Miliardi di tonnellate di cemento e acciaio utilizzate, investimenti a pioggia, brevissimi tempi di realizzazione. A dirigere il tutto, da dietro le quinte, un governo che non ammette ritardi e che misura ogni progetto in termini di efficacia, efficienza e valore strategico. Benvenuti nella Cina del XXI secolo, un Paese lontano anni luce dalla nazione sottosviluppata, uscita con le ossa rotte dal secolo delle umiliazioni (1839-1949) e dalla parentesi maoista. Dal 1978, anno delle prime riforme economiche varate dal Partito Comunista, a oggi, il Dragone ha cambiato faccia almeno due volte. Archiviata l’era della Cina come “fabbrica del mondo”, dove produrre beni e prodotti di consumo a basso costo, è arrivata la Cina regina delle infrastrutture.
La Cina spende l’8 per cento del Pil in infrastrutture, contro il 2,4 per cento Usa
È proprio puntando sulle costruzioni – sia in patria che all’estero – di strade, ponti, ferrovie e aeroporti che il gigante asiatico è riuscito a gettare le fondamenta per la sua impressionante ascesa economica. Basta leggere un paio di numeri per capire che Pechino ha fatto – e continua a fare – sul serio. La Cina, per esempio, spende tre volte di più degli Usa nelle infrastrutture. Il Council on Foreign Relations ha indicato che la spesa di Washington si attesta intorno al 2,4 per cento del Pil, a fronte dell’8 per cento cinese. Tra il 2011 e il 2014 i cinesi hanno utilizzato più cemento rispetto a quanto utilizzato da Washington nel corso dell’intero XX secolo. I dati dell’US Geological Survey confermano il ritmo folle di Pechino che ha prodotto oltre 2,2 gigatonnellate di cemento all’anno, in tre anni, rispetto alle 4,5 gigatonnellate statunitensi nei 100 anni fino al 2000. E ancora: oltre la Muraglia sono stati realizzati almeno un milione di ponti, la maggior parte dei quali tra i più alti del mondo, come il ponte Pingtang – in cemento – situato nella provincia di Guizhou, che si estende per oltre 2 chilometri tra due lati di un canyon (valore dell’opera: 215 milioni di dollari) o quello sul fiume Hutong Yangtze – in acciaio – lungo quasi 11 chilometri – 11 volte il ponte di Sydney – che serve una ferrovia e un’autostrada per collegare Shanghai con la limitrofa provincia dello Jiangsu. In totale, nell’estate del 2022, la Cina ha pompato 1 trilione di dollari di fondi governativi nella costruzione di grandi opere.

Soft power, diplomazia e ritorno economico: il ruolo delle infrastrutture
Ma per quale motivo Pechino è ossessionata con la costruzione delle infrastrutture? Per due ragioni. Dal punto di vista interno, perché ha capito che soltanto azzerando le distanze al suo interno avrebbe potuto diffondere anche nelle province più sperdute il miracolo economico nato lungo le coste orientali. Sul fronte esterno, invece, la costruzione delle infrastrutture consente alla leadership cinese, da un lato, di instaurare legami diplomatici, e dall’altro di ottenere ritorni economici, considerando che le opere sono realizzate da grandi conglomerati statali. C’è poi un terzo punto da non sottovalutare: strada dopo strada, sul lungo periodo la Cina spera di plasmare un nuovo ordine globale favorevole ai suoi interessi e soppiantando l’attuale architettura considerata eccessivamente “a trazione occidentale”. Una missione possibile visto che alla Cina la materia prima non manca: produce più della metà dell’acciaio mondiale, 1 bilione di tonnellate, e oltre 2 miliardi di tonnellate di cemento, anche in questo caso una cifra superiore alla metà mondiale.
LEGGI ANCHE: L’asse tra Cina e Russia, la spartizione dell’Africa e il ruolo dello yuan
Le maxi opere che hanno trasformato la Cina
Uno sforzo dimostrato dall’immensa rete ferroviaria interna ad alta velocità. Un anno fa questo reticolato misurava oltre 37.900 chilometri (a conti fatti, potrebbe collegare New York e Los Angeles più di otto volte), anche se, da qui al 2025, Pechino intende incrementarlo del 30 per cento. Nuove linee hanno preso forma in occasione degli ultimi Giochi Olimpici Invernali, al di fuori di Pechino e persino in Tibet, l’ultima regione cinese a ospitare la ferrovia ad alta velocità dall’inizio della costruzione nel 2004. Nel 2019, meno di un decennio dopo che la Cina aveva ampliato il suo aeroporto principale, ha inaugurato l’aeroporto internazionale Daxing di Pechino a forma di stella marina, un’opera dal valore di 17,5 miliardi di dollari e realizzata dall’architetta Zaha Hadid. Quando i funzionari di Shanghai, nel 1991, invitarono gli urbanisti della Banca Mondiale a considerare la fattibilità di una metropolitana, gli esperti espressero diversi dubbi, considerando che la città si trova nel bacino del fiume Yangtze e che sarebbe stato necessario far passare una o più linee attraverso le acque locali. Proposero quindi di puntare sugli autobus, ma le autorità locali decisero di andare avanti per la loro strada. Tre decenni dopo, ha ricordato il Wall Street Journal, la metropolitana di Shanghai è una delle più lunghe e trafficate del mondo e trasporta più di 10 milioni di passeggeri al giorno. Dozzine di città cinesi hanno seguito l’esempio. . I deserti nel nord della Cina sono destinati a ospitare un accumulo senza pari di energia rinnovabile. Negli ultimi mesi è infatti iniziata la costruzione di “basi” di energia eolica e solare, che entro il 2030 conterranno circa la stessa capacità presente in tutta Europa. Il meccanismo messo a punto da Pechino, che ha raggiunto l’apice con la promozione della Belt and Road Initiative (il maxi piano infrastrutturale lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 per connettere la Repubblica Popolare Cinese al resto del mondo a suon di strade, ponti, porti e ferrovie), continuerà a funzionare fino a quando ci saranno progetti di qualità sui quali lavorare e, soprattutto finanziamenti sufficienti. Nessuno dei due, al momento, manca all’appello. E se anche dovessero esserci problemi per i secondi, ecco che la Cina bypasserebbe l’ostacolo concentrandosi sulla realizzazione di infrastrutture all’estero.

I progetti all’estero: dai Balcani all’America Latina e all’Africa
È impossibile elencare tutti i cantieri e i progetti esteri del Dragone. Detto questo, in Europa, ad esempio, si segnala l‘autostrada E-763 che collega Belgrado al Montenegro, costruita dalla China Communications Construction Company (Cccc). Sempre nei Balcani, c’è la ferrovia che collega Belgrado e Budapest, mentre lo stesso Montenegro ha firmato un contratto con il colosso cinese delle costruzioni Shandong International Economic & Technical Cooperation Group per la realizzazione di una nuova autostrada che collegherà Budva e Tivat. Secondo il portale Balkan Insight, l’autostrada, lunga 16 chilometri, costerà 53 milioni di euro e sarà completata in due anni. In America Latina spicca la metro di Bogotà, in Colombia. Il progetto della linea 1 della metropolitana ha una lunghezza totale di 23,96 chilometri e un valore contrattuale totale di 5,016 miliardi di dollari. È di gran lunga il più grande progetto di transito ferroviario in America Latina ottenuto da una società cinese attraverso una gara internazionale. Nel Sud-est asiatico troviamo, tra i progetti più recenti, la ferrovia che collega Cina e Laos, mentre in Africa Pechino sta cercando di collegare le due coste del Continente. Tra le costruzioni più importanti la linea ferroviaria che collega il porto di Gibuti ad Addis Abeba, in Etiopia, la Lobito-Luau, in Angola, e la linea Kano Abuja in Nigeria.
LEGGI ANCHE: Italia-Cina, i dossier caldi su porti, infrastrutture e sospetti di spionaggio