Con Cesare Cremonini la musica torna a essere musica

Michele Monina
27/02/2022

Cremonini con La ragazza del futuro fa vera musica con veri strumenti. E non è scontato. Il nuovo disco è quasi un gesto politico, senza scorciatoie. E nessuno sa quanto ne avevamo bisogno.

Con Cesare Cremonini la musica torna a essere musica

È uscito il nuovo disco di Cesare Cremonini, La ragazza del futuro. È una notizia. Anzi due. Perché Cesare Cremonini non pubblicava dischi nuovi da cinque anni. E perché La ragazza del futuro è in effetti un disco, cioè un insieme articolato di brani pensati per comporre insieme un tutto, ma non un concept, attenzione. Però un disco. Qualcosa che probabilmente non avrebbe dovuto prevedere la presenza di singoli, due, Colibrì e il brano eponimo già usciti, perché quelle canzoni sono già state ascoltate, parecchio, e quindi metabolizzate, e in qualche modo scompensano un ascolto che deve essere d’insieme, traccia dopo traccia, comprese l’intro e gli intermezzi, chiamati introduzione e intermezzi tranne l’ultimo che si chiama Delfini, vai poi a capire perché.

 

Traccia dopo traccia come si fa coi dischi, appunto, preferibilmente su un supporto fisico che rende onore alla parola disco, e anche al fatto che dentro il disco ci sia musica suonata con strumenti veri, composta per essere suonata con strumenti veri, cantata a più voci, come uso e costume dell’artista in questione, evocando altre lande, la California, Liverpool, e altri tempi, che Cesare Cremonini sia in realtà un quasi 80enne lo abbiamo capito da tempo, non serve certo l’agente Olivia Durham di Fringe.

Musica, La ragazza del futuro il nuovo disco di Cesare Cremonini
Cesare Cremonini alla presentazione del nuovo disco (foto dalla sua pagina Facebook).

Basta con la vaporizzazione della musica

Il fatto è che a Cesare Cremonini questa faccenda della vaporizzazione della musica, altro che liquidità, degli ascolti con lo smartphone pronti a passare al brano successivo, dei balletti su TikTok, della compressione del digitale come dell’attenzione frammentaria e frammentata, sta evidentemente sul culo (lui non lo dice che nonostante sia stato scapestrato ha capito che in certi casi tocca darsi un contegno) ma ascoltando le sue canzoni la cosa è più che evidente, e per questo, anche per questo, non solo per questo, ha deciso di mettere insieme un lavoro che se possibile alza ulteriormente il tiro rispetto quanto fatto fin qui, e quanto fatto fin qui era già un continuo alzare il tiro.

Canzoni che finalmente pretendono tempo e ascolto

Ha cioè scritto canzoni che pretendono un fermarsi, prendersi tempo, ascoltare, prima con la pancia e poi con la testa, il cuore lì a metà strada, provando a capire i piani di lettura, e comunque senza mai lasciare che la distrazione la faccia da padrona, anche quando il ritmo si fa più incalzante, ci sono brani che virano in quella direzione. Penso a Psico, La fine del mondo e Chimica. Curioso che Chimica di Cesare sia la seconda canzone in cui si parla esplicitamente di corpi e di sesso che si intitola così, a distanza di pochi giorni dall’omonimo brano di Ditonellapiaga e Rettore, a dimostrazione che la carnalità è davvero lì per ritornare, basta solo lasciare aperto lo sportellino in basso sulla porta, come quello da cui passano i gatti. Una certa fisicità che potrebbe pretendere spazio, la musica è anche istinto, ma la palese richiesta di attenzione lì presente, negli arrangiamenti mai modaioli, tutt’altro, l’elettronica che si scontra frontalmente con spigoli rock, Dio mio un album che presenti oggi, 2022, chitarre non solo elettriche e acustiche, qualcosa che dovrebbe farci ben pensare per il futuro, altro che Maneskin, tanto più considerando lo spazio dato alle orchestrazioni, gli archi, santo Dio, gli archi, il pianoforte.

Musica, La ragazza del futuro il nuovo disco di Cesare Cremonini
Cesare Cremonini al Wind Music Awards nel 2010 a Verona (Getty Images).

Da Jeky a Moonwalk, brani destinati a diventare cult

Ecco, sentitevi Jeky, una sorta di gioiellino alla Graham Nash, le voci che si accompagnano, si sovrappongono, il pianoforte a intessere la trama, gli archi diretti da Davide Rossi, roba che uno neanche se lo ricorda più che un tempo la musica si prendeva certi agi, ci accompagnava a spasso per strade dove le emozioni non devono necessariamente starsene tappate dietro gli scuri, come i paesani di Coventry mentre Lady Godiva attraversava nuda in sella a un cavallo le strade cittadine. Il tutto, poi, per raccontare il disagio di chi, giovanissimo, si trova oggi a vivere sensazioni nuove, sai com’è la gioventù di nuove esperienze è fatta, senza riuscire a comprenderle, anche per l’isolamento, oltre che per la mancanza d’esperienza, quella viene con le rughe e con gli anni. Sentitevi Moonwalk. Che è poi una canzone stralunata, come da titolo, in cui il nostro dialoga con suo padre, il senso della vita, il senso della morte, quello che di solito nelle canzoni pop sembra non doverci finire.

 

Sentitevi Stand Up Comedian, uno dei pezzi più riusciti della covata, sempre che sia fattibile indicare il meglio nell’ottimo. Una canzone, sì, che è più canzoni una sopra l’altra, una specie di prontuario di quel che il pop ha messo a disposizione degli artisti, partenza lenta, da ballad malinconica, una chitarra elettrica a fare un po’ il cazzo che gli pare qua e là, un intermezzo rock che a un certo punto scombina le carte, per poi lasciare posto al piano e a un falsetto delicato. Ripeto, un prontuario, passatelo ai cantanti indie, ne avrebbero bisogno, eccome.

Chiamala felicità, ecco la “mina” del disco

O sentitevi la conclusiva Chiamala felicità, forse la vera mina di questo lavoro, che è un po’ come provare a capire se un corpo crivellato da centinaia di colpi sia morto per il proiettile che ha attraversato il cuore o quello che ha fatto esplodere il cervello. Una canzone che cresce pulsando, ambendo a vedersela a mani nude con gli altri classici cremoniniani, da Nessuno vuole essere Robin a Poetica, per rimanere agli ultimi anni, passando per un Maggese o Le 6 e 26, per fare qualche titolo.

 

Quel richiamo naturale a Dalla

Una canzone dove l’orchestra, sempre lei, la fa da padrona, provando a spodestare la presenza dell’artista, il dialogo tra gli archi e il suo fischio, lì in mezzo, qualcosa che ci fa davvero pensare che una resistenza al brutto sia non solo possibile, ma doverosa. Un testo evocativo, come il Dalla del disco che portava il suo nome e cognome per titolo, un insolito noi, anche Cesare sa come provare a tirare a sé il pubblico. Un noi che irrompe nel ritornello, rarità in un repertorio fatto di persone singole. E visto che Dalla è stato già evocato, ed evocare Dalla quando si parla di Cremonini sembra ultimamente anche un po’ abusato (l’ho fatto in tempi non sospetti e me ne vanto) direi che la canzone eponima, già uscita, già metabolizzata, ben dimostra come il citare il cantautore scomparso ormai 10 anni fa sia qualcosa di estremamente naturale, non perché ci siano citazioni o rimandi, ma proprio per una questione di mood, di evocazione, un brano che in modo poetico, la narrazione diretta non è propria del suo stile, niente sconto o didascalie, ci dice come sperare non sia affatto cadere in una trappola, credere nel futuro meno che meno.

Musica, La ragazza del futuro il nuovo disco di Cesare Cremonini
Il nuovo disco di Cesare Cremonini (foto dalla pagina Facebook dell’artista)

Un disco così è un gesto politico

E del resto, non fosse uno che spera un disco così non lo avrebbe mai fatto. Non intendo credergli quando mi ha detto che ha deciso di fare un disco-disco perché se mai fosse che davvero in futuro non si faranno più album, almeno si è tolto lo sfizio di farne uno come si deve. In questo, vallo a spiegare agli analfabeti funzionali, un lavoro così è un gesto politico, tanto più politico se si pensa che esce nel bel mezzo del percorso che conduce da Sanremo a Torino, tra Festival e Eurovision, lui che sul palco dell’Ariston ha dato una bella lezione di quello che significa fare un show, tutti a autoconvincersi che sia quella la vera musica del momento, lo Zeitgeist. Che poi, a dirla tutta, forse quella musica lì è davvero il segno dello spirito dei tempi, la fotografia delle macerie che questi due anni ci hanno lasciato intorno, mentre le canzoni di La ragazza del futuro, titolo che potrebbe essere appioppato a una di quelle serie distopiche, di sopravvissute, appunto potrebbe indicare una strada per risollevarsi da quella catastrofe, togliersi la polvere dal paltò, e andare verso l’orizzonte fischiettando, gli archi che partono all’improvviso, duettando con noi.

Musica, La ragazza del futuro il nuovo disco di Cesare Cremonini
Cesare Cremonini al 72esimo Festival di Sanremo (Getty Images )

Cremonini “illumina” la strada della musica

Proprio nell’ultimo brano, una sorta di titoli di coda di questo film, a un certo punto Cesare canta: «Perché a volte la strada sbagliata è la più illuminata, non mi giudicare». Questa, a occhio, mi sembra una strada bella illuminata, ma assolutamente giusta: giudico eccome. Nessuna scorciatoia, solo bei panorami e tutto il tempo del mondo per ammirarli, ché la guerra è finita, quando l’ha incisa Putin stava ancora sulle sue, la felicità può tornare, chiamiamola tutti insieme, dopo due anni chiusi in casa se ne sentiva davvero il bisogno.