Centinaia di studenti dell’università Tsinghua di Pechino hanno partecipato oggi a una protesta contro le restrizioni anti-Covid imposte dal governo, come mostrano alcuni video diffusi sui social media. E anche a Shanghai centinaia di persone hanno manifestato nel centro della città, dove le proteste erano già scoppiate nella notte.

Nella Repubblica Popolare sta crescendo il malcontento contro le rigide misure imposte dal governo, quando si avvicinano i tre anni dallo scoppio della pandemia di Coronavirus: nei giorni scorsi si sono verificate proteste a Urumqi e nell’immenso stabilimento Foxconn di Zhengzhou. E altre rivolte popolari sono state registrate in grandi cità come Guangzhou ,Wuhan. Chengdu e Lanzhou.
The Xi’an Academy of Fine Arts in Beijing sang the national anthem in order to overthrow the Communist Party!#Beijing #BeijingUnrest #China #ChinaUprisingThread pic.twitter.com/2CwfhGqXPo
— 247ChinaNews (@247ChinaNews) November 27, 2022
Le proteste per la libertà e contro Xi Jinping
«Alle 11:30 gli studenti hanno iniziato a mostrare dei cartelli all’ingresso della mensa, poi si sono aggiunte sempre più persone. Abbiamo cantato l’inno nazionale e l’Internazionale e abbiamo gridato “La libertà prevarrà”», ha raccontato uno studente di Pechino. Sia nella capitale cinese che a Shanghai i manifestanti sono scesi in piazza sollevando fogli di carta e fiori bianchi, simboli della protesta contro la censura.
Protests in Shanghai again today!!!
People have gathered again on Urumqi Road in Shanghai, chanting:
“Xi Jinping resigns. ”
The police arrested persons.#UrumqiRoadShanghai #Shanghai #China #ChinaUprisingThread pic.twitter.com/832O9Yrsat— 247ChinaNews (@247ChinaNews) November 27, 2022
A Pechino sono apparsi striscioni di protesta, poi rimossi. Uno recitava: «Non vogliamo fare test per il Covid, vogliamo mangiare. Non vogliamo essere controllati, vogliamo la libertà. Non vogliamo bugie, vogliamo dignità. Non vogliamo la Rivoluzione Culturale, vogliamo riforme. Non vogliamo un leader, vogliamo votare. Non siamo schiavi, siamo cittadini». L’altro diceva: «Scioperate tutti, rimuoviamo Xi Jinping».

La rabbia degli abitanti di Urumqi e degli operai di Zhengzhou
La morte di 44 persone avvenuta a causa di un incendio a Urumqi, nella regione dello Xinjiang, ha scatenato un’ondata di rabbia per la politica della tolleranza zero contro il Coronavirus: le porte del condominio dove si sono propagate le fiamme erano chiuse dall’esterno e, inoltre, il palazzo era circondato da barriere di contenimento che non hanno permesso al camion dei vigili del fuoco di avvicinarsi all’edificio, impedendo di irrorare acqua in modo efficace.
Restrizioni anti-Covid e stipendi non pagati alla base delle proteste dei dipendenti dello stabilimento Foxconn di Zhengzhou, che si sono verificate nei giorni scorsi. I lavoratori della fabbrica, dove viene assemblato l’80 per cento degli smartphone Apple, si sono raggruppati all’esterno dell’immenso stabilimento (300 mila i dipendenti), dove hanno fronteggiato poliziotti in assetto antisommossa e funzionari con tute ignifughe.