tutto l’anno, e che a febbraio sarà in riviera al Festival in gara, a riprova che non esistono più i dominatori di classifiche di una volta, quando col cavolo che se vendevi tanto poi andavi in gara al Festival, parlo di Lazza e del suo Sirio, ma qui non si parla di streaming o di effimero successo, ma di album migliori, e Sirio di Lazza, spiace, non rientra affatto in questa lista ristretta, probabilmente non rientrerebbe neanche in una anche molto più lunga.
Il top del top: Xenoverso di Rancore e Motomami di Rosalia
Arriviamo quindi al top del top, straniero e italiano, anzi, italiano e straniero. A insindacabile parere di chi scrive il miglior album italiano del 2022 è Xenoverso di Rancore, concept album che allarga ulteriormente il senso di concept, una sorta di Inception, parlo del film, messo in rima, e che rime. Un capolavoro, usiamo le parole giuste, che non lesina doppi, tripli e a volte anche quadrupli piani di lettura, per quello che è uno dei più grandi intellettuali del nostro Paese, da studiare a scuola e all’università.
Consci che, come per Fake News, anche S.O.S. di SZA sarà lavoro su cui si tornerà a scrivere – perché denso e importante di una delle artiste più interessanti dell’attuale panorama americano, uscito davvero pochi giorni fa, non abbastanza per metterlo sul podio, ma comunque da quelle parti – il miglior album straniero è invece Motomami di Rosalia, sempre a proposito di women empowerment, un lavoro che affronta la musica latina alla maniera della cantautrice spagnola, già a suo tempo al lavoro di destrutturazione e quindi ristrutturazione del flamenco. Un lavoro quindi sulla tradizione che potrebbe serenamente stare al fianco di quello fatto dai postmodernisti sulla letteratura dei classici, con il vantaggio di farci muovere il culo a ritmo di danza, il discorso fatto nei testi sul corpo qualcosa che meriterebbe un discorso a parte. Un altro capolavoro, e due in un anno sono davvero tanta grazia.