Sono sempre di più le ragazze cinesi che ricorrono a interventi di chirurgia plastica, sulla scia di quanto già da anni avviene in Occidente. Secondo un recente report compilato da Deloitte il mercato della medicina estetica, negli ultimi quattro anni, è stato protagonista di un inedito boom, crescendo del 28.7 per cento e accumulando un fatturato di circa 177 miliardi di yuan (circa 23 miliardi di euro). Numeri importanti che candidano la Cina a diventare il Paese col più alto numero di operazioni al mondo, superando gli Stati Uniti, attualmente in testa alle classifiche.
I ritocchi più frequenti della chirurgia estetica cinese
Dalla blefaroplastica a doppia palpebra per correggere il taglio degli occhi e avere uno sguardo più occidentale, ai ritocchi negli uomini per rendere più scolpita la mascella, passando per le orecchie appuntite simili a quelle degli elfi. A Pechino la chirurgia cammina di pari passo con i trend più virali del web. Alla base dell’esplosione della chirurgia estetica ci sarebbe l’atteggiamento della Generazione Z che, rispetto alle precedenti, ne ha sempre discusso apertamente, sostenendo la necessità di non trattarla più come un argomento tabù. Aiutata, probabilmente, anche da social media come Gengmei e So-Young, vere e proprie enciclopedie consultate da under 30 e da cui attingere informazioni in merito a cliniche e trattamenti.

Chirurgia estetica, boom di cliniche non autorizzate
Quest’exploit ha avuto, ovviamente, delle controindicazioni. La Bbc ha riportato che, soltanto nel 2019, la nazione ha registrato l’apertura di 60 mila cliniche non autorizzate. Ma non è tutto. Proprio in queste strutture si sono verificati oltre 40 mila incidenti medici all’anno, con una media di 110 operazioni fallite al giorno. Tra queste, quella dell’attrice Gao Liu, vittima di una rinoplastica andata male, che le ha lasciato una necrosi al naso. Una complicazione che le è già costata più di 400mila yuan (52 mila euro) e le ha fatto perdere diverse occasioni di lavoro. Smosso dal susseguirsi di situazioni simili e dall’incalzare dell’opinione pubblica, il governo, attraverso la Commissione Nazionale di Sanità, ha annunciato il lancio di una campagna finalizzata a rintracciare i chirurghi improvvisati, punendo adeguatamente i colpevoli.
Ma perché nonostante i rischi, la gente continua a sottoporsi a simili interventi? Secondo Brenda Alegre, professoressa di studi di genere all’Università di Hong Kong, tutto dipende dall’eccessiva importanza data dalla società cinese all’aspetto esteriore. «Scegliere di operarsi, spesso, non è una decisione legata al desiderio di risultare belli per qualcuno, ma quasi un obbligo per trovare un lavoro». In Cina, di frequente, agenzie di collocamento e job recruiter richiedono requisiti fisici specifici, soprattutto alle donne, anche se non hanno nulla a che vedere con la professione per cui vengono selezionate. Tutto ciò, nel 2018, ha spinto Human Rights Watch a denunciare il sessismo di annunci che, più delle skill del candidato, si concentravano su figure «piacevoli, alla moda e affascinanti».
L’imposizione di canoni estetici nell’arte e nell’editoria
Ma il mercato del lavoro non è l’unico a pretendere precisi canoni estetici. Anche l’editoria contribuisce all’esasperazione della situazione, non risparmiando pesanti critiche alle celebrità. E che dire dell’arte, balzata di recente agli onori delle cronache per la mostra di Song Ta all’OCT Contemporary Art Terminal di Shanghai. Una collezione di oltre 5 mila immagini e video che immortalavano donne mentre passeggiavano, bevevano un cocktail o studiavano nei cortili dell’università. Materiale girato senza consenso e raccolto con lo scopo di classificare le protagoniste in base all’apparenza. La notizia ha infiammato i social e il museo è stato, per giorni, al centro di una polemica in cui si tacciavano organizzatori e autore di sessismo, finché la mostra non è stata annullata.
