A Testa alta

Matteo Innocenti
28/07/2021

Irma, nata a Torre Annunziata, si è poi trasferita ad Assisi per inseguire il sogno di salire sul ring alle olimpiadi. Oggi a Tokyo è già certa della medaglia di bronzo, la prima nella storia della boxe femminile italiana.

A Testa alta

Comunque vada, sarà un successo. Battendo 5-0 ai punti la canadese Caroline Veyre, Irma Testa ha regalato la prima storica medaglia all’Italia nel pugilato femminile. A Tokyo, l’azzurra tornerà sul ring sabato 31 luglio, per la semifinale contro la filippina Nesthy Petecio: in caso di sconfitta sarà bronzo (nella boxe non c’è la “finalina” per il terzo posto), altrimenti Irma Testa si metterà al collo una medaglia addirittura più preziosa. «L’obiettivo resta fare bene e divertirmi, ma ora me la gioco. Petecio sarà una rivale tosta, chi non lo sarebbe del resto a questo livello? Intanto questo risultato è dedicato al mio maestro e a tutto il movimento del pugilato italiano femminile», ha detto subito dopo il verdetto.

 

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Irma Testa: peso piuma, pugni di ferro

Irma Testa gareggia nella categoria dei pesi piuma. È nata il 28 dicembre 1997, destrorsa, originaria di Torre Annunziata, per inseguire una carriera nel pugilato se n’è andata di casa a 15 anni: da allora vive e si allena ad Assisi, nel Centro Nazionale Federale di Pugilato, seguita dal coach Emanuele Renzini. Il suo primo allenatore è stato Lucio Zurlo, vero e proprio padre putativo che prima di insegnarle a combattere, ha dovuto persuaderla a entrare in una palestra. Figura molto conosciuta a Torre Annunziata, ha convinto Irma Testa (che faceva doposcuola con la moglie) a dedicarsi allo sport «giusto per tenersi in movimento», come ha raccontato Irma. Poi, la sorella ha iniziato a fare pugilato ed è stata la scintilla definitiva. Anche se proprio Zurlo inizialmente non sembrava esattamente d’accordo con la scelta di tirare pugni. La prima volta la rimandò indietro, la seconda pure. Alla terza l’ultimatum: «Hai sette giorni, o sali sul ring o sei fuori». Da lì è nato un rapporto unico: «Sono cresciuta in una realtà in cui la criminalità era la regola. Lui, invece, mi ha insegnato che c’era anche altro. Mi portava in giro per l’Italia e scoprivo città dove non si buttavano le carte a terra. Per me era tutto nuovo». Il resto è già storia: «Mi dicevano che dovevo stare in cucina anziché sul ring. Mia sorella, d’altronde, ha mollato dopo poche settimane. Io no, e vado alle Olimpiadi», disse nel 2016 prima di Rio, dove è stata la prima donna italiana a salire su un ring dei Giochi.

La delusione di Rio e il titolo europeo

Proprio a Rio de Janeiro, però, ha vissuto una delle più cocenti delusioni della carriera: arrivata in Brasile con grandi speranze, è stata sconfitta dalla francese Estelle Mossely (poi medaglia d’oro) nei quarti di finale. Un risultato contestato: «C’è stato un atteggiamento ostile degli arbitri nei nostri confronti: mi sembra impossibile che mi abbiano tutti assegnato lo stesso voto. È stato tutto studiato a tavolino», ha dichiarato all’epoca. Ad ogni modo, Irma Testa si è presentata a Tokyo 2020 vantando un ricco palmares, fatto di numerosi allori a livello giovanile e soprattutto dell’oro conquistato agli Europei di Alconbendas nel 2019, categoria 57 kg, inserita dal CIO nel programma olimpico solo due anni fa (a Rio ha gareggiato nei 60 kg, l’unica dopo i 51 kg, troppo poco per lei).

 

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Irma Testa, Cuore di pugile

L’infanzia difficile, il ruolo fondamentale del maestro Zurlo, che l’ha allontanata dalle cattive compagnie, il trasferimento ad Assisi per sperare in un sogno, ora la medaglia a cinque cerchi conquistata all’altro capo del mondo. La vita di Irma Testa somiglia alla trama di un romanzo di formazione o di un film. Non è un caso che dopo Rio, abbia dato alle stampe la biografia Cuore di pugile, mentre nel 2018 il documentario Butterfly (suo soprannome) è stato presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma. Dall’età di 17anni atleta delle Fiamme Oro, gruppo sportivo della Polizia di Stato, quando appenderà i guantoni al chiodo Irma Testa farà la poliziotta sul campo: «Nella mia città natale c’è bisogno di onestà e duro lavoro. Voglio aiutare i giovani in difficoltà, perché so come se ne esce».