In attesa che Giancarlo Giorgetti, neoministro dell’Economia del governo di Giorgia Meloni, faccia le sue scelte relativamente alla direzione generale del ministero, incarico oggi presidiato da Alessandro Rivera, grand commis molto vicino al Partito Democratico, la sua principale partecipata, Cassa Depositi e Prestiti, guidata da Dario Scannapieco, continua a essere attiva nelle dismissioni dei suoi asset.
Il sovranismo alimentare e la cessione di Inalca e BF
L’ultima cessione (con minusvalenza) è quella di Inalca, società del Gruppo Cremonini leader nella produzione di carne bovina in Europa e nella distribuzione alimentare all’estero, di cui Cassa nel 2014 aveva acquistato una quota del 28,4 per cento investendo 165 milioni di euro. L’accordo di vendita con il compratore è stato raggiunto, ma Scannapieco ha sin qui preferito non darne comunicazione forse perché colto in contropiede da quel sovranismo alimentare che è una delle bandiere del nuovo esecutivo, insieme all’intervento dello Stato nell’economia. Inalca è la seconda vendita effettuata da Scannapieco nel comparto agro alimentare. La primavera scorsa aveva alienato la partecipazione in BF, la nuova Bonifiche Ferraresi, preferendone non accompagnarne la crescita magari con l’acquisto della società Verisem, su cui il governo Draghi aveva imposto la golden power per bloccarne la vendita alla multinazionale cinese Syngenta. L’azienda romagnola, che avrebbe rappresentato per BF una integrazione verticale, è proprietaria di una parte importante del patrimonio genetico nazionale di biodiversità costituito dalle sementi conservate da generazioni di agricoltori del Paese. Vista l’attenzione del nuovo governo verso la sovranità alimentare, per l’ad di Cassa la doppia vendita di Inalca e BF non è proprio la miglior credenziale con cui presentarsi al nuovo esecutivo.

L’irritazione di Guzzetti e delle Fondazioni. E Profumo che non nomina Cdp
L’uscita da BF, società che è passata da un fatturato di pochi milioni di euro nel 2017 a una semestrale 2022 da 450 milioni, era anche valsa all’ad di Cassa il rimbrotto dell’ex presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti che, ancora molto ascoltato da tutte le Fondazioni italiane, la teneva in grande considerazione insieme al mondo che vi gira intorno. Giudizio fortemente critico condiviso anche da Francesco Profumo, che gli è succeduto alla guida dell’Acri, l’Associazione delle fondazioni bancarie. Nel consueto discorso tenuto a Roma nella Giornata del Risparmio del 31 ottobre, Profumo non ha mai citato Cdp, cioè l’ente di cui le fondazioni detengono il 16 per cento e che rappresenta il maggior investitore del risparmio degli italiani, cioè del denaro raccolto attraverso i Buoni Postali (nel 2021 circa 280 miliardi di euro). Dalla fine dello scorso luglio, quando era chiaro che il suo mentore Mario Draghi si avviava alla fine della sua esperienza di governo e non avrebbe più potuto sostenerlo, Scannapieco sta cercando in tutti i modi di accreditarsi con i nuovi padroni di Palazzo Chigi. Cercando di assecondarne i desiderata così come emergevano dalle loro dichiarazioni pubbliche.

La grana di Ansaldo Energia e la ricerca del nuovo ad
Così, a luglio, ha iniziato a far studiare in grande fretta dagli esperti di Cdp Equity la fattibilità di un’opa su Tim come i consiglieri di Meloni avevano a fine primavera pubblicamente suggerito come miglior soluzione per cercare di riportare sotto la proprietà pubblica la Rete in fibra ottica. Poi, a inizio ottobre, ha cercato di far intervenire Palazzo Chigi affinché suggerisse alla futura presidente del Consiglio che un buon candidato come ministro dell’Economia fosse proprio lui. Capito che da Palazzo nessuno si sarebbe speso, da Cdp hanno cercato di metterci una pezza facendo filtrare alla stampa che l’offerta per andare a sedersi sulla scrivania che fu di Quintino Sella era arrivata ma era stata declinata dall’interessato. Chiaramente tutte queste peripezie non sono passate inosservate all’entourage di Meloni. E veniamo all’ultima grana. In questi giorni Cdp sta cercando di risolvere anche il problema di Ansaldo Energia, una delle controllate di Cdp Equity, che produce turbine per la generazione di energia, e di cui Cassa possiede l’88 per cento del capitale mentre una società cinese ha la proprietà del restante 12 per cento. L’azienda, che ha il proprio quartier generale a Genova, è in grave difficoltà finanziarie; nel primo semestre del 2022 il risultato economico è stato negativo per 442 milioni di euro e l’indebitamento netto verso terzi ammonta a 787 milioni. Una vera débâcle per Cdp determinata da motivazioni commerciali (alcune gare perse e ritardi di Enel nel revamping di vecchie centrali) e dalla crisi energetica seguita alla guerra in Ucraina. La soluzione sarà quella di un aumento di capitale, che probabilmente verrà effettuato nel 2023 e verrà chiaramente sottoscritto da Cdp e osteggiato dal socio cinese che si diluirà ulteriormente, nonché la ricerca di un altro azionista che aiuti nell’iniettare denaro fresco.
Trevi, Valvitalia e gli ex hotel di Rocco forte da vendere
Nel frattempo Cassa, piuttosto in imbarazzo per quanto sta accadendo e per la protesta sindacale che chiedeva all’azionista pubblico risposte che non arrivavano, starebbe ricercando il nuovo amministratore delegato per sostituire Giuseppe Marino che guida l’azienda dal 2019. La selezione è guidata dal neo-amministratore delegato di Cdp Equity, Francesco Mele, fortemente voluto da Scannapieco ed entrato in azienda a metà settembre proveniente dalla Banca Illimity di Corrado Passera. La scelta del nuovo capoazienda sarebbe quasi fatta, ma il cambio porterà a ritardare la presentazione del nuovo Piano Industriale della società di qualche mese, spostandola probabilmente alla primavera del 2023. Le preoccupazioni di Scannapieco e di Mele non finiscono qui per quanto riguarda le partecipazioni possedute nelle aziende italiane. Ci sono da risolvere anche il dossier Trevi, la società romagnola specializzata nella costruzione di fondazioni speciali in grave crisi finanziaria, come i problemi di Valvitalia, il gruppo di Pavia attivo nella produzione di valvole, di cui Cdp Equity possiede il 50 per cento, E poi decidere che cosa fare delle due catene di hotel, Rocco Forte e TH.
La cruciale partita della Rete Unica che interessa al governo
Ma la partita più importante riguarda la partecipazione in Tim e quella di controllo in Open Fiber, doppia presenza che ha ragion d’essere solo se Cdp riuscirà a creare la società della rete unica nazionale per lo sviluppo della rete in fibra ottica. A fine ottobre Cassa ha perso anche l’esclusiva che l’ex monopolista dei telefoni doveva concedergli per trattare sull’argomento. E l’Unione Europea ha fatto trapelare che nel caso nascesse la rete unica nazionale, richiederebbe alla neo società di cedere la rete in fibra in 10-20 città, cioè dove la gestione è più redditizia data l’alta concentrazione di clienti. C’è da chiedersi se Scannapieco, senza la copertura di Draghi e Francesco Giavazzi e senza la necessaria esperienza industriale, e Mele, che non ha specifiche competenze sulla gran parte dei settori delle partecipate, sapranno risolvere così tanti problemi. Nei corridoi del quarto piano di Cassa, tra le boiserie e gli uffici a doppia altezza, cominciano a dire che la rete unica non è più un loro problema ma della presidenza del Consiglio e del Mef: «Si sbrighino e se ne facciano carico loro». Molto redditizie per Cdp Equity rimangono invece le partecipazioni in Webuild, Euronext e Autostrade; mentre per Nexi, colosso dei pagamenti elettronici solido e in crescita ma fortemente indebitato e che non darà dividendi ancora per qualche tempo, il mercato si chiede ancora come sia potuto accadere che il titolo sia caduto da 18 euro a 8, prezzo più basso di quello del 2017 quando Nexi fu quotata, senza però avere ancora in pancia le società NETS e SIA successivamente acquisite.

Il cambio nella strategia di comunicazione e l’arrivo di Baccinelli dal Mef
Sempre per cercare di accreditarsi Scannapieco ha anche deciso che fosse arrivato il momento di cambiare la strategia di comunicazione di Cassa, improntata sino ad allora al quasi silenzio: pochi comunicati, bassa trasparenza, nessun investimento in pubblicità istituzionale e di prodotto. E Scannapieco lo aveva deciso per marcare la differenza rispetto al suo predecessore, Fabrizio Palermo, che invece desiderava far capire anche alle famiglie italiane, cioè coloro che danno a Cassa il denaro attraverso i Buoni Postali, come Cdp investiva e quale funzione aveva per lo sviluppo dell’Italia. Ora i comunicati sono diventati più frequenti e Cdp ha iniziato a investire in pubblicità, in particolare su alcuni ben selezionati siti internet. Addirittura Cassa ha in programma di fare una tivù aziendale, recependo un progetto di una giovane neo assunta, Carlotta Zuliani, molto omaggiata da Scannapieco e dal direttore comunicazione della Cdp Marco Santarelli, e che rappresenta una delle 15 assunzioni effettuate dalla Direzione Comunicazione dall’inizio dell’anno. Intanto la rassegna stampa di Cassa rimane sempre preclusa agli articoli che trattano in modo critico Scannapieco, in barba al codice etico aziendale che al primo dei cinque valori testualmente riporta: “Integrità: agiamo con rigore e trasparenza ….”. Forse nel quartier generale di via Goito qualcuno non lo ha letto. Ma chissà se l’arrivo dal Mef del nuovo capo ufficio stampa Michele Baccinelli porterà a un cambiamento di rotta.