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Wargame

Il dramma dei ceceni costretti con le minacce a partire per l’Ucraina

Kadyrov li esalta come eroi. Ma spesso i soldati della repubblica del Caucaso sono costretti a partire per l’Ucraina dietro minacce, torture e violenze. Mentre le famiglie, costrette al silenzio dalla polizia, non possono nemmeno seppellire i propri cari secondo la tradizione.

16 Giugno 2022 14:11 Redazione
Cecenia, le violenze per spingere gli uomini in guerra

Il 7 giugno le autorità cecene hanno riferito che dall’inizio della guerra più di 8 mila uomini sono partiti per l’Ucraina. Di questi, secondo i dati diffusi dal presidente del parlamento Magomed Daudov, 1360 sono ‘volontari’. O, almeno, li definiscono tali, perché in realtà spesso sono costretti a partire dietro minacce, ricatti, torture e rapimenti di mogli e parenti.

«O parti per l’Ucraina o finisci in cella con accuse false»

Il numero esatto di questi casi non è noto, anche per il terrore dei cittadini a denunciare, ma l’organizzazione per i diritti umani Vayfond ha dichiarato a The Insider di aver ricevuto dall’inizio dell’invasione russa almeno 50 segnalazioni. Mentre il blogger ceceno Islam Belokiev ha riferito di imbattersi in almeno tre storie di questo tipo ogni giorno. In altre parole in Cecenia è impossibile rifiutarsi di andare in guerra. Le persone obbediscono convinte che morire per un proiettile ucraino sia comunque meno terribile di essere torturati o vedere i membri della propria famiglia picchiati e violentati. «Abbiamo notizie su ceceni inviati con la forza in guerra», ha confermato a The Insider anche Ibragim Yangulbayev, avvocato e attivista per i diritti umani del movimento di opposizione ceceno 1ADAT. Sono messi di fronte a un aut aut, spiega, o parti per l’Ucraina o finisci in prigione con false accuse. E a chi è già dietro le sbarre viene offerta la libertà in cambio dell’arruolamento. I funzionari ceceni prendono di mira chi è nelle liste degli estremisti, cioè gli oppositori di Ramzan Kadyrov. Non solo. Arrivano a organizzare sequestri per estorcere denaro alle famiglie o minacciano di violentare e torturare i parenti delle reclute.

Il dramma dei ceceni costretti con le minacce a partire per l'Ucraina
Il leader ceceno Ramzan Kadyrov (Getty Images).

Lo stratagemma per non versare i risarcimenti ai caduti in Ucraina

Uno scenario che stride con la propaganda di Kadyrov. Sui social il leader ceceno dichiara che «centinaia di migliaia di volontari da tutta la Russia si stanno precipitando in prima linea per sradicare quel bastardo di Bandera», e quotidianamente su Telegram pubblica video e messaggi in cui esalta le gesta e l’onore dei combattenti ceceni impegnati nella cosiddetta ‘operazione speciale’ di Putin. Dimenticando però le famiglie degli ‘eroi’ caduti e dei feriti, a cui i risarcimenti spesso nemmeno arrivano. E che non possono nemmeno seppellire i propri cari secondo la tradizione per non attirare attenzione. Come ha raccontato Belokiev, insieme al contratto, ai soldati viene dato un modulo bianco da firmare. Si tratta di una lettera di ‘licenziamento’. In questo modo, continua il blogger, «se vengono feriti o uccisi in battaglia, sono cancellati retroattivamente. Come se la vittima stessa avesse lasciato l’esercito molto prima della sua morte o del ferimento. Uno stratagemma che impedisce all’interessato o alla sua famiglia di ottenere un risarcimento». I fondi che comunque arrivano da Mosca, sempre secondo il blogger, finiscono direttamente nelle tasche degli uomini di Kadyrov col tacito assenso del Cremlino. Per questo non sono permesse sepolture tradizionali ma solo cerimonie rapide e senza dare nell’occhio. Come è accaduto ad Ahmed, 80 anni che tre settimane fa ha ricevuto il corpo del nipote per la sepoltura. È convinto che non sia partito volontario per l’Ucraina. «Se n’è andato senza dirci nulla, perché sapeva che avremmo avuto problemi se avessimo fatto resistenza. Ha salvato la sua famiglia, ma è morto», ha raccontato, aggiungendo: «L’ufficiale di polizia mi ha detto: “C’è una camion con i morti per strada, vai a scegliere il tuo”. E ha ordinato di seppellirlo in silenzio. Di solito, tre giorni dopo il funerale, la casa resta aperta per ricevere amici e familiari. Invece la polizia ci ha ordinato di mentire e non parlare dell’Ucraina». Ahmed ha provato a chiedere il motivo per cui i giovani definiti eroi dalle autorità non hanno diritto ad alcun onore. La polizia però non gli ha risposto. Alina invece è vedova. Suo marito, veterano della Siria, a marzo è partito per l’Ucraina per mettere da parte un po’ di soldi. Il suo corpo è tornato a casa ad aprile. «Sono sola con un figlio da tirare su ma non ho ricevuto alcun risarcimento», si è sfogata. «Mi hanno spiegato che non ci sarebbe spettato nulla perché mio marito probabilmente era passato col nemico. Dicendomi: “Dì grazie che ti abbiamo riportato il corpo e te lo abbiamo fatto seppellire”».

Tag:Crisi ucraina
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