Trema la Cina e trema soprattutto Wuhan, la città da cui il Covid ha iniziato a propagarsi nel dicembre 2019. La diffusione della variante Delta ha indotto le autorità locali a imporre test a tappeto sugli undici milioni di abitanti, mentre prosegue l’attività di circoscrizione i casi già accertati. Al momento i contagi, secondo quanto diffuso dalla commissione sanitaria della provincia di Hubei, sarebbero 20, inclusi otto asintomatici. Si tratterebbe di lavoratori migranti. Quanto basta per alimentare i timori dei cittadini, spaventati dalla possibilità di un nuovo lockdown. Nel 2020 fu rigidissimo, durò 76 giorni ed effettivamente servì a frenare la diffusione del Covid, ma si trascinò dietro conseguenze terribili sulla vita economica e sociale della città. Nella città non si registravano casi dallo scorso maggio, ma la variante Delta ha cambiato le carte in tavola e martedì le code per i test di massa si sono protratte fino a tarda sera. Intanto sono state chiuse diverse stazioni della metropolitana e sospese 17 linee di bus.
Wuhan, timore per un nuovo lockdown
Indizi per molti sintomatici di un nuovo lockdown: «Vedere gli scaffali vuoti e la gente intimorita, mi incute una sensazione di tristezza. Solo chi lo ha sperimentato comprende quanto sia terribile. Non temiamo di rimanere nuovamente bloccati, senza sapere come fare a preparare un pasto», ha scritto un cittadino sul locale social network Weibo. Durante il primo lockdown, ai cittadini è stato imposto di rimanere in casa, mentre militari e funzionari provvedevano alle loro necessità. Attualmente non è stato imposto alcun blocco, ma le zone in cui sono stati individuati i casi sono stati sottoposti a vigilanza militare.
Cina, la nuova ondata cominciata a Nanchino
Per il paese del Dragone è la situazione complessivamente peggiore da mesi, con i focolai che coinvolgono circa 26 città. Da qui uno stato di allerta che ha portato a restrizioni su viaggi e all’emanazione di misure che rievocano quelle di inizio 2020. La nuova ondata sarebbe partita da Nanchino, nella provincia dello Jiangsu, Cina orientale. Qui alcuni addetti della pulizia aeroportuale sono stati trovati positivi al virus lo scorso 20 luglio, durante controlli di routine. Le autorità cinesi hanno collegato il cluster a un volo proveniente dalla Russia, atterrato a Nanjing Lukou lo scorso 20 luglio. «Gli impiegati hanno seguito attentamente le indicazioni nelle operazioni di sanificazione dell’aereo. Per questo hanno contratto il virus. Poi l’infezione si è diffusa in fretta, colpendo altri lavoratori addetti a simili attività su voli internazionali e nazionali», spiega l’agenzia nazionale Xinhua. Poi il virus è dilagato in 26 città tra cui la capitale Pechino e l’hotspot turistico Zhangjiajie.
In due settimane i casi sono diventati 480, secondo un conteggio della Cnn, tratto dai dati dei rapporti della commissione sanitaria nazionale. Non tutti i cluster, tuttavia, si riescono a collegare a Nanchino. Lunedì, ad esempio, 63 casi si sono registrati a Zhengzhou, la capitale della provincia di Henan, zona devastata dalle inondazioni nello scorso mese di luglio. La maggior parte dei casi qui è collegata a un focolaio scoppiato in un ospedale, dove risultano positivi personale medico e pazienti, mentre in città sono già stati disposti test a tappeto. «I casi sono di variante Delta, il cui contagio è rapido e lenta la negativizzazione. La sfida per noi è particolarmente complessa», afferma Mi Feng, portavoce della commissione sanitaria nazionale. La nuova variante ha messo in crisi il sistema di prevenzione cinese, ribattezzato 0 casi e fondato su blocchi mirati, ampia tracciabilità dei contatti e quarantene rigorose.
Per tale ragione, il Paese ha raddoppiato gli sforzi, prevedendo test di massa e provvedimenti che non si vedevano da tempo. In diverse città sono stati soppressi aerei e treni e ai cittadini è stato ordinato di rimanere in casa. Anche gli spostamenti nazionali sono stati ridimensionati, con l’invito di non recarsi in città considerate a rischio medio o alto. E incominciano i timori per le olimpiadi invernali previste a febbraio del prossimo anno a Pechino. Anche la capitale dopo mesi è tornata a segnalare contagi e da martedì sono state interrotte le vendite di biglietti per i viaggi in treno e aereo provenienti dalle zone a rischio.
Il focolaio provocato da una donna di 70 anni
Mercoledì i nuovi casi erano 96, 71 ricollegabili alla zona di Jiangsu. Solo a Yangzhou, vicino Nanchino, 32. Secondo molti, il focolaio sarebbe stato provocato da una 70enne recatasi a Nanchino nonostante il divieto. L’anziana non solo non ha informato le autorità, ma ha frequentato luoghi affollati come mercati, ristoranti e sale in cui si gioca a Mahjong. Quando ha iniziato a tossire e ha scoperto di avere la febbre, lo scorso 27 luglio, si è recata in ospedale, il giorno dopo è risultata positiva al Covid. È stata quindi fermata dalla polizia con l’accusa di aver ostacolato le misure di prevenzione delle malattie infettive. La vicenda ha riaperto il dibattito sulle sale di Mahjong. Il gioco molto popolare tra gli anziani è considerato una delle principali cause di diffusione del Covid a Yangzhou. Sui 94 cittadini ancora positivi martedì, il 64 per cento proveniva da questi luoghi. Il 68 era riconducibile a persone con più di 60 anni. Sia a Yangzhou che Nanjing, pertanto, sono state disposte diverse sessioni per test di massa, sospesi i voli, autobus a lunga percorrenza e i servizi di taxi e noleggio auto online.