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Ciclismo, perché il Giro delle Fiandre è da sempre un mix di spietatezza e adrenalina

Stradine impervie e rampe con pendenza a doppia cifra: un incubo per i corridori, ma anche una garanzia di spettacolo, tra muri e pavé, polvere e fango. Storia del Giro delle Fiandre, l’imprevedibile gara fiamminga che spesso ha sorriso agli italiani. E che torna domenica 2 aprile, con Van der Poel, Van Aert e Pogacar favoriti.

1 Aprile 2023 17:45 Stefano Iannaccone
Ciclismo, perché il Giro delle Fiandre è da sempre un mix di spietatezza e adrenalina

Muri e pavé, polvere e fango. Il Giro delle Fiandre, o più semplicemente la Ronde, è sintetizzabile in questi binomi che da sempre includono tutte le opzioni, sia che il meteo sia ostile, come accadeva con frequenza in passato, sia che il clima sia meno duro, come avvenuto nelle ultime edizioni. Una certezza è però scolpita nella pietra, come quelle che i ciclisti si ritrovano a dover domare lungo la strada: è una gara spettacolare, adrenalinica. E spietata come solo le classiche del Nord sanno essere. E dire che nel 1913, quando fu organizzata per la prima volta, nessuno sapeva che stesse creando un pezzo di storia del ciclismo. Il primo vincitore fu il belga Paul Deman, che domò gli altri 36 partecipanti lungo gli oltre 300 chilometri di pedalata, prevista tra stradine impervie e rampe con pendenza a doppia cifra. Un incubo per i corridori, un piacere per gli spettatori che pian piano hanno premiato la Ronde.

A interrompere il dominio belga ci pensò un italiano, Fiorenzo Magni

Per decenni, fino al 1948, la corsa è stata appannaggio di belgi, con l’eccezione dello svizzero Heiri Suter nel 1923. A interrompere lo stradominio belga ci pensò un italiano, Fiorenzo Magni, che sulle strade delle Fiandre ha scritto la storia, aggiudicandosi tre edizioni consecutive (dal 1949 al 1951): solo lui è riuscito a centrare, superando almeno in questo i campioni della sua epoca, Gino Bartali e Fausto Coppi, che invece sulle strade della Ronde non hanno mai ottenuto vittorie.

Ciclismo, perché il Giro delle Fiandre è da sempre un mix di spietatezza e adrenalina
Fiorenzo Magni.

La corsa che ha fatto patire il Cannibale Eddy Merckx

I nomi leggendari abbondano nell’albo d’oro. La corsa fiamminga è anche una di quelle che hanno fatto patire più del prevedibile il Cannibale Eddy Merckx: nella sua carriera l’ha vinta solo due volte, nel 1969 e nel 1975. Per qualsiasi altro atleta sarebbe ovviamente un risultato stratosferico, ma per uno come Merckx è quasi poco. Questo perché la Ronde è indomabile, imprevedibile, tra forature e gambe che si svuotano all’improvviso. I muri restano il simbolo: sono salite durissime e relativamente brevi. Oggi l’accoppiata di muri Oude Kwaremont e Pateberg è il momento più atteso della gara, preceduti prima dell’arrivo dal terzultimo muro, il Kruisberg. Da anni ormai è stato escluso dal percorso quello noto come Grammont, che in realtà è il Kapelmuur, o più semplicemente: muur. Il muro per antonomasia.

Ciclismo, perché il Giro delle Fiandre è da sempre un mix di spietatezza e adrenalina
Il Cannibale Eddy Merckx. (Getty)

Museeuw e Boonen, gli unici a vincerla per tre volte

Ci sono altri nomi che hanno legato la propria storia al Giro delle Fiandre, come Eric Leman, che in carriera ne ha collezionati tre (1970, 1972 e 1973). Un altro “Leone delle Fiandre” è stato il belga Johan Museeuw, che nel 1993, 1995, e 1998 ha conquistato il personale tris, capolavoro riuscito pure al connazionale Tom Boonen, che fece doppietta nel 2005-2006 e dopo un po’ di anni, nel 2012, ha eguagliato i grandi di questa corsa: nessuno fino a oggi ha vinto più di tre volte. L’ultimo grande dominatore è stato lo svizzero Fabian Cancellara, che nel 2010, 2013 e 2014 ha messo per tre volte in bacheca la corsa. Oltre a Magni, il rapporto dell’Italia con la Ronde è stato sempre eccellente: solo Belgio e Paesi Bassi hanno fatto meglio in termini di vittorie, avvantaggiati dal fattore geografico. A incantare di recente sulle strade fiamminghe è stato Alberto Bettiol, nel 2019, con una cavalcata di 18 chilometri dopo l’attacco sul Kwaremont. L’impresa era riuscita 12 anni prima ad Alessandro Ballan.

Ciclismo, perché il Giro delle Fiandre è da sempre un mix di spietatezza e adrenalina
Johan Museeuw. (Getty)

L’edizione 2023 si annuncia come un sequel di quella precedente

Questa è la storia. L’edizione 2023 si annuncia come un sequel di quella precedente, in cui Mathieu Van der Poel ha conquistato la vittoria al termine di un epico duello con l’amico-rivale Tadej Pogacar, beffato al traguardo anche dall’arrivo di Dylan Van Baarle e Valentin Madouas. Poco male per il piccolo principe sloveno, che corre per divertirsi e divertire, ma ancora di più per vincere dando spettacolo. Il podio perso è stato un rammarico relativo, molto peggio l’amarezza per non aver staccato il poderoso Vdp su muri lungo cui si sono arrampicati, lasciandosi tutti alle spalle tutti gli altri.

Solo che in questo 2023 tornerà il terzo dei fantastici tre delle corse di primavera: il belga Wout Van Aert, che ha già portato a casa la E3 Saxo Classic pochi giorni fa, battendo proprio Van der Poel e Pogacar. Il tris d’assi è calato, ma alle loro spalle c’è un drappello di outsider pronto a sparigliare i pronostici. Lo sloveno Matej Mohoric, il britannico Tom Pidcock e il danese Mads Pedersen sono profili da seguire con attenzione, senza sottovalutare un corridore esperto come il belga Sep Vanmarcke e il francese Valentin Madouas. E chissà che dai muri non spunti qualche sagoma inattesa.

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