Amazon, censura in chat: sarà vietato scrivere “bagno”, “stipendio” e “sindacato”
Secondo un'inchiesta di The Intercept, Amazon starebbe ultimando un'app di messaggistica interna dove i dipendenti non potranno utilizzare parole legate al mondo del lavoro come stipendio o sindacato. La lista e le motivazioni del divieto.
Nuovo polverone in casa Amazon. Negli ultimi giorni, il colosso dell’e-commerce è balzato agli onori delle cronache per una notizia decisamente controversa: secondo una soffiata del sito The Intercept, l’azienda avrebbe in mente di bannare una serie di parole come ‘restroom’ (bagno), ‘union’ (sindacato) e ‘hate’ (odio) dall’algoritmo di un’applicazione di messaggistica ancora in fase di sviluppo che, nei prossimi mesi, dovrebbe essere consegnata ai dipendenti per facilitare le comunicazioni interne. Manovra che, agli occhi di molti, si collocherebbe al limite della distopia.
Amazon, l’idea dell’app per la comunicazione con i dipendenti
Secondo quanto riportato da Dazed&Digital, il progetto sarebbe nato durante un meeting tra i vertici a novembre 2021. Nel corso della riunione, come confermato anche da The Intercept, dirigenti e membri del board avrebbero pensato alla definizione di una sorta di piattaforma social unicamente riservata ai lavoratori e corredata di un sistema di ricompense (in genere, badge virtuali) per premiarne l’impegno e l’operosità. Insomma, un’app finalizzata a promuovere positività e produttività tra gli impiegati, dove lamentele su eventuali mancanze da parte della compagnia o segnalazioni su condizioni di lavoro inadeguate non avrebbero trovato spazio perché poco affini al mood generale.

Quali sono le parole vietate nella chat di Amazon
Questa la spiegazione ufficiale fornita da Dave Clark, responsabile dei rapporti con la clientela, e l’apparente giustificazione alla scelta di segnalare e vietare parolacce e le espressioni giudicate indelicate. A fare scalpore tuttavia è un altro elenco di parole che di offensivo non hanno nulla perché legate al mondo del lavoro e dei sindacati. Vocaboli che potrebbero denunciare di episodi di sfruttamento e abusi: da ‘fire’ (fuoco) a ‘pay raise’ (aumento di stipendio), passando per ‘bullying’ (bullismo), ‘harrassment’ (aggressione), ‘I don’t care’ (non mi interessa), ‘rude’ (maleducato), ‘this is concerning’ (è preoccupante), ‘stupid’ (stupido), ‘prison’ (prigione), ‘injustice’ (ingiustizia), fino a ‘threat’ (minaccia), ‘diversity’ (diversità), ‘ethics’ (etica), ‘accessibility’ (accessibilità), ‘vaccine’ (vaccino), ‘living wage’ (salario minimo), ‘slave’ (schiavo), ‘freedom’ (libertà), ‘robot’ (robot), ‘committee’ (comitato) e ‘coalition’ (coalizione).
Rimane un mistero comprendere come si possa promuovere un’atmosfera di armonia e dialogo attraverso uno strumento che, in sostanza, vieterebbe di discutere liberamente i dipendenti. Probabilmente la risposta sta nel fatto che la compagnia abbia tentato di trovare un modo per evitare il rinfocolarsi delle polemiche che, tra marzo e aprile 2021, sono state innescate dalla denunce di operai e corrieri americani che raccontavano di essere costretti a urinare in una bottiglia durante i turni di lavoro per evitare di perdere tempo, spezzando il ritmo. E sarebbe proprio questo l’episodio che avrebbe portato alla censura delle parole ‘bagno’ , ‘robot’ e ‘schiavi’.

La smentita di Amazon
Dopo la pubblicazione dell’articolo su The Intercept, Amazon è immediatamente corso ai ripari. La portavoce Barbara Agrait ha dichiarato che «l’iniziativa, nata per facilitare una maggiore interazione tra le maestranze, è effettivamente in cantiere ma non è ancora stata approvata e, da un giorno all’altro, potrebbe essere modificata o annullata». In più, ha precisato come l’elenco di termini diffuso dalla stampa non sia assolutamente veritiero. Per alcuni, una smentita a metà: la selezione di lemmi vietati esisterebbe ma, dal punto di vista dell’impresa, si tratterebbe solo di parole riferibili alla sfera della violenza verbale e delle molestie.