Governare la Cina, un Paese esteso quasi 9 milioni 600 mila chilometri quadrati e abitato da oltre 1,4 miliardi di persone, è un’impresa titanica. Lo sa bene il Partito comunista cinese (Pcc), in sella al gigante asiatico dal lontano 1949, che oggi ha partorito un leader, Xi Jinping, fresco di un inedito terzo mandato presidenziale e in procinto di restare al potere finché la salute lo assisterà. Eppure, a differenza di quanto si possa pensare, pur occupando il vertice della piramide politica, non c’è soltanto Xi ad attivare le leve del Dragone. Soprattutto quelle economiche, appena affidate a un rinnovato gruppo istituzionale di quattro altissimi profili istituzionali – un premier, due vice premier e il capo della People’s Bank of China, la banca centrale cinese – e gestite, a livello esecutivo, dai numerosi top manager a capo delle enormi aziende di Stato. Tra lotte intestine, misteriose scomparse e accuse di corruzione, sono loro gli “altri capi” dell’economia cinese. Incaricati di concretizzare i desideri di Xi e mettere in pratica i precetti del Partito.
I capi istituzionali: premier, vice e numero uno della banca centrale
Li Qiang, premier; Ding Xuexiang, vice premier; He Lifeng, vice premier esecutivo; Yi Gang, capo della banca centrale: ecco i quattro attori protagonisti dell’economia cinese approvati, o confermati come nel caso di Yi, durante l’ultimo Congresso del Pcc. La loro nomina è da molti analisti considerata funzionale al tentativo di Xi di rafforzare il controllo del Partito, e quindi della politica, sulle istituzioni economiche della Cina. Dove, ricordiamolo, molti funzionari di formazione occidentale, in passato e a lungo, hanno influenzato il processo decisionale interno. Nessuno dei quattro, tranne Yi Gang, è stato istruito in Occidente o ha particolare esperienza nel trattare con le organizzazioni finanziarie internazionali. Tutti, invece, sono accomunati dall’essere stretti collaboratori del presidente o legati ai suoi fidati aiutanti.

In ogni caso, toccherà a questo gruppo l’onore e l’onere di plasmare la politica cinese nel tentativo di affrontare, con meno ripercussioni possibili, le sfide che minacciano il futuro del Dragone. L’elenco comprende il rallentamento dei consumi, l’aumento della disoccupazione (per lo più giovanile), il raffreddamento del mercato immobiliare, l’indebitamento dei governi locali e, last but not least, il braccio di ferro economico con gli Stati Uniti.
Li Qiang e l’occhiolino a società private e stranieri
Scendendo nei dettagli, in Cina il premier è tradizionalmente responsabile della gestione dell’economia, con vari vice premier a sostenere il suo lavoro. Li Qiang, premier, ha ricevuto una formazione universitaria in meccanizzazione agricola a Ningbo, nella provincia dello Zhejiang, per poi farsi largo nella burocrazia locale. Ha lavorato con Xi, quando l’attuale presidente era a capo del Partito dello Zhejiang e, di pari passo, ha scalato le graduatorie, fino a diventare premier. Da segretario del Pcc di Shanghai ha contribuito a far costruire nella megalopoli una mega fabbrica di Tesla, la prima realizzata dall’azienda di Elon Musk al di fuori degli Usa. Non è da escludere, dunque, che il signor Li possa strizzare l’occhio alle società private e agli investitori stranieri. Con l’aiuto, va da sé, dei vice premier Ding Xuexiang e He Lifeng.

Mr. He e il progetto della “Manhattan della Cina”
Ding, studi in metallurgia, non ha mai guidato una provincia e non ha grande esperienza in economia, si è ritrovato tra le mani la responsabilità della politica fiscale del Paese. Ben diversa la situazione di Mr. He, che dirige la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Cina, ed è responsabile degli affari economici, finanziari e industriali del Paese. Il suo nome potrebbe suggerire la volontà di Pechino di puntare sulle aziende statali. He è noto per aver supervisionato, nel 2008, la costruzione di un maxi progetto di investimento statale a Tianjin, città nella quale stava prestando servizio come alto funzionario. All’epoca definito la “Manhattan della Cina”, il progetto ha lasciato un’amara eredità formata da edifici vuoti, grattacieli deserti ed enormi debiti per le casse del governo locale.

Yi Gang, riformatore schietto e favorevole al mercato
Yi Gang è stato confermato come governatore della banca centrale cinese, responsabile della politica monetaria e della supervisione del sistema finanziario del Paese. Considerato un riformatore schietto e favorevole al mercato, Yi ha conseguito un dottorato in economia negli Stati Uniti e ha insegnato la stessa materia come professore associato presso l’Indiana University-Purdue University Indianapolis, un’istituzione da lui definita una “seconda casa”. Qui ha lavorato per circa otto anni prima di tornare in Cina nel 1994. La banca centrale, sotto Yi, si è astenuta dall’effettuare grandi misure di stimolo e, lo scorso anno, ha mantenuto l’inflazione al consumo solo al 2 per cento.

Le Soe, cioè le aziende di Stato: nel 2021 erano 150 mila
Al terzo livello, sotto Xi Jinping e i quattro profili economici descritti, troviamo un lunghissimo elenco di personaggi, più o meno secondari, incaricati di guidare le aziende di Stato, le cosiddette Soe, State-owned enterprises, ossia imprese a conduzione statale. Per una gran parte dei dipendenti cinesi le Soe rappresentano, ancora oggi, i più grandi datori di lavoro del Paese. Nel 2021 si contavano oltre 150 mila Soe che dominavano l’economia cinese, e 98 risultavano direttamente di proprietà del governo centrale. Un ente governativo chiamato Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà dello Stato (Sasac) è responsabile di tutte queste società, chiamate a effettuare i loro investimenti, tanto in patria quanto all’estero, seguendo i piani operativi prefissati dal Partito. Il governo decide inoltre le nomine dei leader a capo delle Soe, in parte per meriti politici e in parte tenendo conto delle capacità professionali dei selezionati, e le gestisce secondo precise esigenze nazionali, contenute in vari piani operativi, in primis nei piani quinquennali.
Grandi incubatrici di entrate, ma redditività poco proficua
Sebbene le Soe siano grandi incubatrici di entrate, la loro redditività non è molto proficua. Secondo uno studio del think tank Center for Stretegic and International Studies, nel 2020 il margine di profitto medio e il rendimento delle attività delle suddette società cinesi erano rispettivamente del 4,5 per cento e dell’1,9 per cento. Non solo: i colossi di Stato cinesi sono fortemente indebitati. In un altro studio, questa volta condotto da S&P Global, si fa presente come il 90 per cento delle Soe più povere sia bloccato in una trappola del debito e necessiti, presto o tardi, di un intervento esterno. Dulcis in fundo, queste società generano solo il 15 per cento degli utili pur rappresentando il 45 per cento del debito lordo della Cina.
I capi esecutivi: le 10 aziende statali più rilevanti
Quali sono, allora, le 10 aziende statali cinesi più rilevanti (fermo restando che la loro importanza non è necessariamente dettata dai risultati economici conseguiti, bensì dall’importanza politica del settore in cui si trovano a operare)? Al primo posto troviamo State Grid Corporation of China (Sgcc). Istituita nel 2002, completamente controllata dalla Sasac, nel 2021 ha superato i 460 miliardi di dollari di entrate annuali. La sua attività principale consiste nel costruire e gestisce le reti elettriche. Fornisce, di fatto, energia a 1,1 miliardi di persone, coprendo l’88 per cento del territorio cinese. Sgcc, presieduta da Xin Baoan, ha investito e gestito reti energetiche dorsali in nove diverse nazioni e regioni. Tra queste troviamo Brasile, Filippine, Portogallo, Australia, Italia, Grecia, Oman, Cile e Hong Kong.

I colossi di petrolio e gas e quello immobiliare
Al secondo posto c’è la China National Petroleum Corporation (giro annuale di 411 miliardi di dollari), un’azienda energetica governata dai presidenti Dai Houliang e Li Fanrong, che abbraccia svariate attività che vanno dall’esplorazione alla produzione di petrolio e gas, fino alla fornitura di servizi petroliferi, ingegneria petrolifera e sviluppo di nuove energie. Anche questa è controllata dalla Sasac. Seguono Sinopec Group (oltre 400 miliardi), una delle più grandi società di energia e chimica della Cina; China State Construction Engineering (circa 300 miliardi), presieduta dal governatore dello Shandong, Zhou Naixiang, che si concentra invece sullo sviluppo del settore immobiliare tanto che, secondo l’azienda, un cinese su 25 vivrebbe in una casa costruita dalla China State Construction; Sinochem Holdings (oltre 170 miliardi), guidata da Ning Gaoning, è una sussidiaria della Sasac, con 16 rami quotati, tra cui Yangnong Chemical, Pirelli e China Jinmao Holdings Group, e innumerevoli interessi, dal chimico alle attività infrastrutturali e finanziarie.

Il secondo più grande produttore di acciaio al mondo
Poi ecco China Baowu Steel Group Corporation Ltd (oltre 150 miliardi), il re dell’acciaio gestita da Xu Lejiang, il secondo più grande produttore di acciaio al mondo, con una capacità di produzione annua di acciaio grezzo di circa 100 milioni di tonnellate, nonché il più grande produttore cinese di lamiera per auto e acciaio al silicio, con una quota di mercato rispettivamente dell’80 e del 60 per cento; China Life Insurance Company (145 miliardi circa), con Dairen Lin nelle vesti di Ceo e Yang Mingsheng come presidente, è la più grande compagnia di assicurazioni della Cina, che fornisce vari prodotti assicurativi come assicurazione sulla vita, infortuni e salute; China Railway Engineering Corporation (intorno ai 140 miliardi), controllata da Li Changjin, è incaricata di costruire infrastrutture di ogni tipo.
La società che fornisce servizi di comunicazione e informazione
China Mobile Communications (112 miliardi), con Wang Jianzhou ceo e presidente, è una società statale che fornisce servizi di comunicazione e informazione in tutte le 31 province cinesi, aree autonome e municipalità governate direttamente, nonché a Hong Kong; e China Minmetals Corporation (intorno ai 100 miliardi), di proprietà di Sasac e presieduta da He Wenbo, operativa nell’estrazione e nella lavorazione di prodotti in metallo. La lista potrebbe continuare quasi all’infinito, citando altri campioni nazionali cinesi come Huawei, Byd, Jd e tante altre realtà. In ogni caso, questi sono i manager sopra le cui teste pende la spada di Damocle di Xi. Tutti uniti per la Cina. O così spera il Partito.