Sono giorni difficili e pieni di dubbi per Giovanni Gorno Tempini. Il presidente della Cassa depositi e prestiti deve decidere che cosa fare. Affrontare una guerra di trincea che alla fine rischia di travolgerlo o assecondare le sirene (dopo il passo indietro di Massimo Tononi, presidente del Banco Bpm) che lo portano a Milano per andare a presiedere la Fondazione Cariplo? Per lui a Ca’ de Sass un posto nella lista del sindaco Giuseppe Sala è sempre pronto, vista anche la vicinanza del primo cittadino meneghino con la famiglia di Giovanni Bazoli, presidente onorario di IntesaSanpaolo, di cui è compagno della figlia Chiara. Certo lasciare la presidenza di Cdp non è decisione da prendere a cuor leggero, perché si tratta di abbandonare una posizione strategica nel risiko delle grandi partite industriali e finanziarie cui promette di dedicarsi (pur con qualche ministro che frena) il nuovo governo di Giorgia Meloni. L’esecutivo di destra sta però alzando sempre più il tiro. Nel mirino di Meloni è già finito Alessandro Rivera, potente direttore generale del ministero dell’Economia, che presto potrebbe lasciare il suo incarico. Chiaro poi che per il mondo politico che ha governato l’Italia negli ultimi 20 anni perdere la presidenza di Cdp e il numero uno operativo di Via XX Settembre sarebbero due esiziali sconfitte.

Le dimissioni di Matteo Melley e la guerra dentro Cdp
I segnali di un epilogo in questa direzione però ci sono tutti. Intanto la guerra dentro Cassa depositi e prestiti ha fatto la sua prima vittima eccellente. Matteo Melley, storico consigliere d’amministrazione ed esponente di punta del mondo delle fondazioni, da sempre legate a Giuseppe Guzzetti, che controllano circa il 16 per cento della Cassa, ha lasciato all’improvviso l’incarico qualche giorno prima di Natale. «Il consigliere Melley si è dimesso dall’incarico per ragioni strettamente personali», si legge in uno stringato comunicato uscito dagli uffici di via Goito. Forse si tratta di una mera coincidenza ma sembra che qualche ora prima delle dimissioni, subito dopo il cda riunitosi nella sede di Torino di Cassa, Melley (come ha scritto Il Domani) sia stato fermato dagli uomini della Guardia di Finanza che hanno mostrato all’avvocato originario di La Spezia un decreto di perquisizione firmato dai pm della procura di Roma. Perché questa misura? Il tutto nasce da una denuncia contro ignoti fatta dall’amministratore delegato Dario Scannapieco. I magistrati stanno in effetti indagando su chi, dentro Cdp, avrebbe fatto uscire illegalmente informazioni riservate su operazioni sensibili dell’azienda. Il fascicolo è aperto da varie settimane e le ipotesi di reato sono quelle di insider trading e rivelazioni di notizie segrete. A Melley, che ha comunque respinto ogni addebito, gli inquirenti sarebbero arrivati attraverso l’analisi dei tabulati telefonici che avrebbero evidenziato contatti tra il consigliere e alcuni media che avrebbero pubblicato notizie sulla Cassa coperte da stretto riserbo. La vicenda è ancora tutta da verificare, responsabilità penali in primis, ma Cdp rischia di perdere una figura centrale nel mondo di Guzzetti. Melley, insieme al presidente Gorno Tempini, vi ha rappresentato da lustri le fondazioni di origine bancaria. Già presidente di Carispezia e vicepresidente dell’Acri, l’avvocato era diventato negli anni anche presidente del Comitato di supporto e numero uno di Cdp immobiliare, uno dei principali operatori nazionali del settore property development. L’inchiesta della procura di Roma è solo agli inizi.

Tensione per la partita della Rete unica
Sulla Cassa, comunque, la tensione resta alta, soprattutto in merito alla partita sulla Rete unica che Meloni ancora nella conferenza stampa di fine anno ha detto di voler nazionalizzare, e che proprio in questi giorni sta giungendo al suo punto cruciale. Il pallino dovrebbe essere nelle mani del ministro delle Imprese Adolfo Urso e del sottosegretario Alessio Butti, fedelissimi della presidente del Consiglio. Ma entrambi sono poco vicini al mondo dell’economia, della tecnologia e della concorrenza e stanno gestendo il dossier in maniera con uscite improvvide (Tim è società quotata) e continui stop and go. Ciònonostante sono consapevoli che la credibilità di Meloni agli occhi della comunità finanziaria e degli investitori internazionali si gioca principalmente su questa partita.