Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi e consigliere d’amministrazione di Telecom Italia dal 2015, ha rassegnato le sue dimissioni «irrevocabili» dal board di Tim, società di cui la media company francese è primo azionista con il 23,75 per cento (a seguire Cdp con il 9,81 per cento). ll passo indietro, che come è stato sottolineato da Parigi non apre a un disimpegno dei francesi dal gruppo telefonico, è stato seguito dalla richiesta di discontinuità alla luce dell’insoddisfazione di Vivendi nei confronti del presidente Salvatore Rossi, giudicato non imparziale. In altre parole i francesi vogliono avere le mani libere e hanno nel mirino l’attuale cda, considerato litigioso e inconcludente. Dal canto suo Rossi ha ringraziato «De Puyfontaine per il prezioso contributo fornito in questi anni».
Vivendi avrà le mani più libere
«Fino a quando per Tim non verrà aperta una nuova stagione, Arnaud de Puyfontaine desidera dedicare tutte le sue energie nella capacità di amministratore delegato di Vivendi, maggiore azionista di Tim dal 2015, con l’obiettivo di ristabilire un percorso di crescita per Tim e per vedere adeguatamente riconosciuto il valore reale dell’azienda e della sua rete», hanno riportato fonti vicine ai francesi che da sempre attribuiscono alla rete di Tim un valore molto superiore a quello riconosciuto da Cdp. Ma l’uscita dal consiglio consentirà anche a de Puyfontaine di muoversi con maggior libertà, in una fase negoziale particolarmente delicata, che vede il governo Meloni impegnato a definire i suoi obiettivi per il Paese. «In questa fase di dialogo tra i principali azionisti di Tim e il governo, è fondamentale che tutti i soggetti interessati possano essere liberi di operare in modo costruttivo e trasparente nell’interesse di Tim e di tutti i suoi azionisti», viene spiegato da Parigi. Ribadendo che Vivendi resta «un investitore di lungo termine» e «conferma con forza il suo interesse industriale per Tim e la propria volontà di intraprendere ulteriori operazioni industriali in Italia».
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