Chinadown

Alieno Gentile
19/10/2021

La bolla immobiliare e il tracollo di Evergrande. La crescita a rilento del Pil. Il calo demografico. Un intero modello economico si sta sgretolando. E Xi Jinping corre ai ripari con la Common Prosperity, purghe e missili.

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L’ipocondriaco che si sveglia senza sintomi va in crisi. E se succedesse lo stesso anche quando chi si ritiene invulnerabile scopre di avere dei sintomi? Il settore immobiliare cinese è in forte difficoltà, sono già diverse le società che hanno esplicitato problemi finanziari gravi o che sono addirittura palesemente insolventi: Fantasia, Xinyuan, Sinic, Modern Land e la più famosa di tutte, Evergrande.

Come si è creata la bolla immobiliare cinese

Come si è creata questa strana bolla di eccesso di abitazioni e contemporaneamente di prezzi immobiliari gonfiati? In una economia di mercato si possono avere prezzi gonfiati di beni scarsi, o eccesso di produzione che trova mercato a prezzi deflazionati, qui invece abbiamo una crisi immobiliare determinata dalla presenza di distese di palazzi costruiti come cattedrali nel deserto, e venduti come fossero beni pregiati. Capire la logica che sta dietro tutto questo ci apre un sipario: i prezzi delle abitazioni “residenziali”, in Cina, sono prestabiliti al valore di prezzi di costruzione maggiorati del 5 per cento, ma le cosiddette commodity house possono essere vendute e scambiate a prezzi liberi, diventando la destinazione preferita di un Paese che ha un surplus strutturale enorme e quindi grandi necessità di destinazioni di investimento. Questo si coniuga con il contesto fiscale di Comuni e Province, che hanno l’obbligo di versare il 40 per cento della loro raccolta fiscale al governo centrale, ma devono coprire in autonomia l’80 per cento delle loro spese. Questo costituisce un incentivo normativo alla ricerca di proventi non fiscali, che per Comuni e Province sono i diritti di costruzione.

dalla bolla immobiliare al calo del Pil: i sintomi della crisi della Cina
La sede di Evergrande a Shenzhen (Getty Images).

Calo demografico e urbanizzazione monstre: cosa non ha funzionato

Ecco allora l’allineamento perfetto di interessi di tutti i componenti della catena: una Provincia “produce” concessioni edilizie per Evergrande o qualche altro sviluppatore immobiliare che può procedere a costruire una città fantasma, da vendere in regime di prezzo libero a risparmiatori che cercano destinazioni d’investimento. Ma perché investire in un appartamento di una città fantasma? Perché le magnifiche e progressive sorti del Dragone fanno sì che ciò che è città fantasma oggi sarà una metropoli in fermento domani. Ed effettivamente per 30 anni è stato così. Poi qualcosa si è rotto. Come sappiamo quest’anno, per la prima volta, la Cina ha registrato un calo demografico, frutto di una politica di “un figlio per famiglia” introdotta ormai più di 40 anni fa e cancellata con un tratto di penna circa un anno e mezzo fa. Ora Pechino di figli ne chiede tre. Evidentemente già un anno e mezzo fa era chiaro che stava montando un’onda di guai: crescita demografica ed economica, insieme a un poderoso processo di urbanizzazione sono gli ingredienti che hanno permesso la costruzione dello schema narrato poche righe fa, ma con la crescita in progressiva normalizzazione, e con un rapporto fra cittadini rurali e cittadini metropolitani che si va attestando verso soglie fisiologicamente statiche, la nascita di pochi figli fa saltare il banco.

Pechino lancia la missione Common Prosperity

Un clamoroso errore di politica economica centrale. Non certo il primo (ricordiamo il “Grande balzo in avanti” di Mao, per esempio, che provocò una carestia da decine di milioni di vittime). Né tantomeno un errore che possa essere riconosciuto. Ecco allora che Pechino decide di rilanciare: un successo dell’economia centralizzata potrà nascondere l’ennesimo fallimento della stessa. Serve una politica centralizzata ancora più efficace, ancora più pervasiva, ancora più forte. L’Urss non aveva abbastanza agenti per monitorare tutto, archiviare, consultare, collegare… ma nell’era digitale la Cina sogna di riuscire ad avere un controllo così preciso da poter guidare centralmente, con tutta la granularità necessaria, ogni angolo del Paese. Gli assegna un nome evocativo – Common Prosperitye una missione moralmente condivisibile: correggere le disuguaglianze, in un Paese dove il reddito pro capite del 20 per cento superiore è circa 10 volte quello del 20 per cento inferiore, dove ci sono lo stesso numero di miliardari che negli Usa, dove l’1 per cento della popolazione possiede il 30 per cento degli asset e il coefficiente di Gini (l’indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza) è peggiore di quello degli Usa o del Regno Unito.

la crisi economica cinese: i sintomi
Xi Jinping (Getty Images).

Gli ultimi provvedimenti del Dragone per ridurre le disuguaglianze e ottenere più dati

La Common Prosperity parte dall’idea che un figlio per famiglia fosse sbagliato, che non si debba ammetterlo, e che facendone fare tre si possa aggiustare tutto. Questo desiderio spiega tutti gli “strani” provvedimenti presi nei mesi scorsi, vediamoli in rapida sequenza, tutti rispondono a una delle due esigenze: permettere di avere più figli o avere maggiori dati e capacità di usarli.

  1. La quotazione di Ant Group, la società di pagamenti digitali di Alibaba, viene fermata poche ore prima della quotazione in Borsa: lo Stato vuole una quota per poter accedere agli enormi database.
  2. Le società di tutoring scolastico vengono trasformate in aziende no-profit: con un solo figlio che avrebbe poi dovuto provvedere ai genitori anziani, ogni ragazzino cinese doveva competere per una carriera scolastica di eccellenza. Negli anni questo è divenuto uno standard, ma per far giungere tre figli in ogni famiglia crescere un figlio non può più essere così caro.
  3. L’azienda di ride hailing Didi viene “castrata” della possibilità di acquisire altri clienti dopo 48 ore dalla sua quotazione a Wall Street, per limitare l’accesso di azionisti esteri a preziosi database e castigare la scelta oltraggiosa di quotarsi su una piazza “nemica”.
  4. Le aziende del settore immobiliare devono rispettare tre red line che definiscono l’entità massima del debito tollerato per ciascuna di esse. Solo il 6 per cento delle società del settore rientrano nei parametri, tutte le altre sono – per legge – destinate a fare deleveraging, dunque a sgonfiarsi (che spesso implica collassare in quel tipo di attività, vedi Evergrande). Chiaramente la speculazione edilizia facile ha fatto la fortuna di molti ma ha reso i prezzi delle case molto elevati, impedendo a molti di avere famiglie più numerose.
  5. Stop all’uso eccessivo di videogiochi per i ragazzini. Quando lo Stato si fa “etico” un brivido dovrebbe sempre correre sulla schiena, qui col pretesto di “non far rincitrullire i ragazzini con troppe ore di gioco” Pechino testa la propria capacità di intervenire su singoli device stabilendo centralmente cosa il singolo individuo possa o non possa fare.
  6. Divieto di operare e di fare mining di bitcoin e di criptovalute in generale, per evitare che la popolazione ricettiva sull’uso di sistemi di pagamento digitale utilizzi strumenti indipendenti e aderisca in toto allo yuan digitale di prossima introduzione: lo strumento con cui il governo cinese progetta di tracciare ogni disposizione monetaria di ogni singolo individuo.

Le tre sfide di Xi Jinping: istruzione, casa di proprietà, sanità

All’ultimo congresso del Pcc il presidente Xi Jinping ha detto che sulle spalle dei cittadini cinesi gravano tre montagne (costi), che lui avrebbe alleggerito: istruzione, casa di proprietà e sanità. Sulle prime due abbiamo visto interventi maldestri e radicali, sulla terza il provvedimento è tutto da scoprire, secondo alcuni riguarderà le cliniche di bellezza, una voce che incide in maniera rilevante sui bilanci di molte famiglie: 40 anni di un solo figlio per famiglia spesso hanno significato che quell’unico figlio dovesse essere maschio, le poche femmine investono molto per essere piacenti e poter essere scelte dai maschi più interessanti, e naturalmente come per l’istruzione, la competizione estrema rende obbligatorio spendere forti somme solo per stare al passo con gli altri.

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Crescita rallentata del Pil ed escalation militare

Ma sarà vera crisi? A giudicare dall’andamento di Pil qualcosa sta succedendo: nell’ultimo trimestre, tra tensioni nel settore immobiliare e crisi energetica, la crescita cinese solitamente roboante, ha segnato un misero +0,2 per cento. Ma non saranno solo congetture dettate dall’analisi dei numeri? Di solito, quando un grande Paese è in un momento di crisi, cerca di catalizzare l’attenzione generale su una escalation militare. Ed ecco lo stupore globale per l’insospettato test di un missile ipersonico, un razzo chiamato Lunga Marcia, lo stesso usato della “Nasa” cinese per il suo programma spaziale. Il razzo ha fatto il giro della Terra, è sceso sul suo obiettivo e… l’ha mancato di una quindicina di chilometri. Tuttavia, sembra che abbiano testato un sistema di bombardamento orbitale frazionato che fa molta paura perché dimostra che i cinesi stanno facendo progressi più rapidi nelle armi ipersoniche di quanto gli americani abbiano ipotizzato. Nel 1957 lo Sputnik fu il primo satellite artificiale della Storia, fece percepire agli Usa di essere in ritardo e determinò una accelerazione degli investimenti nella tecnologia spaziale. Questo episodio, però, non è un sorpasso: sui razzi ipersonici gli Usa, ma anche la Russia e la Corea del Nord, sono già attivi. Diciamo che è un segno che il divario tra Stati Uniti e Cina si sta riducendo. E questo, nell’imminente Nuclear Posture Review (la revisione periodica del Congresso americano sulla politica nucleare), spingerà contro le logiche di disarmo.

dalla bolla immobiliare al calo del Pil: i sintomi della crisi della Cina
Il presidente cinese Xi Jinping (Getty Images).

Purghe in risposta alla crisi

Abbiamo quindi una lista di sospetti e diversi indizi di una condizione di crisi non dichiarata. Servirebbe una prova che renda la tesi definitivamente solida. Questa prova potrebbe giungere l’anno prossimo, in prossimità dell’elezione (sarebbe meglio dire della riconferma) di Xi a un terzo mandato da presidente. Se il modello di economia centralizzata sta sbandando e lo si sta cercando di sanare alzando l’asticella (“more of the same” dicono negli Usa in casi come questo) qualcuno si troverà a disagio. Difficilmente questo disagio assumerà le forme di una ribellione popolare, più facilmente questo disagio si può manifestare a medio-alto livello nel partito. Il modo per vederlo ha un nome che ricorda il periodo staliniano: purghe. Xi di recente si è mosso con decisione contro alti funzionari come Fu Zhenghua, capo della polizia, della polizia segreta e del sistema giudiziario della Cina, epurato con l’accusa di aver tentato di formare fazioni eversive all’interno dell’apparato di polizia. Solo tra febbraio e luglio di quest’anno, questa epurazione ha punito 178.431 persone della sicurezza, tra cui 1.258 capi dipartimento. Xi sembra anche nutrire dubbi sulla lealtà della leadership militare: l’ufficiale di punta del comando occidentale cinese è stato cambiato quattro volte in meno di un anno. Secondo diversi osservatori questi straordinari cambiamenti di personale derivano da questioni di fedeltà al presidente della Commissione militare centrale. Che è Xi stesso. Il partito, il mese scorso, ha pubblicato un avvertimento contro una “cricca” nell’esercito, ricordando il tentativo fallito del maresciallo Lin Biao di un colpo di stato dell’esercito contro Mao nel 1971. Se le purghe andranno avanti, diventerebbe molto difficile continuare ad accumulare sintomi e non parlare di una condizione di crisi. La crisi di un modello di economia centralizzata che non funziona, ma pretende anche con la forza di essere vista come funzionante. Più di quanto qualunque voce avversa voglia asserire.

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