Almeno ufficialmente, le frontiere di Ceuta e Melilla, città exclave spagnole nel Marocco, sono state chiuse nell’ottobre 2019. È il risultato di un provvedimento unilaterale, voluto dal Paese nordafricano a causa dell’emergenza sanitaria e diventato col tempo definitivo. L’obiettivo dichiarato della Spagna, dunque, è sbloccare l’impasse, provando a sviluppare un programma capace di soddisfare le esigenze di entrambe le parti in causa. Per questo Madrid ha creato una nuova commissione di cui faranno parte i rappresentanti di sei ministeri e alla quale è stato assegnato il compito di trasformare le parole in atti concreti.
Strada in salita per l’intesa tra Spagna e Marocco
La data per la riapertura, in ogni caso, non c’è ancora e, sostengono da Madrid, anche a voler essere ottimisti non sarà antecedente al secondo trimestre del 2022. A patto che la tabella di marcia venga organizzata e soprattutto rispettata. Conterrà nuove norme in materia di controlli, economia, commercio e attività quotidiane. Ma dovrà essere, soprattutto, in grado di superare lo scetticismo del Marocco, che sulle città cova ancora ambizioni di sovranità territoriale. Per sbloccare la situazione un’intesa tra i due Paesi è imprescindibile, anche se il presidente spagnolo Pedro Sanchez ha dichiarato di voler procedere indipendentemente da Rabat, ritenuta da Madrid colpevole di un atteggiamento di «soffocamento» e «pressione economica» nei confronti delle due città autonome spagnole.
Gli obiettivi della commissione: dalla gestione delle frontiere alla lotta al contrabbando
Della commissione fanno parte i membri dei dipartimenti di Presidenza, Politiche del Territorio, Interni, Esteri, Finanze, Sanità e Servizi segreti, che hanno già tenuto numerose riunioni per stabilire le modifiche da attuare in vista di un’eventuale riapertura dei confini. Gli obiettivi sono diversi: dalla gestione delle frontiere nel breve periodo, a un piano di salvataggio socio-economico su larga scala, ritenuto indispensabile alla luce dell’ennesima crisi migratoria consumatasi lo scorso maggio. Arrierà anche una stretta, almeno nelle intenzioni, sul contrabbando, finora tollerato e derubricato alla voce commercio atipico. L’attività frutta oltre 500 milioni di euro l’anno a Ceuta e, addirittura il doppio a Melilla. Sono, infatti, circa diecimila i marocchini, per la maggior parte donne, che ogni giorno superano i varchi carichi di fagotti di merce illegale. Adesso dovranno trovare un modo legale di sbarcare il lunario.
L’ipotesi di nuove dogane Ceuta e Melilla
Come era prevedibile, il provvedimento sul contrabbando ha presto diviso il dibattito pubblico tra chi teme una battuta d’arresto per l’economia e quanti invece vedono finalmente l’opportunità di trovare vie alternative allo sviluppo delle città. Più nello specifico, si vorrebbero installare checkpoint per organizzare il traffico legale di prodotti fabbricati in Spagna da destinare al Marocco e viceversa. Un intervento che trova le resistenze di Rabat, che ha sempre ritenuto l’istallazione di dogane come un cedimento che potrebbe pregiudicare le sue pretese sui territori. È il motivo per cui non le ha mai autorizzate a Ceuta e nel 2018 ha chiuso quelle di Melilla. La recente creazione di aree commerciali nei pressi delle due exclavi, poi, sarebbe un chiaro segnale di opposizione all’idea di frapporre un filtro all’importazione di merci nelle regioni marocchine.

La fine del contrabbando e la complessa transizione verso la totale legalità, sostengono invece da Madrid, costituirebbe un passo deciso verso rapporti meno simbiotici con i territori confinanti. Ceuta e Melilla potrebbero scoprire un nuovo modello economico, sostituire le attività di scambio su terra con altre via mare e, di conseguenza, più orientate verso l’Europa. Un rinnovato regime fiscale consentirebbe, in tal senso, di agevolare la rivoluzione digitale, convincendo società di servizi e alta tecnologia a investire in quei luoghi. Un quadro possibile anche per la cospicua erogazione di fondi provenienti da Bruxelles.
L’ingresso delle due città autonome nello spazio Schengen
Strettamente collegato è il tema dell’ingresso delle città in Schengen, lo spazio europeo senza frontiere, basato sulla libera circolazione di persone e merci. Attualmente, per effetto di un accordo interno, gli abitanti delle province marocchine di Tetouan e Nador accedono liberamente a Ceuta e Melilla, ma non al resto della Spagna. I controlli dei documenti, quindi, sono affidati esclusivamente alle strutture portuali e aeroportuali. L’approdo in Schengen, tuttavia, si trascinerebbe dietro la necessità di un visto da esibire anche presso una frontiera terrestre, come sottolineato dal segretario di Stato per l’Ue del Ministero degli Affari Esteri, Juan González-Barba. Con la conseguenza di alzare ulteriormente la pressione sui confini. Ancora più difficile da percorrere la soluzione opposta, ossia il riconoscimento del visto per tutti gli abitanti di Tetouan e Nador, in quanto questo costringerebbe i consolati locali a una massiccia riorganizzazione per far fronte alla valanga di richieste. C’è poi una terza via, ossia l’accesso senza visto per gli abitanti dei territori limitrofi, possibile in base a un regolamento Ue del 2006, che per entrare in vigore prevede però la doppia approvazione del Marocco e di Bruxelles.
La questione del riconoscimento reciproco di vaccini e certificati Covid
Il dilagare della variante Omicron e, più in generale, un’uscita dall’emergenza sanitaria ancora lontana dall’arrivare, impongono tra le priorità anche la questione delle vaccinazioni. L’apertura delle frontiere presuppone il reciproco riconoscimento dei certificati Covid rilasciati dalle autorità sanitarie dei due Paesi. Discorso identico per i vaccini inoculati. Oggettivamente complicata l’ipotesi di una somministrazione sistematica al momento del passaggio in Spagna a chi vi si reca per lavoro. Urgente è anche la fine dei lavori di riparazione e miglioramento delle recinzioni di separazione, abbondantemente in ritardo, per arrivare al cosiddetto confine intelligente, in grado di conoscere e, quindi autorizzare, chiunque entri ed esca dai valichi di frontiera. L’idea è dar vita a un sistema dotato di telecamere per il riconoscimento facciale in cui ogni aspetto sia informatizzato.

Le nuove norme riguardanti i richiedenti asilo
Al vaglio ci sono pure le norme relative ai richiedenti asilo. Al momento, formulata l’istanza, le persone sono libere, in attesa di risposta, di spostarsi da Ceuta e Melilla verso il resto della penisola iberica. L’idea è restringere la libertà di movimento nel periodo di limbo, obbligando contestualmente le istituzioni a decidere sulle domande entro dieci giorni dalla presentazione, come già avviene negli aeroporti. Per permettere ciò c’è bisogno di adeguati spazi di accoglienza alla frontiera e della disponibilità del Marocco ad accettare quanti vengono respinti. Sulla Spagna invece graverebbe la responsabilità di definire Rabat sicura, specie per coloro che arrivano da Paesi terzi.

Sarà indispensabile, inoltre, una profonda revisione dei registri. In molti, specie a Melilla, nell’ultimo periodo avrebbero millantato una falsa residenza in modo da usufruire di numerosi benefici, su tutti utilizzo dei mezzi pubblici a condizioni agevolate. Scendere più nello specifico sulla portata delle modifiche è al momento, però, impossibile. La norma appare parecchio stringente e Ceuta e Melilla rimangono gli unici Comuni spagnoli a imporre il veto alla registrazione per le persone con una situazione irregolare. Verrà, infine, sviluppato un piano di sicurezza globale in conformità alla Strategia di sicurezza nazionale 2021, ormai prossima all’approvazione. Qui sarà previsto un programma di emergenza nazionale per scongiurare episodi simili a quelli di maggio, quando oltre diecimila persone hanno superato la frontiera in modo irregolare.