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Cina, le mosse della diplomazia del Dragone

La nomina di Qin Gang, ex diplomatico in Usa, a ministro degli Esteri. L’arrivo in Italia dell’ambasciatore Jia Guide con il compito di ammorbidire Meloni sulla via della Seta. E il controllo di molte agenzie Onu, su tutte la Fao, attenzionata dall’Occidente. Così Pechino stende la sua sfera di influenza per cambiare gli equilibri geopolitici intermazionali.

14 Gennaio 2023 18:07 Federico Giuliani
Cina, le mosse della diplomazia del Dragone

La nomina del nuovo ministro degli Esteri cinese Qin Gang e di Jia Guide nuovo ambasciatore in Italia. E, infine, il consolidamento a livello internazionale della presenza dei rappresentanti all’interno delle agenzie delle Nazioni Unite. Unendo i punti prende forma la ragnatela diplomatica che sta tessendo la Cina per modificare lo status quo geopolitico mondiale, considerato da Pechino a trazione occidentale e perciò da smantellare tassello dopo tassello. È questa la cosiddetta “diplomazia ombra” del Dragone, un’etichetta che ben descrive il modus operandi del gigante asiatico. Che procede sotto traccia, in silenzio, un passo alla volta e senza destare clamore.

Il nuovo ministro degli Esteri e le relazioni con gli Usa

Il segnale più evidente del fatto che la Cina sia intenzionata a ristrutturare le relazioni internazionali arriva dalla nomina di Qin Gang. Basta dare un’occhiata al suo cv: già portavoce e direttore del dipartimento Informazioni del ministero degli Esteri, viceministro e ambasciatore cinese negli Stati Uniti. «La diplomazia è un lavoro complesso e sistematico. Può essere difficile se fatto con una certa morbidezza, o facile se fatto con una certa durezza. Può anche essere entrambi», dichiarò nel corso di un’intervista nel 2013. L’ultima carica ricoperta da Qin, massimo diplomatico di Pechino a Washington, gli ha permesso di viaggiare in lungo e in largo negli Usa. «La porta delle relazioni Cina-Usa non può essere chiusa», ha più volte ripetuto in tono conciliante. Eppure, non bisogna dimenticare che il 56enne è un fedelissimo del presidente cinese Xi Jinping. Nel ricalibrare il rapporto con gli Stati Uniti, il nuovo ministro saprà dunque utilizzare la carota ma anche il bastone. Quando tra il 2005 e il 2010 era portavoce del dipartimento Informazioni le sue risposte aggressive alla stampa alimentarono la retorica della “diplomazia cinese del lupo guerriero”, una definizione coniata per descrivere il tono diplomatico conflittuale e combattivo adottato dai funzionari cinesi per respingere qualsiasi critica mossa da media o governi stranieri contro il loro Paese. Emblematico un botta e risposta del 2008 tra Qin Gang e un giornalista. Interrogato sull’album Chinese Democracy dei Guns N’ Roses, che i media statali cinesi definirono un «attacco velenoso» alla nazione, Qin rimproverò il suo interlocutore: «A molte persone non piace questo tipo di musica perché è troppo rauca e rumorosa. Immagino che tu sia un adulto maturo, vero?». L’Università di relazioni internazionali di Pechino lo ha elogiato per questa sua capacità di gestire le domande scomode e per «non aver mai tergiversato». «Non ha mai aggirato una domanda e il suo atteggiamento è chiaro e schietto», ha scritto l’università sul suo sito web nel 2018, quando Qin è stato promosso a vice ministro degli Esteri.

Cina, le mosse della diplomazia del Dragone
Il ministro degli Esteri cinese Qin Gang (Getty Images).

La sfida italiana per la Bri

La diplomazia del bastone e della carota sarà presumibilmente adottata dai diplomatici di Pechino anche in Italia, dove Jia Guide è pronto a diventare il nuovo ambasciatore. Nell’arena italiana, la Cina deve fare in modo che il governo Meloni eviti di non rinnovare il Memorandum of Understanding sulla Via della Seta. L’Italia è l’unico Paese del G7 ad aver stipulato con il Dragone un accordo del genere. Se niente dovesse cambiare, il suddetto MoU si rinnoverà automaticamente nel marzo 2024. Ebbene, Jia ha teoricamente le capacità diplomatiche per convincere l’Italia a non abbandonare il progetto della Belt and Road Initiative. Tra il 2015 e il 2019 è stato ambasciatore cinese in Perù e, proprio quando prestava servizio a Lima, il governo aderì alla BRI nonostante lo scetticismo iniziale di una parte dell’opinione pubblica. Il background di Jie Guide è di tutto rispetto. Entrato in diplomazia negli Anni 90, ha alternato vari incarichi al ministero degli Esteri – nel dipartimento giuridico e dei trattati – ed esperienze all’estero, come in Giamaica, a Vienna presso le Nazioni Unite e nel già citato Perù. Prima di approdare in Italia era direttore, a Pechino, del dipartimento di questioni legali riguardanti gli affari esteri e il diritto internazionale.

Cina, le mosse della diplomazia del Dragone
L’ambasciatore cinese in Italia Jia Guide.

Le mani di Pechino sulle agenzie ONU

Vale infine la pena accendere i riflettori sulla partita diplomatica che sta portando avanti la Cina presso l’Onu. Nel 2020, era a capo di quattro delle 15 principali agenzie specializzate e aveva delegati in altre nove. Soltanto due anni fa, Pechino “guidava” con i suoi rappresentanti la FAO, con Qu Dongyu, l’Organizzazione per lo sviluppo industriale (Unido, fino al 2021 con Li Yong), l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU, con Houlin Zhao) e l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO, con Fang Liu). Oggi ha perso solo il controllo dell’Unido al cui vertice è andato il tedesco Gerd Muller. L’esempio più chiaro della partita diplomatica intrapresa della Cina all’Onu chiama in causa Qu Dongyu.

Cina, le mosse della diplomazia del Dragone
Il direttore generale della Fao Qu Dongyu (getty Images).

Poco prima di Natale il direttore della FAO è stato oggetto di un attento esame da parte delle potenze occidentali che lo avrebbero accusato di non riuscire a risolvere la crisi della fame globale esacerbata dalla guerra in Ucraina. Secondo quanto rivelato da Politico, i governi occidentali – i principali sostenitori economici dell’agenzia – sostengono di essere stati ignorati dal signor Qu, il quale avrebbe dato sfoggio di una leadership eccessivamente tecnocratica. L’accusa più pesante è che l’agenzia da lui diretta starebbe promuovendo gli interessi della Cina (per esempio non attaccando direttamente Mosca, partner cinese). Qu ha rivendicato di non essere una figura politica bensì una sorta di amministratore delegato. Eppure, dal suo curriculum si evince che è stato ex vice ministro dell’Agricoltura e degli Affari Rurali del Partito Comunista. Dunque un funzionario pienamente integrato nel sistema. È per questo che molti diplomatici occidentali temono che molte delle iniziative portate avanti dalle agenzie controllate da cinesi siano in realtà eterodirette da Pechino.

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