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La collina-museo dell’odio sul web

In Cina un gruppo di artiste ha installato su un’altura decine di bandiere che riproducono le migliaia di offese ricevute sul web. Sui social, bloccati i loro account

13 Maggio 2021 13:5813 Maggio 2021 16:40 Redazione
Su una collina un gruppo di femministe ha innalzato decine di bandiere che riproducono le offese ricevute dalle donne sul web

Una collina nel deserto su cui sventolano decine di grandi bandiere che riportano frasi offensive contro le femministe cinesi, da “Spero che tu muoia, p…..a”, a “F…..o le femministe”. Tutti insulti realmente inviati da odiatori anonimi sui social media. Dopo aver raccolto più di mille messaggi, un gruppo di giovani artiste cinesi li ha trasformati in bandiere, piantate su una collina. Ne è venuto fuori un museo temporaneo “della violenza su Internet”.

I motivi dei messaggi d’odio 

Molti messaggi risalgono al recente e intenso dibattito su come vengano trattate le donne nel Paese. La questione è esplosa su piattaforme come Weibo, dopo che l’attivista Xiao Meili ha pubblicato il video di un uomo che le ha lanciato contro del liquido bollente. Era stata la risposta violenta alla richiesta di non fumare. “Volevamo trasformare le parole in qualcosa che potesse essere visto e toccato, per amplificare gli abusi online contro le donne”, ha detto al Guardian Yaqing, una delle artiste che hanno ideato le bandiere.

Attacchi d’odio dai funzionari governativi cinesi

Le donne, che sui social hanno attirato l’attenzione su questioni relative ai diritti umani, come gli abusi nello Xinjiang, sono state prese di mira con false fotografie di nudo, minacce, accuse di essere traditrici pagate e separatiste. Gli attacchi sono arrivati ​​da normali cittadini, ma anche da funzionari governativi e dai media statali. In risposta alle ondate di molestie contro le femministe, Weibo, paradossalmente, ha chiuso una ventina di account tutti di proprietà delle vittime, affermando che le pagine fossero state oscurate per la pubblicazione di “informazioni illegali e dannose”.

In un clima del genere, è facile intuire perché molte donne cinesi, con cui il Guardian ha parlato, non abbiano accettato di essere registrate. Una di loro ha detto che gli attacchi sembravano coordinati da gruppo di individui, organizzati per prendere di mira anche la sua famiglia e gli amici.

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