Nella nuova puntata di Chi l’ha visto, in onda stasera, mercoledì 10 novembre 2021, alle 21.15 su Rai3, Federica Sciarelli ritornerà sul caso della misteriosa scomparsa di Giovina Mariano, ex dipendente del Comune di Pescara, di cui si sono perse le tracce nel lontano 2017. Come mai non ha portato niente con sé? È andata via volontariamente o c’è stato qualcuno o qualcosa che l’hanno spinta ad allontanarsi dalla sua famiglia? La conduttrice partirà proprio da queste domande per ragguagliare il pubblico sugli ultimi aggiornamenti della vicenda. Spazio, poi, alla tragica storia di Alessio Zangrilli, giovane pugile romano, trovato morto nelle acque del Tevere. Infine, riflettori puntati sul misterioso delitto di Nada Cella, uccisa 25 anni fa da un assassino rimasto ignoto. Di recente la Procura di Genova ha riaperto le indagini per considerare nuovamente l’ipotetica colpevolezza di Annalucia Cecere, ex maestra allontanatasi da Chiavari poco dopo l’accaduto, già sospettata all’epoca dei fatti. Alla luce degli ultimi eventi, ritornerà a parlare in trasmissione la mamma della giovane vittima. Non mancherà, ovviamente, il consueto spazio dedicato ad appelli, richieste d’aiuto e segnalazioni di persone in difficoltà.
Nella prossima puntata
Giovane pugile scomparso: Qualcuno è responsabile della morte di Alessio?#Mercoledì #10novembre alle 21:20 con Federica Sciarelli in diretta su #Rai3 e #RaiPlay #chilhavisto pic.twitter.com/yLrr5HRwlW
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Chi l’ha visto: le cose da sapere sul caso Nada Cella, al centro della puntata in onda stasera su Rai 3 alle 21.15
Chi l’ha visto: chi era Nada Cella
Nata nel 1971 a Chiavari, Nada Cella era una ragazza come tante altre: timida, introversa, particolarmente dedita alla famiglia e al lavoro. Da qualche anno, ricopriva il ruolo di segretaria nello studio del commercialista Marco Soracco, un impiego che le aveva permesso di raggiungere l’indipendenza economica che aveva tanto sognato. Aveva pochi svaghi e, nel tempo libero, si dedicava soprattutto alla palestra, al cinema e alla fotografia. Insomma, un identikit lineare, quello che i criminologi hanno definito come ‘profilo a basso rischio’.
Chi l’ha visto: le misteriose dinamiche del delitto Cella
Quando, lunedì 6 maggio 1996, il dottor Soracco era arrivato nello studio di cui era titolare, si era ritrovato davanti agli occhi uno scenario terrificante. Insospettito dal fatto che il telefono squillasse e nessuno rispondesse, si era recato nella stanza di Nada per capire come mai non stesse adempiendo alle sue mansioni. Una volta aperta la porta, vide che la ragazza era distesa sul pavimento, supina, in una pozza di sangue. Ancora viva, tremava, ansimava e aveva gli occhi spalancati. Le scarpe erano misteriosamente finite sotto un mobile, gli occhiali sul pavimento. Tutto molto sospetto. Resosi conto della gravità della situazione, si era precipitato a contattare i soccorsi ma sembrava già tutto inutile. All’arrivo del personale sanitario, infatti, la ragazza era già in coma e, in fin di vita, era stata trasportata d’urgenza all’ospedale San Martino di Genova. Dove sarebbe morta qualche ora dopo, quando il delitto aveva già attirato l’attenzione mediatica di televisione e stampa.
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Chi l’ha visto: il delitto Cella e l’inquinamento della scena del crimine
I primi a mettere piede sul luogo del delitto, dopo il commercialista, sono stati i medici dell’ambulanza. Proprio loro avevano contributo ad alterare le prove nel tentativo di prestare soccorso alla ragazza. Ma, a compromettere irrimediabilmente la scena del crimine, è stata Marisa Bacchioni, madre di Soracco. Anticipando i carabinieri, infatti, la donna aveva ripulito la stanza, lavando via buona parte delle tracce di sangue e, automaticamente, anche le impronte dell’assassino. Un’infinita serie di errori che hanno fatto sì che il delitto rimanesse irrisolto per tutto questo tempo.
Chi l’ha visto: la ricostruzione dell’assassinio Cella
Non si è mai capito a che ora Nada fosse arrivata a lavoro perché nessuno l’aveva vista entrare nel condominio. Quel che gli inquirenti sono riusciti a definire è che alle 7.51 aveva acceso il computer e che, alle 8.40, una delle clienti del commercialista, Giuseppina di Vaio, aveva effettuata la prima delle quattro chiamate destinate a rimanere senza risposta. Il segnale che aveva allarmato Soracco, giunto in studio poco dopo le 9. Confrontando tracce e testimonianze, le forze dell’ordine hanno stabilito che Cella fosse stata uccisa tra le 8.50 e le 9.10, in un arco di tempo pari a poco più di 15 minuti. Il killer era, senz’altro, un volto conosciuto o, perlomeno, aveva le chiavi dell’ufficio. I rilevi fatti in sede di sopralluogo hanno escluso la colluttazione e la rapina. Il bersaglio, quel giorno, era proprio lei. Non è stata riscontrato nessun tipo di effrazione, nessun furto, nessun tentativo di scasso. L’autopsia del cadavere ha individuato nella presenza di lesioni cranio-encefaliche la probabile causa di morte. La ragazza era stata colpita alle spalle, con un corpo contundente, e non aveva avuto tempo di difendersi. L’arma rimane ignota ma quel che si sa è che, prima di ricevere il corpo mortale, Cella era stata attaccata in volto. Nello specifico sul mento, aveva dunque perso l’equilibrio (e gli occhiali) e, provando a fuggire, era stata scaraventata dal suo aggressore sul pavimento. Motivo per cui era stata ritrovata senza scarpe. Sulle mani e sulle dita sono state rintracciate diverse lesioni, segni che hanno fatto suppose che sia stata proprio lei a strappare il bottone ritrovato vicino al corpo e, probabilmente, appartenente all’assassino. Che, una volta disarcionata, l’ha massacrata con calci e pugni.
Chi l’ha visto: le indagini sull’omicidio di Nada Cella
Partendo dal bottone, generalmente utilizzato in cardigan e maglioni sportivi, arrivarono al nome di Annalucia Cecere, amica di Soracco. A casa della donna, infatti, ne ritrovarono uno simile. Tuttavia, fecero un grosso errore di metodo: effettuarono la comparazione tra i due bottoni solo attraverso le fotografie, senza ricorrere a ulteriori accertamenti tecnici. Fino al 2011, quando provarono ad analizzare le tracce eventualmente presenti. Una missione praticamente impossibile. Ripiegarono, poi, sullo scontrino recuperato sul pavimento e rilasciato il giorno prima, da una spaghetteria poco distante. In realtà, non portò ad alcun risultato perché si scoprì che era stato ritrovato dalla madre di Soracco sulle scale del condominio e gettato nella spazzatura dello studio durante la pulizia. Rimaneva il mistero delle 4 chiamate della signora Di Vaio: la prima andata a vuoto, la seconda e la terza prese da una voce femminile aggressiva, che le aveva comunicato che quello non era il numero dello studio di Soracco e, infine, la quarta, a cui aveva risposto il dottore, in agitazione dopo aver scoperto il corpo della segretaria. Anche in questo caso, si fece un enorme buco nell’acqua: non vennero richiesti tabulati telefonici per accertarsi che la cliente avesse composto il numero giusto quella mattina.
Chi l’ha visto: i sospettati dell’omicidio Cella
Il primo a finire nella lista degli indagati per omicidio volontario è stato il 34enne Soracco che, in passato, aveva provato ad approcciarsi sentimentalmente alla segretaria ma era stato respinto. Contro di lui, tuttavia, non venne mai trovata alcuna prova e le accuse furono archiviate. Marisa e Fausta Bacchioni, rispettivamente madre e zia del commercialista, furono sospettate più che altro per il ruolo avuto nei rapporti tra i due: le donne, infatti, avevano più volte tentato di persuadere Cella a legarsi al ragazzo, senza alcun successo. Infine, Annalisa Cecere, amica di Soracco, fu indagata pochi giorni dopo il delitto. A inchiodarla, oltre ai bottoni, anche le testimonianze di alcuni passanti che l’avevano vista uscire dalla palazzina poco tempo dopo l’omicidio. Cecere era finita nell’occhio del ciclone per la sua ossessione nei confronti dell’amico, di cui era invaghita. Per lei Soracco rappresentava un ascensore sociale e Cella, di cui probabilmente voleva prendere il posto anche sul lavoro, era un ostacolo. Le supposizioni fatte, tuttavia, finirono nel vuoto e il caso venne archiviato senza soluzione e senza colpevole.
Nada Cella, #segretaria, trovata #morta a #Chiavari nel 1996 nello studio del #commercialista, presso il quale lavorava. Per la Procura di #Genova, ad uccidere la segretaria, sarebbe stata Annalucia Cecere. Il movente potrebbe essere legato alla #gelosia. pic.twitter.com/CDv4N1N8Ax
— Babboleo News (@BabboleoNews) November 4, 2021
Chi l’ha visto: la riapertura del cold case
Dopo 25 anni, la Procura di Genova ha deciso di far ripartire le indagini e ha dato 90 giorni di tempo al genetista Emilio Giardina per analizzare i peli e le tracce di sangue repertate su scrivania e vestiti e per estrarne un profilo genetico utile per la comparazione con quelli di Cecere. Operazioni a cui, all’epoca dei fatti, nessuno aveva pensato. Gli indagati ritornano a essere quelli emersi all’epoca: Annalucia Cecere, accusata di omicidio volontario, Marco Soracco e Marisa Bacchioni, invece, di false informazioni al pubblico ministero. L’uomo, infatti, avrebbe mentito sul rapporto che lo legava all’ex maestra, dal momento che non si trattava affatto di una conoscenza superficiale. Ad aggravare la posizione della 53enne, una serie di telefonate intimidatorie alla criminologa Antonella Pesce Delfino, responsabile della riapertura del caso.