È il mercato di sigarette più grande del mondo. Secondo i dati dell’Oms in Cina vivono oltre 300 milioni di fumatori, mentre più di 700 milioni di persone, tra cui circa 180 milioni di bambini, sono esposti al fumo passivo almeno una volta al giorno. La Repubblica Popolare, dove vive quasi il 20 per cento della popolazione, ‘sforna’ il 45 per cento delle sigarette consumate a livello globale. Numeri che dovrebbero preoccupare il Partito Comunista, costretto a trovare un complesso equilibrio tra la regolamentazione dei prodotti per smettere di fumare e mantenere comunque vivo il business del tabacco. Anche perché il settore, controllato dallo Stato, garantisce alle casse del governo enormi introiti.

China National Tobacco, la regina delle bionde
China National Tobacco Corporation (CNTC), una delle più grandi aziende mondiali di tabacco, è la regina indiscussa delle sigarette oltre la Muraglia. Ne produce 2,5 trilioni all’anno, occupa una quota di mercato mondiale pari al 44 per cento (il 98 per cento del solo mercato cinese) e genera tra il 9 e il 13 per cento delle entrate statali totali, visto che il 90 per cento dei suoi profitti finisce dritto nelle tasche di Pechino. Per la cronaca, nel 2021 CNTC ha registrato un record di profitti pari a 214 miliardi di dollari – più del doppio dei 94 miliardi di Apple, la società che ha guadagnato di più a livello planetario – cifra scesa a 204 miliardi nel 2022. Eppure, nonostante questi numeri incredibili, è pressoché invisibile agli occhi degli stranieri. Poiché non rende pubblici i propri dati finanziari, tranne i profitti, il colosso cinese non compare nell’elenco Fortune 500 né in qualsiasi altra classifica. Non solo: a differenza delle altre SOE nazionali (State-owned enterprises, imprese a conduzione statale), CNTC non è supervisionata dalla potente Commissione per la supervisione e l’amministrazione delle attività statali, bensì dal ministero dell’Industria e dell’Information Technology. Non solo. China National Tobacco Corporation gestisce centinaia di aziende, produttori, fornitori e coltivatori di tabacco di varie dimensioni, occupandosi tanto della produzione quanto della vendita dei vari marchi. Le decisioni strategiche del settore vengono invece prese dall’Amministrazione statale del monopolio del tabacco (STMA). Le due entità, di fatto, sono più che complementari: CNTC è il braccio, STMA la mente.

Le misure anti-fumo e l’ambiguità dello Stato
China Tobacco possiede oltre 900 marchi cinesi, dai più grandi come Hong Shuangxi, Yun Yan e Zhongnanhai, a quelli regionali. Il monopolio di Stato di Pechino ha reso in gran parte fallimentare la penetrazione dei brand stranieri. Chi vuole entrare nel giro, può farlo solo creando una joint venture con la tentacolare CTNC. Giusto per fare un esempio, Marlboro ha iniziato la produzione in Cina solo nel 2008, dopo aver raggiunto un accordo con la CNTC per promuovere i marchi cinesi all’estero. Fondata nel 1982, China Tobacco ha fin da subito gestito la produzione, la vendita, l’importazione e l’esportazione di sigarette per l’intero Paese. L’azienda oggi impiega 510 mila dipendenti e controlla 33 uffici provinciali di sorveglianza del tabacco, 57 imprese di sigarette e più di 1.000 altre piccole imprese commerciali. Considerata too big to fail, gode di un’ottima reputazione: la stessa che hanno Google nel settore tecnologico e McKinsey nella consulenza. Il governo sa di avere tra le mani una gallina dalle uova d’oro e non intende certo sacrificarla. Questo spiega, almeno in parte, l’attuazione quantomeno ambigua delle recenti riforme in materia di tabacco e fumo. Nel 2014, il governo aveva ha vietato il fumo in tutti i luoghi pubblici chiusi e in alcuni all’aperto, mentre nel 2015 ha aumentato le tasse sulle sigarette all’ingrosso dal 5 all’11 per cento. Tuttavia, il Dragone ha presto allentato la stretta consentendo a ristoranti, bar, hotel e aeroporti di dotarsi di apposite sezioni fumatori e consentendo di fumare nei singoli uffici. La Cina ha inoltre ratificato la Convenzione quadro sul controllo del tabacco nel 2005, e nel 2015 ha vietato la pubblicità delle sigarette, sebbene sia ancora consentita online. Un po’ poco per dissuadere i fumatori cinesi.

La campagna anti-corruzione del governo
Recentemente, come riportato dal sito Caixin, il monopolio statale del tabacco è stato colpito da una campagna anti corruzione che ha toccato persino le autorità di regolamentazione responsabili della supervisione. A partire dal 2021, decine di alti dirigenti e funzionari di CTNC e STMA sono stati coinvolti nelle indagini. Uno dei bersagli più recenti è stato Zhu Jianhua, ex direttore generale di China Tobacco Anhui Industrial, la filiale provinciale di Anhui di China Tobacco. Zhu, in pensione da otto anni, si è impiccato nella sua abitazione lo scorso febbraio, dopo essere stato convocato dalle autorità. Era stato interrogato su questioni relative al caso di corruzione di He Zehua, un ex vice capo della STMA. Del resto gli enormi profitti e la gestione verticistica del settore rendono il tabacco un terreno fertile per la corruzione. Dalla fornitura delle materie prime al confezionamento, passando per la logistica, le occasioni di business non sempre pulito sono tanto numerose quanto ghiotte. Il business del tabacco ha comunque permesso di costruire enormi fortune. Uno degli esempi di maggior successo è Huabao International, produttore di aromi di tabacco quotato a Hong Kong. Fondata dall’imprenditrice Zhu Linyao nel 1996, questa società gestisce la più grande azienda cinese di aromatizzanti e rifornisce gli stabilimenti di China Tobacco in 19 province. Nel 2021, Zhu Linyao, soprannominata la regina cinese delle fragranze, si era addirittura classificata al 99esimo posto tra le persone più ricche del Paese, con un patrimonio netto di 37,4 miliardi di yuan. Dal gennaio 2022, Miss Zhu è stata indagata dalla polizia di Hunan, Jiangxi e Chongqing, e posta sotto “sorveglianza residenziale”. La rampante signora, nel giro da quasi 30 anni, ha lavorato con diverse sussidiarie di China Tobacco formando joint venture e rifornendo gli stabilimenti di CTNC. A quanto pare, nella crescita della società non sono mancate zone d’ombra. Nel 2018, Feng Bin, un alto funzionario di China Tobacco Yunnan, è stato indagato e accusato di aver ricevuto tangenti da Zhu Linyao e da una sussidiaria di Huabao. Lo Yunnan, nel sud-ovest della Cina, è la più grande provincia del Paese per la coltivazione del tabacco e la produzione di sigarette, e non a caso è l’epicentro delle indagini sulla corruzione che hanno colpito il settore. Dal 2021, tre ex capi di China Tobacco Yunnan siano stati indagati, tra cui l’ex presidente Ye Libin, l’ex direttore generale Zhang Shuichang e il vice Gu Bo. Intanto, CTNC, che sogna di diventare un colosso globale, e STMA condividono gli uffici e il personale presso la loro sede centrale a Pechino. Apparentemente impermeabili al giro di vite che sta colpendo il loro business.