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La mappa economica della nuova Cina di Xi Jinping

Incremento dei consumi. Autosufficienza tecnologica e sicurezza energetica puntando sul carbone. Spese militari ma anche turismo e conversione dell’industria pesante. Gli obiettivi economici delle 31 province cinesi disegnano la mappa del Dragone sotto il terzo mandato di Xi Jinping.

6 Marzo 2023 13:59 Federico Giuliani
La mappa economica della nuova Cina

Il consolidamento di Hainan come meta turistica, ma anche come paradiso cinese dei consumi e degli investimenti. L’espansione dell’agricoltura nello Xinjiang. E ancora: l’ulteriore apertura del Tibet ai viaggiatori desiderosi di respirare l’aria dell’Himalaya e la spinta per accelerare lo sviluppo della Greater Bay Area, la cosiddetta Silicon Valley cinese. Questi sono soltanto alcuni degli obiettivi fissati nero su bianco dalle 31 province della Cina, comprese municipalità e regioni autonome, relativi alla crescita dei rispettivi Pil locali nel corso del 2023.

La mappa economica della nuova Cina

Certo, gli indicatori principali per capire qual è lo stato di salute del gigante asiatico restano i dati diffusi a livello nazionale, in fase di elaborazione proprio in questi giorni, in concomitanza con lo svolgimento delle Due Sessioni, le riunioni parlamentari avviate domenica 5 marzo. È tuttavia fondamentale monitorare anche la situazione locale delle singole province, e questo per comprendere quali saranno le aree che attireranno maggiori investimenti, quali settori saranno trainanti e, infine, quali progetti ha in serbo il Partito Comunista. Incrociando il Pil messo in cantiere da ciascuna amministrazione locale, per la messa in atto dei più svariati progetti in linea con i piani di Pechino, con la traiettoria economica nazionale, è possibile ricostruire la mappa economica della nuova Cina. Analizzando il percorso tratteggiato dal premier uscente Li Keqiang in occasione dell’apertura dei lavori del Congresso nazionale del Popolo, e soppesando i traguardi delineati dalle varie province, è possibile disegnare il futuro assetto economico del Dragone, i suoi punti di forza e agli eventuali talloni di Achille.

La mappa economica della nuova Cina
Xi Jinping e Li Keqiang (Getty Images).

Ripresa dei consumi, spese militari e più carbone per il fabbisogno energetico

Dal Work Report commentato da Li Keqiang di fronte a migliaia di delegati riuniti nella Grande Sala del Popolo di Pechino esce l’immagine di una Cina prudente. Innanzitutto, nel 2023, le autorità si attendono una crescita del Pil pari a circa il 5 per cento; come un anno fa, anche se nel 2022 il 5 per cento iniziale si è poi ridotto al 3, il secondo livello più debole almeno dagli Anni 70. «Dovremmo dare la priorità alla ripresa e all’espansione dei consumi», ha spiegato Li in un discorso dedicato ai piani del governo per rilanciare la balbuziente economia nazionale, facendo capire che Pechino farà leva sulla domanda interna, aumentando i redditi delle famiglie. Non sono però stati forniti dettagli su come raggiungere l’obiettivo. Separatamente, il ministero delle Finanze ha annunciato un aumento del budget militare del 7,2 per cento, pari a 1,55 trilioni di yuan (224 miliardi di dollari). Si tratta del 29esimo aumento annuale consecutivo, che fa della spesa bellica cinese la seconda più alta al mondo dopo quella degli Stati Uniti (per lo Stockholm International Peace Research Institute i valori registrati dai due Paesi rappresentano la metà delle spese militari globali). In ultima battuta, l’amministrazione centrale incrementerà gli sforzi per sostenere il debito degli enti locali, mentre la Commissione per le Riforme ha fatto presente che la Cina dovrà utilizzare più carbone per alimentare il fabbisogno energetico; una fame di energia, per inciso, in crescita dopo l’inasprirsi delle tensioni internazionali e della guerra in Ucraina. Va poi ricordato che Pechino aveva stabilito di raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030 e la neutralità entro il 2060.

La mappa economica della nuova Cina
Il centro economico di Pechino (Getty Images).

La Cina mira all’autosufficienza tecnologica

Ci sono altri due punti chiave nel discorso di Li Keqiang. Il primo riguarda la necessità, sottolineata dal premier, di «rafforzare la forza e l’autosufficienza cinese nella scienza e nella tecnologia». Si tratta di settori altamente strategici, e nei quali gli sforzi di Pechino – per creare campioni globali nel campo delle auto elettriche, dell’energia pulita, delle telecomunicazioni e in altri ancora – hanno incrinato i rapporti con gli Stati Uniti. Il secondo punto, in parte anticipato, affronta invece il tema del completo rilancio del potenziale di consumo. Una criticità, per altro, già evidenziata da Xi Jinping in un intervento del mese scorso. A proposito di Xi, da quando è salito al potere nel 2012, ha promosso un ruolo ancora più centrale per il Partito. Anzi: ha chiesto espressamente al Partito di tornare alla sua «missione originaria» di leader economico, sociale e culturale della Cina, nonché di portare avanti il «ringiovanimento della grande nazione cinese». Detto altrimenti, il Partito Comunista dovrà indicare la strada da seguire; allo stesso tempo le varie amministrazioni locali dovranno adattarsi alle esigenze richieste dall’alto sulla base dei rispettivi punti di forza.

La mappa economica della nuova Cina
La Grande sala del Popolo (Getty Images).

Hainan traino del turismo

Le province cinesi con gli incrementi annuali del Pil più elevati del 2022 sono state quelle del Fujian e dello Jiangxi, entrambe cresciute del 4,7 per cento, fino a raggiungere rispettivamente un Pil locale di 778,1 miliardi e 475,8 miliardi di dollari. Due province hanno invece registrato una contrazione: Jilin e Shanghai, e cioè le più colpite dalle restrizioni anti Covid. Il Prodotto interno lordo di Jilin è diminuito dell’1,9 per cento su base annua, mentre quello di Shanghai dello 0,2. Nessuna provincia ha superato l’obiettivo di crescita del Pil nazionale fissato a «circa il 5,5 per cento». Per quanto riguarda il 2023, la maggior parte delle province ha fissato i propri obiettivi di crescita a un livello superiore del 5. Le uniche eccezioni degne di nota sono Pechino e Tianjin, ferme a «oltre il 4,5 per cento» e «circa il 4 per cento». Il traguardo più ambizioso è stato fissato da Hainan, che mira a raggiungere una crescita annuale di circa il 9,5 per cento. Tantissimo, considerando che nel 2022 l’isola, fortemente dipendente dal turismo, era cresciuta di appena lo 0,2.

La mappa economica della nuova Cina
L’intervento di Li Keqiang in tv (Getty Images).

La sfida della Rust Belt cinese 

Ci sono però tre particolari tendenze da menzionare. Lo Xinjiang, che si è posto uno degli obiettivi di crescita del Pil più alti (circa il 7 per cento), dedicherà la massima priorità a investimenti capaci di proteggere la sicurezza energetica nazionale. Nel sud della Cina, invece, il “peso massimo” del Guangdong punta a una crescita del Pil compresa tra il 5 e il 6 per cento. La riuscita di questo obiettivo è particolarmente decisiva per Pechino, visto che qui la Greater Bay Area – un’immensa area formata da nove città e due regioni – è stata concepita per diventare una zona economica integrata, con un ruolo di primo piano a livello globale, entro il 2035. Infine, nel nord del Paese, nei pressi della Rust Belt cinese, le province faranno di tutto per convertire le industrie pesanti in nuove attività a ridotto impatto inquinante, puntare sulle nuove tecnologie e rilanciare, laddove possibile, il settore manifatturiero. Scendendo nei dettagli, la provincia di Heilongjiang punta aduna crescita del Pil di circa il 6 per cento, mentre quelle di Liaoning e Jilin guardano ad una forbice compresa tra il 5 e il 6 per cento. La nuova Cina sta scaldando i motori.

 

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