Chernobyl, la guerra in Ucraina ha bloccato la ricerca nell’area radioattiva
La guerra ha fermato gli scienziati che nell'area intorno alla centrale studiavano gli effetti sulla fauna delle radiazioni. La zona, ritornata alla vita, rappresenta la terza riserva naturale più grande d'Europa, ma i russi potrebbero aver vanificato ogni progresso.
La guerra in Ucraina ferma la rinascita di Chernobyl. A seguito dell’invasione russa, scienziati e ricercatori hanno dovuto sospendere infatti le missioni nella zona di alienazione, area che circonda la centrale nucleare. Qui infatti da qualche anno esperti di tutto il mondo avevano iniziato a studiare l’impronta genetica delle contaminazioni nucleari sugli animali, ma hanno dovuto fermare tutto. Ancora ignota la data della ripresa, prima della quale sarà impossibile stabilire gli eventuali danni causati dalla presenza dei militari di Putin nella regione.
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Chernobyl, cos’è la zona di alienazione e cosa si studia
Dopo il disastro nucleare del 1986, la centrale di Chernobyl e una vasta porzione di territorio circostante sono divenute off limits per la vita umana a causa delle radiazioni nell’aria e nel suolo. Per questo, le autorità hanno creato la zona di alienazione, ossia un’area di 2800 chilometri quadrati attorno ai reattori che oggi costituisce la terza riserva naturale più grande dell’Europa continentale. Per circa 30 anni vi hanno lavorato solo gli addetti alla messa in sicurezza della centrale, ma di recente diversi team di scienziati hanno avviato azioni di ricerca. «Appena arrivati ci si accorge di come la zona sia piena di vita», ha detto a Wired Germán Orizaola, zoologo dell’Università di Oviedo che da sei anni lavora a Chernobyl.

Alci, volpi, cervi e procioni oltre a pesci e rane hanno infatti ripreso a popolare i boschi adiacenti alla centrale e alla cittadina di Pripyat, catturando l’attenzione degli esperti. Che dal canto loro cercano di capire come gli animali abbiano reagito al contatto con le radiazioni e studiarne eventuali mutazioni. «L’occupazione umana ha avuto un impatto molto più grande sull’ecosistema rispetto all’incidente nucleare», ha detto Jim Smith, professore di scienze ambientali a Portsmouth. L’arrivo delle truppe russe però potrebbe mettere a repentaglio ogni equilibrio creatosi per via naturale.
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Gli effetti dell’occupazione russa e la fuga degli scienziati
Il 24 febbraio, le truppe di Vladimir Putin avevano preso il controllo della centrale prendendo in ostaggio i circa 100 dipendenti al lavoro. Durante i loro spostamenti, i soldati hanno attraversato con i loro blindati la Foresta Rossa, una delle aree più contaminate della zona di alienazione, sollevando nuvole di polvere radioattiva. Sebbene lo scorso 31 marzo Energoatom, l’azienda nucleare statale ucraina, abbia annunciato la ritirata russa da Chernobyl, è difficile stabilire tutti gli effetti della loro momentanea presenza. «La guerra può avere effetti sugli ecosistemi in molti modi», ha detto Smith a Wired. «I militari, spinti dalla fame potrebbero aver sparato ai cinghiali, creando una reazione a catena sulla loro popolazione».

Al momento gli scienziati non hanno ancora rimesso piede nell’area e fino ad allora sarà difficile stabilire la reale situazione. Molti dei ricercatori del team di Orizaola sono infatti bloccati a Kharkiv sotto le bombe dei russi. «Ho sentito alcuni colleghi via email o Messenger», ha detto il ricercatore a Wired. «Alcuni hanno trovato riparo nella vicina Slavutch, ma è ancora tutto fermo». Intanto però non ci si perde d’animo e si iniziano a stendere i primi programmi per il futuro. Quando l’emergenza sarà rientrata, Orizaola intende studiare i cavalli di Przewalski, specie estinta in natura e reintrodotta nel 1998 grazie alla scienza.