L’influenza della chiesa evangelica nel calcio brasiliano

Matteo Innocenti
26/03/2022

Da Taffarel fino a Neymar, oggi sarebbero circa 7 mila gli Atleti di Cristo concentrati soprattutto in Brasile. Di fede evangelica, si affidano a Gesù durante i match e nei ritiri si riuniscono in preghiera. Le loro storie e l'influenza sulla vita anche politica del Paese.

L’influenza della chiesa evangelica nel calcio brasiliano

L’immagine ha fatto il giro del mondo. Roberto Baggio a capo chino, mani sui fianchi, con la 10 azzurra. Sullo sfondo il portiere del Brasile Taffarel, reduce da una stagione alla Reggiana dopo i successi di Parma, in ginocchio e con le braccia rivolte al cielo. Proprio dove il Divin Codino aveva appena spedito la palla in quel di Pasadena, nell’atto conclusivo di Usa 94. Nello stesso momento, i compagni verdeoro Cafù, Jorginho, Paulo Sergio, Mazinho e Muller formarono un cerchio, riunendosi in preghiera: il quarto titolo del Brasile tetracampeão fu anche la vittoria degli Atletas de Cristo.

Atleti di Cristo, in missione per conto di Dio

Probabilmente il momento più alto dell’associazione no profit di ispirazione cristiana evangelica, che riunisce sportivi appartenenti a varie discipline, accomunati dal desiderio di rimettere al centro l’insegnamento del Signore. È la “divisione sportiva”, per così dire, di un credo religioso sempre più popolare in Brasile. Secondo l’istituto di rilevazione Datafolha, d’altronde, mancherebbero appena dieci anni al sorpasso delle chiese evangeliche ai danni della Chiesa cattolica, che nel grande Paese sudamericano conta ancora sul 50 per cento dei fedeli. Gli evangelici sarebbero invece il 31 per cento.

I primi passi degli Atleti di Cristo, ispirati da un pilota di F1

Gli Atletas de Cristo naquero ufficialmente nel 1984, su iniziativa del portiere dell’Atletico Mineiro João Leite, che prima delle partite era solito distribuire copie della Bibbia agli avversari, e di Baltazar, prolifico attaccante in forza al Palmeiras. Soprannominati rispettivamente Arqueiro e Artilheiro de Deus (portiere e cannoniere di Dio), i due organizzano il primo incontro degli Atletas de Cristo coinvolgendo i colleghi Jailton e Jânio. Oggi la comunità è composta da circa 7 mila sportivi, distribuiti in 50 Paesi.

Da Taffarel a Kakà fino a Neymar, l'influenza della chiesa evangelica nel calcio brasiliano, soprattutto in Nazionale.
Alex-Dias Ribeiro correva in F1 con la scritta “Jesus saves” su monoposto e casco (Instagram)

Come ha raccontato João Leite alla Bbc, tutto iniziò grazie a Alex-Dias Ribeiro, pilota brasiliano, fervente credente e poi diventato guru spirituale di Ayrton Senna. Nel circuito divenne famoso perché nella seconda metà degli Anni 70 correva con la scritta Jesus Saves (Gesù salva) su casco e vettura. «Volevo fare lo stesso, ma la Federcalcio brasiliana disse che avrebbe dato punti di penalizzazione all’Atletico Mineiro». Recordman di presenze nella storia del club, João Leite si limitò così alla distribuzione delle bibbie a partire dal 1980, anno in cui i cattolici brasiliani sfiorano l’89 per cento della popolazione e gli evangelici erano appena il 6,6.

Da Taffarel a Kaká: la maglietta “I belong to Jesus”

Se João Leite si convertì dopo una frattura a un dito, per Claudio Taffarel il momento di svolta fu rappresentato dalle Olimpiadi di Seul 1988. Sei anni dopo incantò i rigoristi azzurri, sostenne, anche grazie all’aiuto del Signore: «Se ho parato il rigore di Massaro lo devo soltanto a Gesù», dirà. Quanto a Baggio, «chi crede in Dio non perderà mai contro chi crede in Buddha». Intanto con l’aumento dei credenti evangelici in Brasile, crebbe di pari passo la presenza degli Atleti di Cristo nella Seleçao. Al Mondiale del 2002, anche questo vinto dai brasiliani, Lucio, Edmilson e Kaká si riunivano spesso in preghiera. Proprio l’ex star di Milan e Real Madrid rimane l’Atleta di Cristo più celebre. Famoso come la maglia I belong to Jesus indossata spesso sotto quella della squadra e sfoggiata per celebrare i gol.

Da Taffarel a Kakà fino a Neymar, l'influenza della chiesa evangelica nel calcio brasiliano, soprattutto in Nazionale.
Kaká al termine della finale di Champions League del 2007 tra il suo Milan e il Liverpool (OLIVIER MORIN/AFP via Getty Images)

Ronaldinho fuori dalla Seleçao perché non abbastanza credente?

«Potevamo fare ciò che volevamo nei giorni liberi. Io dedicavo quei momenti alla fede», ha raccontato Lucio nel 2010 ricordando il trionfo nel Mondiale nippo-coreano. Per lui il 2010 fu l’anno del Triplete con l’Inter e della terza partecipazione al Mondiale, dove non andò invece Ronaldinho. Secondo ESPN Magazine perché non faceva parte della «chiesetta». Verità o meno, di certo nello staff del Ct Dunga trovò posto il pastore evangelico Anselmo Reichardt Alves, compagno di preghiere di Lucio ed ex calciatore, che appese le scarpette al chiodo nel 1988, quando nel corso di una partita avrebbe sentito una voce dal cielo che lo incaricava di diffondere il verbo.

2015, la preghiera collettiva con il pastore evangelico

Nel 2015, nel ritiro del Brasile a Boston, poi arrivò il pastore evangelico Guilherme Batista, invitato da alcuni giocatori. In una saletta in dieci si unirono al pastore in preghiera: Kakà, David Luiz, Alisson, Douglas Santos, Douglas Costa, Fabinho, Jefferson, Lucas, Marcelo Grohe e Lucas Lima. Guilherme Batista pubblicò tutto sui social e Dunga sbottò: «Il ritiro non è il luogo adatto per esporre le proprie idee politiche o religiose. Io non l’ho autorizzato e non dovrà succedere più. Ci sono pastori che vogliono farsi pubblicità, e noi rappresentiamo una nazione». Alla fine a pagare per tutti fu il capo della sicurezza della Seleçao, che venne licenziato.

Da Taffarel a Kakà fino a Neymar, l'influenza della chiesa evangelica nel calcio brasiliano, soprattutto in Nazionale.
Neymar celebra con la fascetta “100% Jesus” la vittoria della Champions League 2015, insieme ai compagni del Barcellona Luis Suarez e Lionel Messi (PATRIK STOLLARZ/AFP via Getty Images)

Neymar-Bolsonaro, intesa evangelica

Ma nel corso dei decenni hanno abbracciato la causa degli Atleti di Cristo molti protagonisti del calcio verdeoro. Oltre a quelli già citati, ci sono Rivaldo, Bebeto, Silas, Marcelinho Carioca, César Sampaio, Felipe Melo, Gilberto Silva, Luisão, Juan, Leandro Castán, Felipe Anderson. Ma non si parla solo di brasiliani e nell’elenco compaiono il colombiano Radamel Falcao come l’Azzurro Nicola Legrottaglie. Oggi l’Atleta di Cristo più famoso è senza dubbio Neymar, che nello stesso anno dei fatti di Boston sfoggiò la fascetta “100 per cento Jesus”, al termine della vittoriosa finale di Champions League del suo Barcellona. La fascetta fu poi “censurata” nella clip per il Pallone d’Oro. «Non volevamo ferire la sensibilità di nessuno», si giustificò la Fifa.

Ma a distanza di anni, la forte fede di “O Ney” fa discutere soprattutto per la sua vicinanza al contestato presidente Jair Bolsonaro, che nel 2018 ha vinto le elezioni con il supporto del 70 per cento della comunità evangelica. Nato in una famiglia cattolica, Bolsonaro si è ufficialmente convertito nel maggio 2016, facendosi ri-battezzare nel fiume Giordano durante una visita in Israele. Un colpo di teatro che avrebbe contribuito a garantirgli il successo politico, vista l’importanza che le chiese evangeliche hanno assunto nelle campagne elettorali in Brasile. Per dare l’idea, a causa del costante appoggio al presidente, Neymar, ora al Paris Saint Germain, è stato più volte definito «suddito» di Bolsonaro, «sostenitore del governo negazonista» e «patriota solo nel calcio» da Wálter Casagrande, ex attaccante anche di Torino e Ascoli, evidentemente lontano dalle posizioni del presidente.