La Cina continua le sue provocazioni militari nei confronti di Taiwan, l’Isola non ci sta e risponde, almeno a parole. Tsai Ing-wen, presidente della Provincia ribelle (come Pechino chiama Taipei), ha pubblicato un commento sulla rivista Foreign Affairs in cui ha denunciato le eventuali «conseguenze catastrofiche» in caso di espansione militare della Cina. Il tutto mentre l’Esercito della Repubblica popolare, nei primi giorni di ottobre, ha inviato quasi 150 aerei nella zona di difesa aerea di Taiwan. Una «dimostrazione di forza», per i media cinesi. Un atto di intimidazione e aggressione per i governi occidentali e per quello dell’Isola. Che, nelle parole del suo ministro della Difesa Chiu Kuo-cheng, potrebbe addirittura sfociare in un’invasione militare dell’isola entro il 2025: «Per quell’anno Pechino sarà perfettamente in grado di sostenere un’intervento militare, riducendo al minimo i costi. Adesso ci sono troppe cose in ballo per pensare a una guerra», ha detto al quotidiano taiwanese China Times.
Gli Usa non intendono modificare il Taiwan agreement
Le parole di Chiu arrivano anche in un momento in cui gli Stati Uniti, tra i principali partner di Taipei, hanno confermato di non voler modificare il Taiwan agreement, uno dei punti chiave delle relazioni tra Usa e Cina: da un lato, Washington riconosce solamente il governo di Pechino, dall’altro intrattiene forti relazioni non ufficiali con l’Isola. «Ho parlato recentemente con Xi Jinping», ha detto il presidente americano Joe Biden, «e siamo d’accordo: noi ci atterremo al Taiwan agreement, e crediamo che loro non debbano fare altro, se non rispettare quel patto».
La presidente di Taiwan: «Faremo di tutto per difenderci»
«Se la nostra democrazia e il nostro stile di vita saranno minacciati, faremo di tutto per difenderci», ha scritto Tsai Ing-wen, esortando anche le altre nazioni a «comprendere il valore di Taiwan: se dovesse cadere, le conseguenze sulla pace regionale e sul sistema di alleanze democratiche sarebbero catastrofiche. Non solo per i taiwanesi, ma perché rovescerebbe un sistema di sicurezza che ha garantito la pace e uno straordinario sviluppo economico nella regione per 70 anni». Pechino rivendica Taiwan come una sua provincia, e si è impegnata a riprenderla anche con la forza, se necessario. Nel corso delle celebrazioni per i 100 anni del Partito comunista cinese, il leader Xi Jinping aveva espressamente dichiarato di voler «intraprendere azioni risolute per sconfiggere del tutto qualsiasi tentativo di indipendenza di Taiwan».
We believe that the Taiwanese people should decide #Taiwan's future. Taiwan stands united in our commitment to the values of democracy & freedom. And we will do whatever it takes to defend our values & our way of life.
My article in @ForeignAffairs: https://t.co/6XxOblPB1D— 蔡英文 Tsai Ing-wen (@iingwen) October 5, 2021
Pochi Paesi riconoscono formalmente l’indipendenza di Taiwan, circostanza che ha costretto l’Isola a stringere una serie di partnership e accordi non ufficiali, collaborando con le organizzazioni internazionali come parte “non statale”, e diventando anche uno snodo fondamentale negli scambi commerciali «dal Borneo al Giappone», come ha sottolineato Tsai.
Cina-Taiwan, le reazioni delle altre potenze
I dubbi sull’imminenza di un attacco nei confronti di Taiwan rimangono, ma l’escalation di questa settimana (unita ai voli quasi quotidiani di aerei cinesi sull’isola) ha allarmato gli osservatori e suscitato preoccupazione in vari Paesi. Il ministro degli Esteri del Giappone, ad esempio, ha detto che Tokyo si sta preparando a qualsiasi evenienza, mentre Usa e Australia (che col Regno Unito hanno di recente firmato un accordo di difesa nell’Indo-Pacifico proprio per contrastare l’espansionismo militare cinese) hanno esortato Pechino a cessare le minacce. Nel frattempo, un gruppo di senatori francesi visiterà Taiwan in settimana: l’Isola pensa di poter evitare un attacco cinese attraverso i forti legami con i Paesi occidentali e investendo molto nella difesa, per esempio acquistando armi e sistemi di difesa dagli Stati Uniti. «Queste iniziative servono a massimizzare l’autosufficienza di Taiwan, ma anche a non dare per scontato il sostegno dei nostri partner nelle questioni relative alla sicurezza. Dal canto nostro, saremo sempre impegnati a prevenire i conflitti armati nella Cina orientale e nel Mar Cinese Meridionali, nonché nello Stretto di Taiwan», conclude Tsai.