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Frontera caliente

Ceuta e Melilla, exclavi spagnole in Marocco, sono state prese d’assalto da migliaia di migranti. Dalle tensioni tra Madrid e Rabat all’assenza dell’Europa, ecco perché i confini sono tornati bollenti.

20 Maggio 2021 14:2620 Maggio 2021 15:33 Nicolò Delvecchio
Le frontiere di Ceuta e Melilla, città spagnole in Africa, sono state prese d'assalto dai migranti: ecco cosa è successo

Le immagini non sono inedite, anzi ritornano ciclicamente. Il 18 maggio ottomila migranti hanno attraversato la frontiera che divide il Marocco con Ceuta, exclave spagnola nel Paese nordafricano, e poco dopo scene simili – ma con molte meno persone coinvolte – si sono viste a Melilla, l’altro “pezzo” di Spagna in Nord Africa. Quello marocchino è l’unico confine fisico tra Africa e Unione europea: muri alti fino a 10 metri e filo spinato impediscono il passaggio via terra e via mare. Ci sono barriere anche sott’acqua e per decine di metri nel Mediterraneo.

Le forze dell’ordine dei due Paesi monitorano costantemente le frontiere per impedire passaggi irregolari, ma i “salti” sono frequenti e spesso di massa, proprio per evitare che le autorità spagnole possano rispedire tutti facilmente in Marocco. Il lato europeo della frontiera è zona Schengen, con tutte le libertà che ne conseguono.

Dal Marocco a Ceuta, un “salto” nuovo

Ma cos’ha di nuovo questo “salto” rispetto agli altri? Innanzitutto, è stato fatto soprattutto via mare. Non è un caso che la foto diventata simbolo ritragga un poliziotto della Guardia Civil in acqua, con in braccio un neonato. La Spagna, intanto, ha provveduto a rimandare in Marocco quasi la metà degli ottomila migranti passati. Fanno eccezione circa 1500 minori, che dovrebbero rimanere in Europa. La situazione è durata relativamente poco, anche grazie all’arrivo dei soldati mandati da Madrid con i carri armati e i manganelli per ristabilire l’ordine. «Aiuto logistico», dicono alcuni. «Repressione», è il commento di altri. Fatto sta che, a parte la retorica di una certa destra che, inevitabilmente, ha fatto capolino (Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno lodato il socialista Sanchez per aver «difeso i confini»), resta la questione sulla regolarità delle espulsioni fatte dalla Spagna.

Mentre la Spagna schiera l’esercito per fermare l’immigrazione clandestina, in Italia la sinistra tiene i porti spalancati e lascia la Nazione preda facile di Ong immigrazioniste e scafisti senza scrupoli. Difendere i confini è un dovere. #BastaSbarchi pic.twitter.com/FMuu3TF0x2

— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) May 18, 2021

Di nuovo, poi, c’è anche il contesto. È vero, nelle ultime settimane le partenze dall’Africa verso l’Europa sono aumentate, come apprendiamo dalla cronaca italiana. Ed è anche vero che la situazione al confine tra Marocco e Spagna è diventata particolarmente dura, nell’ultimo anno. Molti, residenti in Africa ma impiegati dall’altra parte, hanno perso il lavoro con le chiusure delle frontiere a causa della pandemia.

Problemi tra Madrid e Rabat

In quest’ultimo “assalto” del confine spagnolo, però, c’è altro, dipendente dai rapporti non idilliaci tra Madrid e Rabat dell’ultimo periodo. Brevissimo riassunto: da anni, il territorio non autonomo (per definizione dell’Onu) del Sahara occidentale è conteso tra Marocco – che lo ha occupato militarmente –  e Fronte Polisario, un movimento politico guerrigliero che ne chiede l’indipendenza (e che, per le Nazioni Unite, è il legittimo rappresentante della popolazione sahrawi).

A parte gli Stati Uniti di Donald Trump, nessun Paese occidentale ha riconosciuto la sovranità del Marocco sulla regione, quindi nemmeno la Spagna, ma non è stata questa la miccia. Ad aprile, Madrid ha ospitato per “ragioni umanitarie” Brahim Ghali, leader del Fronte. Malato di Covid, Ghali ha ricevuto le cure in un ospedale di Logroño, in cui è ancora ricoverato. Un affronto, per il Paese nordafricano, il cui esercito ha recentemente ripreso a scontrarsi con il gruppo sahrawi dopo anni di cessate il fuoco.

Così, richiamato l’ambasciatore spagnolo a Rabat, il Marocco è stato stranamente negligente nei confronti dei migranti pronti ad attraversare le barriere. La maggior parte delle volte, infatti, il controllo della polizia marocchina basta a evitare attraversamenti o “assalti” del confine, mentre stavolta l’operato delle forze dell’ordine è stato a decisamente blando. Un atteggiamento che ha subito allarmato l’Europa, che attraverso la commissaria agli Affari interni della Commissione europea, Ylva Johansson, ha chiesto al Marocco di presidiare con maggiore attenzione il proprio confine. «Le frontiere spagnole sono europee», ha detto Johansson, che ha ricordato al Paese nordafricano come sia suo dovere assicurarsi che «chi non ha diritto a rimanere venga subito espulso in maniera ordinata ed efficace».

I migranti che provano ad attraversare il confine (Getty)

Migranti tema caldo in Ue

Quello sull’immigrazione in Europa è un tema da sempre particolarmente caldo in Ue. Lo scorso aprile, per fare un esempio, l’incontro tra i presidenti di Commissione e Consiglio europei, Ursula von der Leyen e Charles Michel, con Recep Tayyip Erdogan ad Ankara serviva per discutere, tra le altre cose, di un nuovo accordo sui migranti tra l’Unione europea e la Turchia. Che quel meeting sia poi passato alla storia per il “sofagate” è un altro discorso. Già prima, a settembre 2020, la Commissione aveva proposto un nuovo Patto sulle Migrazioni, con lo scopo di superare il regolamento di Dublino, contestatissimo soprattutto in Italia. Le discussioni, però, non sono ancora iniziate.

Negli ultimi mesi, poi, in Italia sono ripresi gli sbarchi di massa: sono più di 13 mila i migranti arrivati nel Paese in meno di sei mesi. Il triplo rispetto allo stesso periodo del 2020 e più di dieci volte tanto se si paragonano i numeri al 2019. Per questo, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha chiesto l’attivazione d’emergenza di un meccanismo di ricollocamento su base temporanea, sulla scia dell’accordo di Malta del 2019. Nessuno, al momento, ha risposto presente. L’orientamento di Bruxelles, vista anche la freddezza degli altri 26 Stati membri, sembra quello di “appaltare” la gestione dei flussi ai Paesi di partenza, sulla scia dell’accordo con la Turchia.

A Ceuta hem vist desesperació, ús de ser humans en disputes geopolítiques i molta humanitat. Massa diners per a guerres i poc per a cooperació. No hem vist política d’Estat. Tampoc la Unió Europea té idees clares en política migratoria i mediterrànea. 📷@BernatArmangue pic.twitter.com/KloR5fOWfP

— Enric Morera (@enricmorera) May 20, 2021

L’impressione è che la pandemia, la campagna vaccinale e la scadenza di qualche mandato importante di qui a breve (quello di Merkel in Germania e quello di Macron in Francia) abbiano temporaneamente distratto l’Europa dalla questione migratoria. Che però non si risolve da sola, e le immagini di Ceuta sono lì a ricordarlo.

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