In vista dei Giochi Olimpici Invernali, che si terranno a Pechino dal 4 al 20 febbraio, la Cina chiede aiuto a un esercito di influencer occidentali. Per tutta la durata dell’evento, centinaia di migliaia di content creator americani dovranno occuparsi di proporre un’immagine virtuosa della nazione negli USA attraverso storie e messaggi positivi pubblicati su Instagram, TikTok e Twitch. Una strategia che, a detta di molti, non sarebbe altro che uno stratagemma utile a ripulire la reputazione dopo i boicottaggi diplomatici di Giappone, Stati Uniti, Australia, Canada e Regno Unito. Realtà che hanno annunciato l’intenzione di non inviare funzionari ministeriali alla manifestazione sportiva per lanciare un messaggio contro le gravi violazioni dei diritti umani di cui è accusato il Paese di Xi Jinping.
Un team di web star guidate dal giornalista Vipinder Jaswal
Come riportato dal Guardian, a capo della squadra che si occuperà di rendere virale una narrazione della Cina senza sbavature, ci sarà l’americano Vipinder Jaswal, contributor di Newsweek ed ex dirigente di Fox News ed HSBC, che, a novembre, mentre il presidente Joe Biden rifletteva sull’opzione della diserzione, ha messo la firma su un contratto da 300mila dollari con il consolato cinese a New York per «preparare e dare avvio a una campagna di promozione social di Olimpiadi e Paralimpiadi invernali negli Stati Uniti». L’accordo, registrato al Dipartimento di Giustizia americano, prevede un piano d’azione dettagliatissimo: nel periodo compreso tra il 22 novembre e il 13 marzo, data in cui si concluderanno i giochi paralimpici, ogni influencer avrà il compito di produrre da 3 a 5 contenuti di spessore in linea con i gusti e con le esigenze del target di pubblico a cui intende rivolgersi.
NEW: China's govt hired a firm to recruit social media influencers in a new digital propaganda campaign targeting the U.S. amid controversy over diplomatic boycotts of the 2022 Beijing Olympics & censorship of Chinese tennis star Peng Shuai's disappearance https://t.co/TPJT0GHpwq pic.twitter.com/ttRGcN4r0J
— Anna Massoglia (@annalecta) December 13, 2021
Raccontare il passato e il presente della Cina
Ovviamente, anche per i temi da trattare ci sono requisiti da rispettare: il 70 per cento dei post dovrà essere dedicato alla cultura nazionale, spaziando dalla storia della capitale cinese ad aneddoti interessanti sul passato del popolo, fino ad arrivare a curiosità sul presente della città e del Paese e sui nuovi trend in voga. Ma non è tutto. Ci sarà spazio anche per un discorso più politico: il 20 per cento delle pubblicazioni, infatti, dovrà esaltare e mettere in evidenza «lo spirito di cooperazione e qualsiasi elemento degno di nota delle relazioni sociopolitiche tra Cina e America», spingendo soprattutto sugli scenari favorevoli di compromessi e intese. Regole precise e abbastanza stringenti che, tuttavia, non hanno scoraggiato gli aspiranti influencer, che hanno riempito la casella mail di Jaswal di proposte e pitch con la promessa di contribuire a raggiungere il traguardo fissato dai vertici: un engagement di oltre 3 milioni di interazioni su canali e piattaforme utilizzate, prevalentemente, dalle giovani generazioni.

Tra polemiche e tentativi di difesa
La scelta di Jaswal di prendere parte al progetto lo ha trascinato al centro delle polemiche. Dalla notizia della chiusura del contratto (a cui, subito dopo, è seguito un anticipo di 210 mila dollari sul suo conto), arrivata in un periodo di forti tensioni tra i due Stati, il giornalista è finito immediatamente sotto accusa e numerose sono state le voci della politica che si sono rivolte a Newsweek con la richiesta di prendere una posizione decisa nei confronti del suo collaboratore. Tra questi, il più agguerrito è stato il senatore repubblicano Rick Scott che, in una lettera inviata il 3 gennaio, ha invitato la testata «a riconsiderare seriamente il suo rapporto con il reporter». Il diretto interessato ha cercato di difendere la sua scelta in un’intervista a The Observer, spiegandone le ragioni e bocciando sonoramente l’atteggiamento tranchant adottato da autorità e concittadini: «Sono ben informato sulle controversie che riguardano le politiche cinesi in Xinjiang e a Hong Kong ma quello che sono stato chiamato a fare è semplicemente mettere in evidenza l’integrità e il valore di una manifestazione come quella olimpica», ha spiegato, «I boicottaggi non aiutano la comprensione reciproca. Non supporto scelte del genere: sono inefficaci, irrilevanti e non portano da nessuna parte».

L’ennesimo tentativo della Cina di promuoversi in Occidente
L’iniziativa, ovviamente, non è una novità. Da più di un decennio, infatti, la Cina si impegna a rendere capillare la propria presenza in territorio americano attraverso partnership con i media e sponsorizzazioni con brand di spicco. Solo per gli imminenti giochi, ad esempio, vanta nella sua rosa di partner commerciali nomi come Coca Cola, Procter & Gamble, Airbnb, Intel e Visa, oltre a compagnie internazionali come la giapponese Toyota e la tedesca Allianz. Business finiti nel mirino delle non profit e delle ong, che li hanno accusati di non approfittare come dovrebbero dell’opportunità ricevuta per mettere pressione su Pechino e costringere i governanti a chiarire la loro posizione in merito alle accuse ricevute. «Secondo i principi guida fissati dalle Nazioni Unite, le aziende hanno la responsabilità di identificare e arginare potenziali rischi per la tutela dei diritti umani», ha spiegato al Guardian Wang Yaqiu, ricercatore di Human Rights Watch, «Aiutare l’esecutivo di Xi Jinping a riabilitarsi rischia di renderli complici degli abusi».